Centomila persone hanno sfilato oggi a Roma per la pace (Foto: Enrico Nicosia)

Centomila persone hanno sfilato oggi a Roma per la pace (Foto: Enrico Nicosia)

La società civile torna in piazza. E che piazza. Riflessioni dopo il corteo pacifista

La voce di chi chiede una soluzione negoziale alla guerra in Ucraina si è levata fortissima oggi durante la manifestazione di Roma. Nel nome di una concretezza che impari dalla storia, compresa quella del conflitto in Iraq che ha lasciato una frattura insanabile

Le adesioni sono arrivate fino all’ultimo e la coalizione Europe for Peace, che ha organizzato la manifestazione, riferisce di oltre dieci treni speciali e almeno ottanta autobus. Sono tanti, tantissimi, le donne e gli uomini che dopo oltre 200 giorni di guerra pensano che la soluzione non sia continuare a fomentare il conflitto inviando armi. È la cosiddetta “società civile”, termine che nel nostro paese (ops… nazione?) non si percepiva così forte, compatto, unito dai tempi delle stragi di mafia del 1992. È tornata a farsi sentire, la società civile, nella grande, bellissima piazza di San Giovanni in Laterano a Roma, finalmente, per chiedere attenzione al Parlamento, all’Europa dei diritti umani, all’Onu, alla diplomazia internazionale.

Memoria corta, anzi comoda

Si è detto che sarebbe stata una manifestazione apartitica, per quel che può significare oggi. Si è detto e si è sentito dire anche, purtroppo, che qualcuno ci avrebbe voluto mettere il cappello sopra e che quindi, per questo motivo, andava disertata. Ma fare politica non dovrebbe significare esattamente questo, ossia compiere delle scelte, con o senza cappello? Su cosa andrebbe messo il cappello allora? Sull’invio di armi, sulle trivellazioni, sulle visite a Bin Salman, sugli accordi con la Libia, sulla deregolamentazione dello statuto dei lavoratori? Triste che anche un’iniziativa del genere debba sempre rivelarsi un utile strumento per attaccare, denigrare, canzonare, insultare, come d’altronde dimostra “l’altra piazza”, così definita, convocata a Milano dal così definito “Terzo Polo” di Renzi e Calenda, che poi terzo polo non è, ma casomai quinto o sesto, dato che ha raccolto poco più del 7% alle ultime elezioni. Di alfieri della “non equidistanza” del “c’è un aggressore e un aggredito” (chi ha mai sostenuto il contrario?) e di altre simili banalità da ascensore (per il patibolo, data la situazione, e ci perdonino i compianti Louis Malle e Miles Davis), di turbo-interventisti della prima o dell’ultima ora (fa lo stesso), ce ne sono stati e ce ne sono. Nelle istituzioni, nazionali, europee, internazionali. E nei media, lo sappiamo. Lo abbiamo visto in questi mesi.

 

 

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Chi osa cercare spiegazioni storiche, contestualizzare viene tacciato di essere un putiniano. Abbiamo, hanno, la memoria corta, troppo corta. O forse è solo una memoria comoda. Troppo. Chi si ricorda della prima guerra del Golfo, nel 1991, dopo l’invasione del Kuwait da parte di Saddam Hussein, fino ad allora fido alleato dell’Occidente? E di tutto quello che è avvenuto dopo, e che avviene anche oggi, delle ripercussioni sul mondo arabo che hanno portato ad una frattura forse insanabile, oltre che a migliaia di morti in attentati e altre guerre? Allora sbaglia chi ancora oggi ritiene che i pacifisti siano null’altro che una marmaglia sempliciotta, ingenua, di belle speranze ma zero concretezza. La concretezza è saper ricordare il passato, saper leggere la storia e agire di conseguenza nel presente. Da che il mondo esiste le guerre si sono risolte con la vittoria di una delle parti. Oppure, nei casi di stallo come quello che permane tra Russia e Ucraina, con un negoziato. I negoziati, ecco, senza scomodare per l’ennesima volta l’articolo 11 della nostra Costituzione (l’Italia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali… o è da turbo-rottamare anche questo?) sono strumenti previsti dal diritto internazionale.

 

 

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Politica estera europea cercasi

L’Europa dovrebbe ricordarsi della pace di Vestaflia, che mise fine alla guerra dei trent’anni e pose le basi per lo Jus Publicum Europaeum. O, per richiamare tempi più recenti: che fine ha fatto la politica estera europea, uno dei tre pilastri di Maastricht? Di cosa dovrebbe occuparsi, insieme alla diplomazia internazionale, se non di cercare un accordo? Che cosa sta facendo l’Onu? Concretamente, ci pare, non molto. Lo scettro della diplomazia è stato comicamente lasciato ad Erdogan, che si muove abilmente nei meandri degli interessi internazionali. I presunti paladini della civiltà e dei diritti, paesi “progressisti” come Svezia e Finlandia svendono i rifugiati curdi per entrare nella Nato. E la Finlandia della osannatissima Sanna Marin progetta, sulla scia dei vari Trump e Orban, di costruire un muro per respingere i dissidenti russi in fuga da Putin. Una ballata dell’ipocrisia che sventolando la bandiera della realpolitik e dello “spegnete i condizionatori” si ostina a sottovalutare le conseguenze di una guerra mondiale.

Un asteroide contro la Terra

Ha ragione Pablo Iglesias, leader spagnolo di Podemos, quando, in una recente intervista ha dichiarato che questo conflitto è caratterizzato da un’aggressività mediatica che sta distruggendo anche la qualità del giornalismo a livello mondiale, perché non permette di capire le tonalità grigie della geopolitica. E viene in mente la scena clou di Don’t Look Up di Adam McKay, nel quale l’esausta, allibita, rabbiosissima astronoma Jennifer Lawrence sbotta urlando in diretta in uno studio televisivo, davanti alle beffe dei due presentatori che la bollano come una pazza esagerata. C’è un asteroide enorme che corre sempre più veloce verso la Terra.

Oggi in piazza più di 100mila persone lo hanno urlato pacificamente.

Saperenetwork è...

Valentina Gentile
Nata a Napoli, è cresciuta tra Campania, Sicilia e Roma, dove vive. Giornalista, si occupa di ambiente per La Stampa e di cinema e società per Libero Pensiero. Ha collaborato con Radio Popolare Roma, La Nuova Ecologia, Radio Vaticana, Al Jazeera English, Sentieri Selvaggi. Ha insegnato italiano agli stranieri, lingua, cultura e storia del cinema italiano alle università americane UIUC e HWS. È stata assistente di Storia del Cinema all’Università La Sapienza di Roma. Cinefila e cinofila, ama la musica rock, i suoi amici, le sfogliatelle e il caffè.

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