turismo e lentezza
paolo pileri
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Pacchetto vacanza, all inclusive, turismo esperienziale, cucina gourmet: omologazioni vuote per descrivere il turismo della modernità, del tempo che deve essere occupato e non goduto, della vacanza da raccontare attraverso i social, per bearsi dell’incetta di like. Un rito che abbiamo visto anche in questa estate del 2020, che si meritava invece ci si fermasse a riflettere su esperienze di vita più profonde, sulla bellezza di ritrovare ritmi naturali, e non di rituffarsi in una incosciente bolgia di corpi ammassati su scogli salentini o in discoteche sarde. Non è certo questo il turismo di cui si parla in Progettare la lentezza di Paolo Pileri, ordinario di Tecnica e Pianificazione Urbanistica al Politecnico di Milano, esperto del consumo di suolo e ideatore e responsabile della progettazione della via cicloturistica Vento.

 

 

Dalla sua esperienza nasce un manifesto sul turismo lento, sulle opportunità che offre, su un sistema economico che non guarda al turista come a un limone da spremere, ma a un individuo a cui offrire la propria cultura e le proprie radici. La prima cosa da fare è capire cosa sia il turismo lento che si fa in sella a una bicicletta, a un cavallo o con i propri piedi e soprattutto guardare alle consolidate realtà europee che sono riuscite a farne una fiorente economia.

Le ciclovie tedesche o i cammini spagnoli sono infatti l’esempio: il turismo lento è un’opportunità per far vivere la bellezza dei piccoli borghi, i territori lontani dai grandi circuiti ma non meno meritevoli di valorizzazione. Il nostro Paese, con i suoi paesaggi ed esperienze così diverse tra loro, ha la vocazione per investire in lentezza, ma i suoi territori non sono affatto attrezzati ad accoglierla.

Non esistono infatti percorsi che consentano di pianificare viaggi di almeno tre giorni ma solo brevi tratte, che consentono ciclo-escursioni ma non una ricaduta economica di cui beneficiare in tanti. Bisogna poi comprendere bene anche a chi la lentezza si rivolge. Come ciascuno di noi, il turista lento ha un suo habitus, un modo in cui vuole raccontarsi agli altri e a sé stesso. Osservandolo in questa prospettiva si capirà che è la bellezza, il contatto con le persone, il rapporto umano che cerca; non il tortellino destrutturato, ma i tortello con la ricetta della nonna fatto con amore, cura del particolare, valorizzazione del territorio; non è il “pacchetto-esperienza” prestabilito e forzato che vuole acquistare ma la libertà di decidere, in vacanza, di deviare dal suo percorso per fermarsi a riposare all’ombra di un boschetto o per sorseggiare un buon bicchiere di vino davanti la chiesa rinascimentale del borgo ormai quasi spopolato.

Ma studiare il turismo lento non è solo poesia e romanticismo, è la comprensione profonda di quali siano le esigenze del viaggiatore in fatto di larghezza di strade, di pavimentazione, di forma del percorso, tutte cose che gli amministratori locali non possono e non devono ignorare e che invece hanno sempre trascurato a causa di visioni ristrette.

 

turismo lento
Il 2019 è stato l’anno del turismo lento. La montagna è stata la grande protagonista

 

I percorsi ciclabili sono quindi stati sfruttati per darsi una parvenza di ecologia e sostenibilità, senza far parte di un piano organico, magari regionale o inter-regionale. Una via per il turismo lento non è uno sterrato da far passare dietro un capannone o accanto a una discarica, non può essere un percorso che finisce nel nulla né tanto meno può mettere a rischio il viaggiatore fondendosi con strade trafficate e percorsi misti. Il turismo lento richiede un progetto, uno studio del territorio e delle sue opportunità, richiede competenze. È quindi necessario superare i provincialismi e scartavetrare via gli strati di bruttezza accumulati in questi anni dalle amministrazioni locali. Via dunque i tristi mercatini tutti uguali e che con l’artigianato e la cultura del territorio non hanno a che fare. Basta con le sagre e le rievocazioni inventate dal nulla per spillare soldi. Non è questo che un turista della lentezza vuole. Il suo incedere calmo ha bisogno di servizi tagliati su misura.

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Maria Luisa Vitale
Maria Luisa Vitale
Calabrese di nascita ma, ormai da dieci anni, umbra di adozione ho deciso di integrare la mia laurea in Farmacia con il “Master in giornalismo e comunicazione istituzionale della scienza” dell’Università di Ferrara. Arrivata alla comunicazione attraverso il terzo settore, ho iniziato a scrivere di scienza e a sperimentare attraverso i social network nuove forme di divulgazione. Appassionata lettrice di saggistica scientifica, amo passeggiare per i boschi e curare il mio piccolo orto di piante aromatiche.

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