Piattaforme social gestite da privati - interessati ad aumentare il coinvolgimento degli utenti - decidono di dare spazio all'hate speech. La Rete contro l'odio risponde (Foto: Andrea Piacquadio, da pexels)

Rete per il contrasto ai discorsi d’odio, preoccupa la policy di Meta

Nei giorni scorsi Meta ha sdoganato gli appelli alla violenza contro l’esercito russo e contro i Russi «nel contesto dell’invasione all’Ucraina», modificando “temporaneamente” le proprie policy sull’hate speech. Così l’escalation della violenza viene legittimata anche su un piano virtuale. La Rete nazionale per il contrasto ai discorsi e ai fenomeni d’odio lancia l’allarme

«La Rete nazionale per il contrasto ai discorsi e ai fenomeni d’odio segnala con grandissima preoccupazione come, tra gli effetti collaterali del conflitto, questa nuova policy di Meta, se confermata, andrebbe in direzione contraria rispetto a tutti gli sforzi fatti negli ultimi anni a tutti i livelli istituzionali – dal Consiglio d’Europa all’Onu e al Parlamento Europeo – per chiedere alla piattaforme di dotarsi di community standard rigorose, di responsabilizzarsi nei confronti della circolazione di contenuti d’odio, e di lavorare sempre più efficacemente per la loro moderazione e rimozione.»

Questo il comunicato della Rete nazionale per il contrasto ai discorsi e ai fenomeni d’odio  lanciato ieri sulla decisione di Meta di sdoganare gli appelli alla violenza contro i soldati russi e contro i Russi «nel contesto dell’invasione all’Ucraina», nonché contro Putin e il bielorusso Lukashenko.

La Rete riunisce molte realtà che da tempo si occupano di studiare, mappare e contrastare i fenomeni d’odio e gli hate speech: Amnesty, No Hate Speech Movement, Action Aid, Carta di Roma, Vox Italia, Rete Lenford e altre ancora.

 

 

L’iniziativa di Meta

La “modifica temporanea” delle politiche sui discorsi d’odio era contenuta in alcune mail interne dirette ai “moderatori” delle piattaforme Facebook e Instagram, come reso noto dall’agenzia Reuters giovedì sera. Qualche ora dopo, il portavoce di Meta Andy Stone aveva confermato:

«Come conseguenza dell’invasione russa dell’Ucraina abbiamo temporaneamente consentito forme di espressione politica che normalmente violerebbero le nostre regole, come discorsi violenti del tipo “morte agli invasori russi”. Non intendiamo ancora permettere appelli alla violenza contro i civili russi».

 

Andy Stone portavoce di Meta
«Non intendiamo ancora permettere appelli alla violenza contro i civili russi» ha detto il portavoce di Meta, Andy Stone.

 

Ma nelle e-mail intercettate da Reuters risultavano autorizzati, contrariamente al solito, persino eventuali elogi del battaglione Azov sebbene «strettamente nel contesto di difesa dell’Ucraina, nel loro ruolo di parte della guardia nazionale ucraina». Tali deroghe alle politiche contro l’hate speech varrebbero per alcuni paesi limitrofi allo scontro in atto: Armenia, Azerbaijan, Estonia, Georgia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Russia, Slovacchia e Ucraina.

Secondo la Rete nazionale per il contrasto ai discorsi e ai fenomeni d’odio questa scelta «introduce di fatto una nuova fattispecie di discorso d’odio, quello a geografia variabile: Meta autorizza temporaneamente la circolazione di messaggi d’odio nei confronti dei russi in Polonia o in Lituania e non, ad esempio, in Italia, subordinando le sue linee di indirizzo alla valutazione degli equilibri geo-politici a discapito di criteri generali e oggettivi».

Risposte e ritorsioni online

Alla notizia, l’ambasciata della Russia negli Usa aveva chiesto a Washington di «fermare le attività estremiste di Meta (…). La politica aggressiva e criminale di Meta che porta all’incitamento all’odio e all’ostilità verso i russi è un’altra prova della guerra senza regole dichiarata contro il nostro paese». Successivamente, Anton Gorelkin, a capo del Comitato russo sui tecno-media aveva dichiarato: «Quello che Meta sta facendo è chiamato incitamento all’odio razziale, che nella legge russa si chiama estremismo».

 

 

In risposta alla decisione di Meta, alle 00:00 di ieri 14 marzo, la Russia ha oscurato Facebook e Instagram. Aveva già ristretto l’accesso a Facebook e Twitter il 5 marzo scorso, dopo che in Europa i media di stato russi RT e Sputnik si erano visti impedire l’uso delle due piattaforme. Inoltre, le cinque sedi europee di RT e Sputnik erano state chiuse a inizio marzo per iniziativa della Commissione Europea, sanzione «contro i media finanziati dal Cremlino e implicati nella disinformazione e strumentalizzazione dell’informazione», riportava l’annuncio della Ue.

 

grafico sulle pubblicazioni mensili
Le pubblicazioni mensili sui social in Russia (in milioni). Fonte: statista.com

 

In Russia Facebook è meno diffuso rispetto ad altri paesi, mentre Instagram è il secondo social più utilizzato (dopo il russo Vkontakte, gemello autoctono di Facebook) secondo dati del sito tedesco Statista.com, tanto che la chiusura di ieri era stata annunciata con un anticipo di 48 ore per consentire agli utenti di «copiare le proprie foto e avvisare i propri contatti».

Un’escalation della guerra anche sul piano della comunicazione

Instagram è molto usato dalle piccole attività commerciali, che potrebbero risentire dell’oscuramento, sebbene i profili degli utenti russi restino accessibili via Vpn, almeno finché la Russia non sceglierà una disconnessione totale dall’internet globale. In ogni caso, lo “spegnimento” di Instagram rappresenta un altro passo significativo nell’isolamento della Russia, scelto o subìto.

«Questo cambio di rotta – segnala ancora la Rete contro l’odio, riferendosi alle policy di Meta normalizza l’hate speech di e tra utenti, rende transitorie raccomandazioni e pratiche necessarie ad impedire l’imbarbarimento della comunicazione e dell’interazione via social, e irresponsabilmente faciliterà ancora di più la diffusione di odio in un contesto già drammaticamente violento».

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Francesca Santoro
Francesca Santoro
Laurea in comunicazione, specializzazione in marketing e comunicazione nel Non Profit. Per 15 anni mi sono occupata di comunicazione e formazione nell’ambito del consumo critico e del commercio equo, trattando temi quali l'impatto delle filiere a livello locale e globale su persone, risorse, territori, temi su cui ho anche progettato e condotto interventi nelle scuole. Dal 2016 creo contenuti online per progetti, associazioni, professionisti.

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