Federica di Carlo

Alla ricerca della luce. L’indagine artistica di Federica Di Carlo

Tra scienza e etica, astrazione ed estrema concretezza, un’indagine sugli effetti delle azioni umane sull’ambiente: l’artista visuale Federica Di Carlo con i suoi lavori punta i riflettori sull’inquinamento atmosferico

Una grandissima parte di quello che noi chiamiamo naturale, non è; anzi è piuttosto artificiale: come a dire, i campi lavorati, gli alberi e le altre piante educate e disposte in ordine, i fiumi stretti infra certi termini e indirizzati a certo corso, e cose simili, non hanno quello stato né quella sembianza che avrebbero naturalmente.  (Giacomo Leopardi)

La luce come concetto fisico, con tutte le sue implicazioni archetipiche. Nasce da questo interesse l’indagine artistica di Federica Di Carlo, che accende un riflettore sull’azione umana: quali sono gli effetti sull’ambiente?

Di Carlo lo sperimenta e lo spiega attraverso installazioni in grado di catturare magneticamente lo sguardo distratto dello spettatore imbrigliandolo in un discorso eticamente impegnato, a cui non si può fare a meno di prestare ascolto.

Federica Di Carlo, artista
La visual artist Federica Di Carlo

Tra arte e scienza

Dopo un esordio costellato di esperienze e di attività (significative sono, ad esempio, Stream of Consciousness, la personale del 2012 alla IPSAR Gallery di Roma e la partecipazione, nello stesso anno, al Como Contemporary Contest e al Premio Ora organizzato ad Ancona dalla Gallery 400metri quadrati), la ricerca luminosa di Federica Di Carlo vira gradualmente verso l’analisi scientifica dei fenomeni naturali.

Si avvia così un dialogo felice tra arte e scienza, il cui legame consente di superare le capillari settorializzazioni che caratterizzano la contemporaneità, di abbattere i muri dell’incomunicabilità interdisciplinare per riesumare il progetto rinascimentale di una conoscenza totale.

 

Esemplare in questo senso è il progetto Come in terra così in cielo, iniziato nel 2013 con una collezione di scatti fotografici e ora al centro di uno studio scientifico che vede l’arcobaleno come un termometro naturale in grado segnalare in tempo reale il livello di salute dell’atmosfera.

Dal punto di vista formale ogni immagine, dopo un intervento di post produzione che elimina qualsiasi riferimento spazio temporale e restituisce all’arcobaleno la sua consueta, eppure impercettibile, forma circolare, viene stampata su una lastra di vetro o plexiglass, dando vita a opere diafane che si attivano con la luce naturale del luogo e creano sorprendenti spostamenti cromatici. 

Federica Di Carlo, ogni cosa è illimunata
Una foto del progetto  “Come in terra così in cielo”

Sulla soglia dei quesiti ancora irrisolti della fisica, l’investigazione della Di Carlo si rivolge quindi ai mutamenti ambientali più allarmanti causati da una politica globale intenta a sedare e intorpidire una svolta davvero ecologica dell’industria, ancora troppo interessata a un’economia basata sullo sfruttamento dei combustibili fossili.

Con il progetto L’insostenibile leggerezza dell’essere, nato dal dialogo felice con il fisico del MIT Daniel James Czicz ed esposto in occasione del premio VAF al Museo MART di Rovereto, difatti, l’artista elabora delle radiografie celesti dove l’inversione cromatica al negativo dello scatto originale diviene strumento educativo per mostrare agli spettatori, attraverso immediati incidenti oftalmici, il tasso di inquinamento atmosferico.

Daniel Czizco
Lo scienziato Daniel Cizizco durante un suo esperimento con lo spettometro laser. ( Foto dell’ U.S. Department of Energy Atmospheric Radiation Measurement (ARM)

Lo sguardo di Cassandra sul cambiamento climatico

Lo stesso processo di astrazione, sempre subordinato a un pensiero razionale dominante in grado di intrecciare chirurgicamente etico ed estetico, è alla base di Cassandra’s Eye, opera site-specific ideata per la collettiva Post-Water, recentemente presentata al Museo Nazionale della Montagna di Torino.

Proponendo su grandi lastre di plexiglass semitrasparente delle porzioni di cielo dai colori anomali, l’artista paragona la condizione della sacerdotessa Cassandra a quella degli scienziati, le cui parole nei confronti del futuro del pianeta vengono spesso interpretate come eccessivamente allarmanti.

Una situazione chiarita, tra l’altro, anche dalla citazione inserita a completamento dell’installazione:

«Invano il dio fece sì che profetizzassi e da coloro che soffrono e si trovano nelle sventure sono chiamata sapiente; ma, prima che soffrano, per loro sono pazza».

Ottenuto esasperando la rifrazione di luce dell’atmosfera terrestre e sostituendo alle molecole di acqua naturalmente disperse nell’ambiente quelle delle sostanze inquinanti prodotte dall’industria umana, l’effetto cromatico è simbolo e sintomo di un modus operandi che, avrebbe a dire Hegel, «addolcisce con teoretico formare anche i destini tragici più violenti e li fa divenire oggetto di godimento», offrendo agli spettatori la possibilità di condividere uno sguardo agghiacciante e terrificante sul futuro del cielo. «Credo» specifica l’artista «che inquadri perfettamente la situazione attuale del cambiamento climatico, iniziata molto tempo fa, e mai accreditata. Nemmeno oggi che è sempre più tangibile, irreversibile e di fronte ai nostri occhi».

 

Saperenetwork è...

Giulia Perugini
Giulia Perugini
Studiosa delle esperienze artistiche e delle teorie critiche del secondo Novecento, Giulia Perugini (San Severino Marche, 1991) analizza i fenomeni legati alla pedagogia sperimentale, alle realtà e alle attività educative che disegnano il nuovo panorama extra scolastico. Storica e critica d’arte, scrive per diverse testate del settore. Interessata in particolare al rapporto che intercorre tra arte, società e nuove tecnologie rapportate ai campi dell’educazione, dal 2016 è cultrice della materia in Pedagogia e Didattica dell’Arte, Fenomenologia dell’Immagine e Semiologia dei Sistemi Espositivi all’Accademia di Belle Arti di Macerata.

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