Marco Cortesi e Mara Moschini

Marco Cortesi e Mara Moschini sono i Green Storytellers (Foto: credits_GreenStorytellers - Infinity)

Marco Cortesi e Mara Moschini nascono come attori, con teatro, cinema, e anche un po’ di televisione alle spalle. Sono di Forlì, in Romagna, e il loro sodalizio artistico inizia più di 10 anni fa. Erano entrambi già avviati per la propria strada, Mara sul versante del musical, Marco, ex allievo dell’Accademia Nazionale d’arte drammatica Silvio D’Amico, impegnato in fiction tra cui RIS, Camera Caffè, Carabinieri, quando crearono il primo spettacolo che poi divenne anche il loro primo film. La scelta, che dopo 11 anni sta per tornare sui palcoscenici italiani. Il loro modus operandi è ormai da quasi una dozzina d’anni sempre lo stesso:

raccolgono storie vere dalla bocca di chi le ha vissute, storie capaci di illuminare chi le ascolta.

Storie che parlano di diritti umani, di libertà, di coraggio. Il Covid ha permesso loro di iniziare una ricerca anche sul fronte della sostenibilità e del Green, su cui non si limitano a collezionare dati e numeri: Mara e Marco raccontano la vita delle persone che hanno deciso di fare la cosa giusta. Marco Cortesi si fa portavoce della coppia e risponde per entrambi alle nostre domande.

 

 

Come è nata la coppia lavorativamente parlando? Da quali punti in comune hanno preso vita i vostri progetti?
Lavorare insieme è stato decisamente naturale, più che altro perché prima è nata la coppia dal punto di vista sentimentale, poi anche quella lavorativa. Non è facile lavorare insieme perché spesso ci sono motivi anche di scontro, anche se in tutti questi anni ognuno di noi si è specializzato in un aspetto del lavoro che all’altro non piace affatto. Io mi occupo più dei social o della promozione, mentre Mara è una bravissima producer e si occupa della logistica, della calendarizzazione degli eventi, del lavoro sul set. Penso che la cosa che ha realmente reso tutto più facile è aver scelto una stella polare comune, cioè ognuno di noi crede fermamente in questa sorta di mission di raccontare storie che possano rendere le persone più felici e più consapevoli. Quando sei in pace con la tua coscienza, con quelli che sono i tuoi ideali e i tuoi valori, anche i momenti di difficoltà hanno alla fine sempre un senso.

Come si svolgono le lezioni-spettacolo che portate nelle scuole? Quali argomenti affrontate con i ragazzi?
Da più di 10 anni siamo non solo nei teatri, ma anche nelle scuole, proprio adesso ricominceremo con questo spettacolo che si chiama La scelta, e poi anche con Come ti salvo il pianeta e con un altro progetto nuovo che si terrà in centinaia di scuole della Lombardia per poi spostarsi in tutta Italia. Abbiamo anche realizzato Nelle squame di una trota, un film che fa parte di un kit sulla sostenibilità Agenda 2030 del Ministero dell’Educazione. Nelle scuole, come in tv o a teatro, cerchiamo di portare ai ragazzi esperienze che possano essere illuminanti, o meglio possano cercare di suscitare idee che magari non sempre trovano spazio nella routine delle lezioni. In tutti questi anni abbiamo parlato di Ruanda, Guerra fredda, muro di Berlino, Guerra dell’ex Iugoslavia, di diritti umani e di sostenibilità. Il confronto con i ragazzi è sorprendente, tanti nostri colleghi sono spaventati dal rapporto con un pubblico così incredibilmente sincero, che non applaude se non ha apprezzato davvero quello che fai. Che magari sta scomodo nelle poltrone di un tipico teatro all’italiana, mentre quando sei insieme a loro, nella loro scuola, e parli il loro linguaggio, che in parte è anche quello un po’ della televisione, veloce e dinamico, li vedi stregati. Questo mi colpisce: in una società abituata agli effetti speciali, dove la tecnologia può raccontare qualunque cosa immaginiamo, ecco finalmente si spegne il cellulare, si spegne la televisione, si spegne il blockbuster, e improvvisamente quelle immagini, quegli effetti speciali, è la tua fantasia a crearli.

Noi raccontiamo storie di coraggio in tempo di guerra e i ragazzi ti danno feedback come «mi sembrava di sentire queste cose, era più potente di un film». Questo è il teatro, narrazione ed evocazione.

 

“Come ti salvo il pianeta” è uno dei vostri eventi live. Quali sono le finalità di questo spettacolo?
Come ti salvo il pianeta sostanzialmente è una versione teatrale di Green Storytellers, la serie tv che racconta il coraggio di chi cerca di salvare il pianeta e quindi fa del Green e della sostenibilità il suo fulcro. Sul palcoscenico ci alterniamo io e Mara, siamo proprio attori monologanti alla Ascanio Celestini, Marco Paolini. One man show: il palco è vuoto, non ci sono costumi, non ci sono musiche, solo un attore narratore che racconta una storia. È un ritorno alle origini, quando il teatro era storytelling assoluto, primordiale. Raccontiamo quattro storie che hanno a che fare, per esempio, con i rifiuti plastici, la lotta al riscaldamento globale, le nostre abitudini per quanto riguarda gli acquisti.

Quattro storie “da ridere”, realmente comiche, che però spingono le persone a interrogarsi sulle proprie abitudini. Alla fine di ogni racconto, un racconto al maschile poi al femminile, femminile e poi al maschile, poi c’è questa conclusione con un invito a cambiare.

Partiamo dai risultati di una piccola inchiesta svolta sui social in cui abbiamo chiesto alle persone che cosa pensano di alcune affermazioni sulla sostenibilità, e discutiamo col pubblico. Riveliamo quante di queste credenze siano vere e quante false, per esempio sull’utilizzo della macchina. Molte persone a volte non si pongono il problema, pensano che usare la macchina sia sempre la scelta migliore o inevitabile. Riveliamo allora alcune statistiche: per esempio, quanta acqua si possa risparmiare facendo un minuto in meno la doccia, quanto elevato sia lo spreco alimentare nel nostro paese, quanto incidono gli incarti (che paghiamo) nella spesa. Quando sveliamo che lo shampoo costa meno del flacone che lo contiene, come con l’acqua in bottiglia di plastica il cui prezzo per il 99% non è il costo dell’acqua, ma di tutto il resto compresa la pubblicità, la gente rimane molto sorpresa. Green Storytellers o meglio Come ti salvo il pianeta è proprio questo, una sorta di narrazione dove si ride e si cerca di diventare più consapevoli.

La vostra serie Green Storytellers racconta tantissime storie di chi non si arrende difronte ai problemi ambientali. Raccontaci di questo viaggio arrivato già alla terza stagione.
Green Storytellers nasce per colpa o per merito del Covid, quando improvvisamente la nostra attività sui set cinematografici o in teatro era bloccata. Davanti a noi avevamo questa scelta: aspettare, o cercare di fare qualcosa. E lì venne la voglia di prendere in mano una telecamera. Inizialmente avevamo pensato di realizzare qualcosa con il cellulare e raccontare soprattutto ciò che il covid ci stava svelando, cioè il nostro rapporto malato con il pianeta e con la natura.

Il covid ci ha mostrato un ecosistema, un equilibrio, che sta collassando e che ha bisogno del nostro intervento.

La fortuna più grande è stata venire a conoscenza di Infinity Lab, progetto di innovazione creativa digitale lanciato da Infinity (Mediaset) sulla piattaforma Produzioni dal basso. La ricerca di un format sulla sostenibilità ha incontrato, prima di tutto, l’interesse di Infinity Lab, e poi il sostegno di molte persone, e quindi è nata la prima stagione, poi la seconda e adesso stiamo lavorando alla terza che è focalizzata su 8 storie di grandi progetti WWF tra l’Italia e l’Europa. Green Storytellers è finanziata al 50% da persone comuni. Sostanzialmente è una serie che, di stagione in stagione, è stata finanziata dal pubblico che è andato sempre aumentando e che vuole che queste storie vadano avanti, vuole ascoltarne di altre.

 

 

Noi eravamo esperti di palcoscenico ma dovevamo reinventarci filmaker, e qui il mio grazie speciale va a tutto il mondo digitale dei social, e soprattutto a YouTube, e ai forse più di 1500 tutorial che abbiamo deciso di studiare. È impressionante quanto la tecnologia possa aiutare, quanto una buona telecamera sia ora accessibile a tutti, come in ogni computer ci sia anche un programma per fare un montaggio, e tutorial che spiegano che cosa significa un setting d’apertura, come si utilizza la telecamera, la differenza fra gli obiettivi, la lunghezza focale, l’apertura, la shutter speed, competenze da fotografo. Informazioni che abbiamo trovato su YouTube, e abbiamo continuato a imparare, di episodio in episodio. Ora siamo alla terza stagione in circa due anni e mezzo, 22 episodi.

Green Storytellers viene realizzato da solo due persone, Mara ed io, questo ci permette di essere incredibilmente elastici, possiamo vivere dentro le storie che andiamo a scoprire, a fianco di questi eroi green, cosa che sarebbe impossibile con una troupe di 12 persone.

Negli episodi al femminile Mara è la conduttrice e io sono il cameraman, poi i ruoli si invertono. Questo ci ha permesso di descrivere storie che sarebbe stato impossibile raccontare in un altro modo. Ogni puntata è realmente un diario di viaggio. Il pubblico comprende che non è uno show and tell, un mostra e racconta, ma è davvero un’avventura vissuta in prima persona in un periodo anche a volte lungo. Relativamente alla serie alla quale siamo più affezionati, beh, la prima è stata indimenticabile perché è stata l’inizio di tutto, ma questa terza serie e quello che abbiamo visto grazie al WWF, non solo in Italia, ma anche in Spagna, Romania, in mezzo al Mediterraneo, è stato straordinario. Questa stagione sicuramente è una di quelle che ci ha maggiormente entusiasmato perché abbiamo avuto la possibilità di vedere realtà in grado di scuotere le persone, di spingerci a migliorare.

Su quali social siete più attivi? Pensi siano utili per fare divulgazione scientifica? In che modo li usate?
I social fin dall’inizio ci hanno aiutato tantissimo perché la serie nasce con il crowdfunding, il quale è legato a stretto filo con i social. Senza una buona pianificazione sui social, una buona promozione, il crowdfunding non funziona. Su YouTube cerchiamo di portare spesso delle shorts, ma è soprattutto una sorta di repository dove pubblichiamo affinché i video possano rimanere a disposizione. La community più attiva, come target, come età e come attenzione è soprattutto Facebook, dove probabilmente c’è la fascia di popolazione più sensibile alle tematiche ambientali. Instagram è molto attivo sul Green ma la natura di Instagram – basato sul visivo, veloce – alcune volte non è l’ideale: per parlare di sostenibilità, di ecosistemi, c’è bisogno di più tempo. Le informazioni telegrafiche sono utilissime, per far giungere piccoli sassolini di consapevolezza, ma il problema è che è una comunicazione che si ferma a questo livello resta marginale, superficiale. Quello che facciamo allora è invitare le persone a raggiungere siti, articoli, dove invece queste tematiche possono essere approfondite e trattate nella loro complessità.

Saperenetwork è...

Anastasia Verrelli
Nata e cresciuta nella meravigliosa Ciociaria, sin da piccola sviluppa un amore smodato verso l'ambiente e il territorio. Durante gli anni di studi si avvicina sempre più al mondo del giornalismo, in particolare al giornalismo ambientale e culturale. Durante l'esperienza universitaria nel Dipartimento di Lettere dell'Università di Cassino contribuisce a far nascere la rivista Cassinogreen, oggi associazione con lo scopo principale di far avvicinare i giovani universitari e non solo al mondo green, di cui oggi è vicepresidente. Ha organizzato diversi webinar e seminari ospitando importanti esperti del settore. Nel 2020 inizia a collaborare come addetto stampa per l'ente territoriale del Gal Versante Laziale del Parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise. Laureanda magistrale in lettere moderne e studentessa di un master in Digital Communication, spera di migliorare le sue capacità comunicative per trasmettere ai suoi lettori lo stesso interesse per la sostenibilità.

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