Roberto Della Seta

Roberto Della Seta, esponente ambientalista, oggi dirige il Festival dell'economia circolare di Alba (Cn)

Ecologista a chi? Il volume di Della Seta per guardare al movimento oltre le etichette

Edito da Salerno Editrice, l’ultimo libro di Roberto Della Seta, già presidente di Legambiente e oggi direttore del Festival nazionale dell’economia circolare, è un’acuminata dissertazione attorno ai meriti e demeriti del pensiero ecologico

Titolo provocatorio quello dell’ultimo libro di Roberto Della Seta. Una provocazione dedicata al pensiero ecologista «che vede l’uomo come “intruso” nel mondo naturale ma al tempo stesso, nel solco di Darwin, come specie integrata nei processi evolutivi». L’osservatorio privilegiato, come da prassi degli ultimi tempi, è costituito dalla pandemia da Covid-19, grande disvelatrice delle contraddizioni insite nei due modelli correnti: quello green e quello strettamente tecnologico. Della Seta nel suo “Ecologista a chi?” parte da una domanda:

«La pandemia dà ragione agli ecologisti, all’idea che l’Homo sapiens abbia devastato la natura e ora ne paghi il prezzo? O al contrario dimostra che gli ecologisti hanno torto, che solo un uomo sempre più “tecnologico” e “artificiale” può sconfiggere la natura “ostile”?».

Niente di più urgente, considerata la polarizzazione e l’incessante rimpallo di accuse da un fronte all’altro, come a rinchiudere la crisi climatica e sanitaria entro confini precisi, tracciati a partire da dati che confermano le proprie tesi.

 

manifestazione ecologista
Il libro “Ecologista a chi?” di Roberto Della Seta presenta debolezze e potenzialità del pensiero ecologista. Nella foto, una manifestazione ambientalista a Roma

 

Sottotraccia si coglie un altro interrogativo, ovvero se l’ipersemplificazione «degli ecosistemi informativi» non costituisca il punto debole delle due opposte tendenze, accomunate dal rifiuto della complessità come paradigma d’interpretazione del reale. Della Seta è convinto di sì.

«Quanto più le persone si sentono immerse in situazioni “complicate”, dai contenuti e dai confini incerti e sfuggenti […] quanto più la scienza e la stessa filosofia rivelano la sostanza irrevocabilmente complessa della realtà naturale, sociale, economica di cui siamo parte, e tanto più cresce – anche per effetto della moltiplicazione degli attori con accesso al discorso pubblico legata al diffondersi delle tecnologie e dell’informazione – un’inedita e tumultuosa ansia di semplificazione. Insomma, come ha osservato lo scrittore e filosofo Paolo Giordano, “mentre la realtà diventa sempre più complessa, noi diventiamo sempre più refrattari alla complessità”».

 

È su quest’asse che si muove l’intero studio, supportato da un denso apparato bibliografico che consente al lettore di orientarsi tra acquisizioni anche recentissime e di percorrere con occhio critico la strada delle ipotesi interpretative. Non che Della Seta si sia sottratto al compito di affrontare e riaffrontare un’ampia messe di materiali ‘dati’, dal legame tra Darwin e l’ecologia al pensiero di Gregory Bateson, James Lovelock, Fritjof Capra.

La decostruzione di certi assunti appare tuttavia orientata al consolidamento di un nuovo orizzonte, teso al recupero di quella cifra del pensiero ecologico che consiste nell’essere «al tempo stesso scienza e filosofia, conoscenza descrittiva della realtà naturale e biologica e spinta etico-politica a rendere più “giusto” il mondo dell’uomo».

Qui risiede l’assunto e il fine del lavoro, ovvero “difendere” i movimenti ecologisti dall’accusa di reazionarismo, di «rifiuto del progresso» in nome di un ritorno alla natura, in un’«arcadia senza tecnologia, senza industria». Niente di più errato, sebbene il pensiero green abbia contribuito a ridurre le proprie linee entro una gabbia ideologica, programmaticamente astratta. In questa prospettiva Della Seta appare critico e non lesina staffilate: «Bisogna liberarsi dai pregiudizi e in alcuni casi anche dai limiti: credo che gli ecologisti oggi debbano cambiare pelle; non devono più imporre il tema ma devono contribuire a risolverlo».

 

 

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La lente pandemica è in questo senso un ottimo catalizzatore di idee, giacché il percorso intrapreso dalla scienza ha subito – negli ultimi due anni – un’accelerazione insperata, ponendo il mondo in condizione di proteggersi da una pandemia grazie alla paradossale «capacità di manipolare la natura». Tutta l’opera si muove su questo crinale: distruzione degli eco-sistemi, possibilità di sfruttare l’artificio a nostro vantaggio. Può apparire una contraddizione, ma Della Seta è bravo a indicare la strada dell’equilibrio e a pungolare i tifosi dell’integralismo green, fuori tempo e fuori schema.

Lo mostra, per fare un solo esempio, la confutazione di una pretesa incompatibilità tra capitalismo e transizione ecologica. Muovendo da una dissertazione di Stefano Cingolani, l’autore dichiara che «il “segreto della longevità” del capitalismo è nella sua capacità di trasformarsi».

Così, per «disaccoppiare il trend della produzione di ricchezza economica, materiale, da quello del consumo di risorse naturali, c’è bisogno di tecniche che consentano, a parità di ricchezza prodotta, un uso sempre più parsimonioso del capitale naturale, dall’energia all’acqua, e che in particolare, di fronte alla crisi climatica, permettano il prima possibile di produrre tutta l’energia di cui c’è bisogno senza ricorrere più ai combustibili fossili». Si tratta di un processo lento, necessario, che per compiersi ha bisogno di un passo avanti, che liberi il pensiero ecologico dalle etichette politiche (destra/sinistra, reazionario/rivoluzionario) e si ponga piuttosto in un’ottica di dialogo, in un mondo in cui le alternative si costruiscono – anche – dal modello dominante.

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Ginevra Amadio
Ginevra Amadio
Ginevra Amadio si è laureata con lode in Scienze Umanistiche presso l’Università Lumsa di Roma con tesi in letteratura italiana contemporanea dal titolo Raccontare il terrorismo: “Il mannello di Natascia” di Vasco Pratolini. Interessata al rapporto tra letteratura, movimenti sociali e
violenza politica degli anni Settanta, ha proseguito i suoi studi laureandosi con lode in Filologia Moderna presso l’Università di Roma La Sapienza con tesi magistrale dal titolo Da piazza Fontana al caso Moro: gli intellettuali e gli “anni di piombo”. È giornalista pubblicista e collabora con webzine e riviste culturali occupandosi prevalentemente di letteratura otto- novecentesca, cinema e rapporto tra le arti. Sue recensioni sono apparse in Oblio (Osservatorio bibliografico della letteratura otto-novecentesca) e sulla rivista del Premio Giovanni Comisso. Per Treccani.it – Lingua Italiana ha pubblicato un contributo dal titolo Quarant’anni fa, anni di piombo, sulle derive linguistico-ideologiche che segnano l’immaginario dei Settanta.

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