Marcia per la pace, riviviamola insieme. Un cammino che prosegue

La mobilitazione di Roma ha fatto emergere una forte richiesta di risoluzione negoziale della guerra in Ucraina. Insieme alla necessità di disinnescare le origini dei troppi conflitti armati in corso, attraverso un modello di convivenza più equa. Il nostro viaggio nel corteo

 «Diffidate dei neutrali e delle coscienze sedute». Così don Ciotti parla alla folla di Piazza San Giovanni in Laterano, a Roma, quasi in chiusura di giornata. Una giornata nella quale neutrali e sedute non lo sono state le decine di migliaia di persone riunite in occasione della marcia per la pace promossa dalla coalizione “Europe for Peace” per chiedere l’immediato cessate il fuoco in Ucraina e in tutti i paesi dove si combatte. Alla mobilitazione hanno aderito oltre cinquecento sigle e associazioni, invocando l’intervento delle Nazioni Unite e della via diplomatica per la risoluzione del conflitto. Circa trentamila persone erano attese a Roma alla vigilia, ma alla fine, secondo gli organizzatori, ne sono arrivate quasi centomila.

Marea arcobaleno

La marea colorata si raduna intorno a mezzogiorno in piazza della Repubblica, punto d’incontro storico delle grandi occasioni romane. Il cielo coperto e i primi freddi autunnali non fermano le persone, che rapidamente riempiono l’area con migliaia di bandiere e striscioni. C’è l’Associazione Nazionale Partigiani Italiani (Anpi), a ricordare che per la libertà si è dovuto combattere e oggi dobbiamo essere tutti “partigiani della pace”. Sono presenti i sindacati, con Cgil, Fiom e Uil che indicano la guerra come l’ennesima minaccia al lavoro. Ci sono gli attivisti di Fridays For Future e le associazioni ambientaliste come Legambiente, Greenpeace, WWF a invocare il “disarmo climatico”. C’è il mondo cattolico, gli scout e le associazioni di solidarietà internazionale. C’è la comunità Lgbtq+. Ci sono le organizzazioni non governative. Tutti uniti dietro lo striscione di apertura “Europe fo Peace” in una marea variegata che non si vedeva da tempo per le strade di Roma. Poco prima delle due il corteo è in marcia, si muove piano, rallentato dalla sua stessa mole, si ferma spesso a gridare le sue ragioni: “Stop all’invio delle armi”, “Negoziati subito”.

 

Non è una festa

Il clima è disteso, c’è soddisfazione e voglia di stare in piazza. Il vento si alza, pulisce il cielo dalle nuvole e agita le bandiere. Si sollevano i teloni arcobaleno lunghi decine di metri. Non è però una festa. L’opposizione al conflitto, che ha già causato oltre seimila morti e spaventa per le ulteriori conseguenze che potrebbe avere, è forte. Il timore è un’escalation nucleare dello scontro e per questo la richiesta è innanzitutto quella di mettere al bando le armi che avrebbero, con certezza, conseguenze drammatiche per il popolo ucraino, russo e per l’Europa intera. «Né con Putin, né con la Nato» è uno degli slogan più frequenti e alcuni cartelli indicano i presidenti di Ucraina e Russia, entrambi, come responsabili di quello che sta succedendo.

 

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Eppure, la piazza non è equidistante e ha scelto da che parte stare: dal lato della resistenza ucraina, quella del popolo, il primo a pagare le conseguenze di una guerra che non hanno scelto. I manifestanti sanno bene che esiste un aggressore e un aggredito. Ma sanno anche che le logiche per le quali ancora oggi non si è andati neanche vicino alla risoluzione del conflitto poco hanno a che fare con la sicurezza della popolazione colpita. Chiedono di ristabilire la pace, non di essere parte della guerra continuando ad armarla. Stop agli armamenti e che si imbocchi la strada della diplomazia per arrivare a una soluzione. Per questo, si chiede l’intervento deciso delle Nazioni Unite, ritenute finora troppo assenti. Vengono inchiodati i governi, tutti, di fronte alle proprie responsabilità. Per le 15.00 la testa del corteo entra in piazza San Giovanni, mentre la coda è ancora lontana.

 

I colori della pace in marcia a Roma (Foto: Enrico Nicosia/Sapereambiente)

Voci dalla piazza

I primi a parlare dal palco sono gli organizzatori, che aprono gli interventi  leggendo l’Agenda di Pace nella quale si invoca con urgenza «una Conferenza Internazionale per la pace, per ristabilire il rispetto del diritto internazionale, per garantire la sicurezza reciproca e impegnare gli Stati ad eliminare le armi nucleari e ridurre la spesa militare in favore di investimenti per combattere la povertà, la transizione ecologica e il lavoro». In video arrivano le testimonianze dall’Est. Katya Cheshire, attivista del Movimento Pacifista Ucraino, chiede la partecipazione di tutti gli Stati affinché ci si impegni in un vero negoziato e per garantire il diritto di asilo a chiunque fugga da una guerra. Alexander Belik, coordinatore del Movimento degli Obiettori di Coscienza Russi, racconta invece come all’interno della stessa federazione russa e fra le fila dell’esercito ci sia chi non abbia mai voluto questa guerra e ne voglia uscire al più presto. Poi Gianfranco Pagliaruolo dell’Anpi ricorda come il conflitto non riguardi solo i confini ucraini: «Un sottile velo ci separa dalla guerra in Europa. Le basi Nato nel Mediterraneo non sono semplici avamposti militari ma sono bersagli ed è stato infranto il tabù della bomba atomica, non più vista come una frontiera invalicabile e un’aggressione al genere umano, ma come una possibilità concreta». E ancora:

«È questo l’allarme che lanciamo oggi, di fronte a una corsa agli armamenti senza pudore mentre le Nazioni Unite sembrano inerti».

 

In ricordo di Gino

Gli ultimi spezzoni del corteo raggiungono San Giovanni che si riempie e colora. C’è il bianco e il blu delle associazioni cattoliche e degli scout. C’è il rosso dei sindacati. Il verde delle associazioni ambientaliste. Sul palco gli oratori si alternano rapidi. Parla la comunità iraniana, che ricorda come in Iran sia in atto una rivoluzione per i diritti civili e come ogni settimana i manifestanti vengano arrestati e condannati con processi sommari. Parlano le Ong, guidate da Emergency, con Rossella Miccio che applaude la piazza in ricordo di Gino Strada. «Sarebbe felicissimo di vedervi qui oggi». Nicolas Marzolino, dell’Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra, reso cieco da un ordigno della Seconda Guerra Mondiale, ricorda come l’impatto dei conflitti sulla popolazione non finisca con il cessate il fuoco e continui a fare vittime per decine di anni.

 

Uniti, non solo sul palco

Ci si avvicina alla chiusura ed è il momento di Luigi Ciotti che invita a non girarsi dall’altra parte dietro i conflitti, ad alzare la voce: «Le migliori alleate della pace sono le coscienze inquiete. Diffidiamo dei neutrali, che sono ancora troppi nel nostro paese e diffidiamo dei mormoranti, i più pericolosi, che stanno sempre zitti e non fanno nulla». Il presidente di Libera, associazione contro le mafie, punta poi il dito contro l’attuale sistema economico, padre delle disuguaglianze e delle ingiustizie: «La logica competitiva del mercato economico degrada i diritti e i privilegi. È l’anticamera dell’aggressione fra i popoli e della guerra». Una guerra ipocrita, nascosta e subdola la definisce Don Ciotti:

«Quando il valore del denaro è superiore a quello della libertà e della dignità delle persone siamo già in uno stato di guerra».

Alle queste parole fa eco il discorso di Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, che chiude gli interventi: «Non siamo equidistanti da questa guerra. Siamo contro tutti quelli che l’hanno voluta. I lavoratori presenti in piazza oggi non sono qui solo per altruismo e solidarietà, ma perché sanno che per poter affermare i diritti sul lavoro c’è bisogno della pace». Per Landini non è un fatto retorico, ma è la novità con la quale dobbiamo fare i conti. Con la minaccia nucleare sullo sfondo, ora più che mai è impossibile girarsi dall’altra parte.

 

Ancora un’immagine della bandiera della pace che ha invaso pacificamente le strade della Capitale (Foto: Enrico Nicosia/Sapereambiente)

L’eco di Milano

Poi gli interventi terminano, sulle note di “Bella ciao”. La piazza si dissolve e sotto al palco sfilano i leader di partito. Giuseppe Conte ammonisce il governo sull’invio di nuove armi senza passare per il Parlamento. Enrico Letta, dal canto suo, rivendica la continuità con quanto fatto finora e punta sulle alleanze internazionali. Il gruppo Verdi-Sinistra Italiana si schiera nettamente per abbandonare la via militare, incompatibile con la risoluzione del conflitto. Mentre giunge l’eco dell’altra manifestazione, quella di Milano, indetta durante lo stesso pomeriggio dal Terzo Polo, dove la scelta è quella di proseguire sulla strada del supporto militare all’Ucraina. Ma questa è un’altra cronaca, circa la quale il governo ha già detto la sua.

Saperenetwork è...

Enrico Nicosia
Naturalista rapito dal fascino per il mondo naturale, sommerso e terrestre, e dei suoi abitanti, spera un giorno di poterli raccontare. Dopo la Laurea in Scienze della Natura presso l’Università di Roma “La Sapienza” va in Mozambico per un progetto di conservazione della biodiversità dell’Africa meridionale. Attualmente collabora come freelance con alcune testate come Le Scienze, Mind e l’Huffington Post Italia, alla ricerca di storie di ambiente, biodiversità e popoli da raccontare

Sapereambiente

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1 thought on “Marcia per la pace, riviviamola insieme. Un cammino che prosegue

  1. È triste, per me che abito a Milano, vedere come la città stia diventando un fanalino di coda arretrato su tutto… (come anxhe covid e postcovid stanno dimostrando)

Parliamone ;-)