Gianni Silvestrini a Saperepodcast

È possibile un sistema energetico al 100% da fonti rinnovabili? Risponde Gianni Silvestrini

Il direttore scientifico del Kyoto club, fra i massimi esperti in materia, sull’evoluzione globale delle fonti pulite. La centralità della ricerca sugli accumulatori verso una metamorfosi che riguarda da vicino anche l’Italia

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«La nuova capacità energetica da fonti rinnovabili su scala industriale è destinata a battere ogni record nel 2022, raggiungendo il massimo storico dei 220 gigawatt a livello globale con investimenti che superano i 300 miliardi di dollari per solare ed eolico».

È il quadro che emerge dal report che Rystad Energy, l’autorevole think-tank norvegese specializzato nell’analisi dei mercati energetici, ha pubblicato pochi giorni fa. Gli ostacoli, spiega il documento, non mancano: a partire dai costi dell’acciaio che rischiano di vanificare la costruzione di diversi impianti eolici, lo stesso vale per le materie prime del fotovoltaico. Ma la strada è segnata, grazie al traino del continente asiatico (Cina in prima linea che da sola pesa per 29% degli investimenti globali) e alla ricerca nel campo degli accumulatori sostenuta in particolare dagli Stati Uniti che possiederanno nel 2025 il 53% della capacità mondiale. Tanto che l’International Energy Agency annunciava poche settimane fa come nel 2026 la potenza installata da rinnovabili pareggerà quella delle fonti fossili e del nucleare, vale a dire 4.800 GW, con un aumento del 60% rispetto al 2020.

 

L’incremento globale di energia da rinnovabili per anno, regione e tipologia (Fonte: Rystad Energy, 2022)

 

Ma davvero è possibile un sistema energetico al 100% da rinnovabili? E a quali condizioni?

Lo abbiamo chiesto a Gianni Silvestrini, ingegnere chimico, direttore scientifico del Kyoto Club e della rivista Qualenergia.it, fra i massimi esperti in materia anche alla luce delle sue esperienze istituzionali come Direttore generale del Ministero dell’Ambiente. Proprio nelle prossime settimane arriverà peraltro in libreria il suo più recente volume, “L’energia rinnovabile oggi” (Edizioni Ambiente) che contiene gli interventi di Giuseppe Barbera, Tommaso Barbetti, David Chiaromonti, Giacomo Talluri e Giovanni Battista Zorzoli.

 

 

Una lettura utile anche a comprendere alcuni nodi di un dibattito riemerso durante gli ultimi mesi, a fronte dei forti rincari in bolletta che il governo cerca di calmierare abbattendo i costi accessori, vale a dire gli oneri di sistema (finalizzati a necessità di carattere generale delle reti) o l’Iva sul gas. Ma come si potrebbe risolvere il problema a monte, interrompendo la dipendenza da una risorsa fossile, il gas naturale, che fa da base al 40% dell’elettricità prodotta in Italia? E che proprio durante gli ultimi mesi è schizzato alle stelle a causa di molteplici fattori, compresa la crisi in Ucraina che tiene il mondo con il fiato sospeso

 

Il grafico relativo ai consumi da fonti rinnovabili in Italia realizzata dal Gse
Fonte: Gse, 2021

 

Una strada, sostengono alcuni, starebbe nelle centrali atomiche a fusione nucleare che però sarà difficilmente applicabile in tempo utile rispetto agli scenari geopolitici sempre più complessi e alle urgenze che impongono gli sconvolgimenti climatici. Mentre anche in Italia le rinnovabili elettriche hanno raggiunto ormai una fase matura: nel 2019, sulla base del monitoraggio del Gse, hanno rappresentato il 35% di consumi, pari a circa 116 TWh e superiore di 8,6 punti al valore individuato nel Piano di azione nazionale (Pan) per il 2020 (26,4%). La quota complessiva di energia pulita, comprendente anche il settore termico e i trasporti, si attesta invece al 18,2%, un dato superiore al target che la Direttiva 2009/28/CE  assegna all’Italia (il 17,0%) e tre punti sopra la traiettoria individuata nel Pan. Secondo Legambiente si potrebbe fare molto di più: se soltanto il 50% delle rinnovabili oggi sulla carta venisse realizzato, l’Italia avrebbe anche già raggiunto gli obiettivi climatici europei, si legge nel recente rapporto Scacco matto alle rinnovabili. Una sfida che passerebbe attraverso le comunità energetiche e la migliore integrazione degli impianti con il bene comune del paesaggio.  E allora, come sarebbe possibile vincerla?

La parola a Gianni Silvestrini.

 

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