La finestra di una casa abbandonata dopo il terremoto

Il racconto di Laura Salvi è ispirato al trauma delle comunità marchigiane colpite dal terremoto

Insieme si torna a sognare. Un racconto ispirato dal trauma delle comunità marchigiane colpite dal sisma

Tre piccoli centro dell’alto Maceratese, travolti dal terremoto del 2106, si presentano nello studio di una psicologa. La storia, fra realtà e fantasia, che ci ha inviato una terapeuta impegnata nella cura sociale delle ferite, ancora aperte, di questi splendi territori alla ricerca di una nuova identità

Nel mio studio il silenzio filtra dalla porta, i pazienti se ne sono andati e finalmente ho un attimo tutto per me, per quello che sento e di cui ho bisogno. Mi volto verso la finestra e mi accorgo che la primavera sta arrivando e si preannuncia potente ovunque intorno a me: nelle gemme dei fiori che si stanno aprendo, nel calore e nel colore della luce del sole, più forte e penetrante, nelle giornate che si allungano… Incomincia il periodo del risveglio, è in tutto ciò che esiste.

C’è voglia di primavera anche dentro di me e quale miglior modo per appagare questo desiderio se non andarmene a Lucciano, il posto della mia infanzia e della mia fantasia? Quasi fosse un vecchio amico, ho la sensazione che si stia domandando perché ancora non mi sono fatta sentire…

Forse come rito propiziatorio o come recupero di un antico gesto, prendo la cartina e la dispiego sopra la scrivania. Qualcosa non va, c’è qualcosa di strano: non ci sono più Lucciano, Seggiole, Pieve Torina, Muccia, Fiordimonte… Tutti i nomi sono scomparsi dalla cartina!

 

La zona di Camerino senza comuni. Il quadro è di Mario Meloni

 

Mentre la osservo stupita, qualcuno bussa alla porta.

Stranita, perché non aspettavo più nessuno, vado ad aprire e mi trovo davanti un uomo dall’aria stanca, di un’eleganza fuori moda. Non lo riconosco finché si presenta: è il signor Lucciano.

Stupita lo faccio entrare, è evidente che ha bisogno di parlare.

Indossa pantaloni di fustagno, una camicia immacolata e un golf di cachemire morbido; ha l’aria esausta, consumata, spenta. Lo faccio sedere e gli chiedo in cosa io lo possa aiutare e mi risponde che da alcuni anni non riesce più a sognare.

Gli domando allora da quando e mi risponde come tutto vada avanti dall’“evento traumatico”. Prima di quel giorno orrendo – mi dice – si sentiva sempre allegro, soprattutto d’estate quando arrivavano da ogni parte tantissimi bambini a che gli facevano il solletico sulla pancia… Ora invece non viene più nessuno a trovarlo.

Mentre ascolto la disperazione del signor Lucciano, di nuovo bussano alla porta: «Sono il signor Seggiole, posso entrare? Sono qui perché da tanti anni ormai non riesco più a sognare».

«Incredibile – penso tra me e me – due pazienti inattesi, che arrivano nello stesso momento e sono afflitti dallo stesso problema…».

I due uomini si assomigliano, nella solitudine e nel dolore, entrambi non sognano più da quando il terremoto ha scosso le loro anime e svuotato le loro routine. Sono come fermi, in attesa che qualcuno prema di nuovo il tasto play e faccia ripartire le loro vite.

Il loro trauma è lo stesso e parlarsi, condividere ciò che si prova sarà senz’altro d’aiuto ad entrambi per iniziare a ricostruirsi. Li invito dunque a confidarsi reciprocamente e mi pongo in ascolto… Quando all’improvviso la porta si spalanca lasciando entrare un sole inaspettato e una ventata fresca che profuma di fiori, di bosco e di acqua «Salve a tutti, sono la signora Boccafornace – esordisce –posso?». Fa cenno verso l’ultima sedia rimasta libera nello studio e, senza aspettare la mia risposta, la trascina a sé e ci si accomoda.

Dovrei indispormi, ma non ci riesco: sento che il suo ingresso ha cambiato interamente l’atmosfera nella stanza, riaccendendo sentimenti di primavera e rinascita anche negli animi dei due mesti ospiti inattesi arrivati poco prima.

Noto che la signora, pur non essendo più di giovanissima età, manifesta un fascino tutto suo, particolare, tipico delle donne marchigiane.

Il suo corpo dalle curve morbide è vivo e attivo, pulsante di energia; i suoi occhi verdi e blu richiamano subito alla mia mente il colore dei laghetti alpini.

Noto che al collo porta un piccolo ciondolo con due cigni lucenti, incastonato in una collana dalle pietre strane… «Sono sassi», risponde accorgendosi che la stavo osservando.

«Sassi?» esclamiamo tutti in coro, perplessi.

«Sì, avete sentito bene: sassi – ripete lei –  Non ho memoria di chi me l’abbia regalata, sapete ho molti corteggiatori, ma la trovo stupenda e la cosa più straordinaria è che ciascun sasso ha una piccola frase incisa con tanto di autografo, C.N.!».

Non è difficile credere che la signora Boccafornace abbia dei corteggiatori… e quanti! «Vengono soprattutto al sabato ed alla domenica, fanno lunghi viaggi per vedermi e stare un po’ con me! Malgrado l’evento traumatico, so ancora come farmi desiderare!» ci racconta, orgogliosa del suo fascino.

 

Paesaggio marchigiano. Il quadro è di Mario Meloni

 

La ventata di bellezza e forza vitale che ha inondato la stanza al suo arrivo pervade anche i signori Lucciano e Seggiole, che vedo finalmente a sorridere, pronti a credere, a sentire dentro di loro nuove possibilità.

Non più cristallizzati in quello che gli è capitato, sono di nuovo pronti a sognare di nuovo un presente e un futuro

Arriva il momento di concludere l’incontro.

Ci alziamo e la signora Boccafornace esce per prima con il suo grande cappello ornato di primule e ciclamini. Dietro, in fila indiana, Lucciano e Seggiole. Le loro biciclette aspettano loro per poter sfrecciare via.

E la signora? La signora se ne va in taxi accompagnata dalla sua scia di profumo.

Osservo un’ultima volta la sua collana di pietre e cigni lucenti e ripenso a C.N… «Certo! Nicola Cecola» penso fra me e me ricordando all’improvviso il nome dell’artista.

Escono ed io rimango sola. Li osservo dall’alto del mio studio.

Lucciano e Seggiole, tornati vispi come ragazzini, si sfidano su chi arriverà per primo, come moderni Coppi e Bartali, tra una pedalata e l’altra li sento lanciarsi sfide affettive su chi dei due sia il paese più importante, ognuno con le sue motivazioni: «Io sono più in alto!», «E allora? Io sono più vicino a Pieve Torina!», «Ma io pedalo più veloce», «E chi pensi di essere, Giovanni Marini?!».

Li guardo battibeccare amichevolmente e farsi sempre più piccoli, finché non svaniscono dalla mia vista e mi vene in mente un vecchio detto marchigiano: «A esse joeni se mbara da vecchi». Ovvero: a essere giovani si impara da vecchi. È proprio vero.

Torno alla mia scrivania, piena di pensieri da mettere in ordine… abbasso lo sguardo e sobbalzo: ora sulla cartina ci sono i nomi di tutti i paesi prima scomparsi!

Li percorro con lo sguardo e mi sembra di volarci sopra, rivedo case, strade, alberi e laghi… Mi sembra di poter usufruire della mia competenza di psicologa per dare un altro sguardo diverso, un altro punto di vista.

Forse lo sto immaginando, forse è reale, ma non importa.

Saperenetwork è...

Laura Salvi
Laura Salvi
Laura Salvi è una psicologa e psicoterapeuta che svolge la sua professione a Roma nel ruolo di dirigente di un Dipartimento di Salute Mentale. Da molti anni coltiva uno specifico interesse per la scrittura partecipando a numerose iniziative finalizzate alla diffusione di questo strumento espressivo, tra cui alcune specificamente indirizzate ad utenze con disagio psichico all’interno della struttura pubblica in cui opera.

Sapereambiente

Vuoi ricevere altri aggiornamenti su questi temi?
Iscriviti alla newsletter!


Dopo aver inviato il modulo, controlla la tua casella di posta per confermare l'iscrizione

 Privacy policy


Parliamone ;-)