femminile e conversione ecologica

“Spigolatrici d’ambiente”, il femminile guida la conversione ecologica

Riflessioni a più voci sul contributo delle donne all’economia circolare e al contrasto ai cambiamenti climatici. Una raccolta di saggi a cura di Pinuccia Montanari, con la prefazione di Amedeo Postiglione

Spigolatrici d’Ambiente è una raccolta, proprio come quelle che un tempo facevano le spigolatrici. Un insieme di interventi a cura di Pinuccia Montanari sui temi dell’ecofemminismo e del ruolo delle donne nelle politiche ambientali, edito da Libreria Editrice Fiorentina.

Venti nomi di donne e uomini provenienti da percorsi politici e professionali diversi mostrano l’evolversi di una tematica che, se da un lato è ancora appesantita da indubbi stereotipi di genere, dall’altro sembra pronta ad aprirsi verso il superamento di un gender gap che possa coinvolgere il femminile e il maschile in modo equanime nella cura e nella gestione del Pianeta.

Pinuccia Montanari
La curatrice del libro, Pinuccia Montanari, coordina il Centro di diritto ambientale dell’eco-istituto dell’Emilia-Romagna e il Forum per la democrazia ecologica del tribunale internazionale dell’Ambiente

La cura non ha genere

Il concetto di cura percorre tutta l’opera assumendo sfumature diverse. Lo incontriamo a partire dal primo contributo, quello della filosofa Luisella Battaglia, che lo definisce «un’attività che include tutto ciò che facciamo per conservare, continuare e riparare il nostro mondo in modo da potervi vivere nel miglior modo possibile». E prosegue sottolineando come non si tratti di riconoscere nella cura un valore esclusivo del femminile, anzi sia importante «rivendicarlo come essenziale della vita umana» ed evidenziare come «esso possa mettere in questione la stessa struttura normativa su cui è fondata la nostra società e rimodellarne di conseguenza le istituzioni».

Ma questo concetto è ancora un argomento difficile da svincolare da stereotipi di genere così lo ritroviamo poco dopo nell’articolo di Grazia Francescato quando l’autrice si riferisce a «un’onda rosa globale che si basa su tre valori fondanti al femminile: cura, interconnessione, autentica sostenibilità».

La Francescato porta avanti una tesi che vede la cura come prerogativa appannaggio del femminile in quanto contiene in sé «i concetti cardine dell’assunzione di responsabilità individuale e collettiva, riscaldata dall’amore, dall’empatia e da una circolarità di relazioni che spezza e sorvola la catena gerarchica dei rapporti, verticale e top-down, tanto cara alla cultura patriarcale che ancora dilaga nella nostra società». Nonostante la Francescato conceda sporadicamente qualche riferimento alla possibilità maschile di accedere a tali prerogative, viene da chiedersi se davvero sia utile reiterare un immaginario di genere stereotipato dove la donna sia portatrice di saggezza, di «intelligenza calda», di sguardo verso il futuro, senso di responsabilità e capacità di cura.

La paternità è maschile

Proprio questa visione del potere femminile di riflesso finisce con il deresponsabilizzare il maschile e, come spesso accade quando si presta attenzione agli atteggiamenti culturali, ne ritroviamo i segni là dove si vorrebbe portare il discorso su altro. E’ il triste scivolone sui «mammi», termine che compare con imbarazzante sconcerto addirittura nel titolo dell’intervento del chimico Federico Valerio il quale spiega che così vengono «scherzosamente» chiamati i papà.

Lascia stupiti constatare come la curatrice e la casa editrice abbiano lasciato passare questa definizione che, tutt’altro che scherzosamente, mostra l’incapacità della nostra cultura di considerare il maschile, e quindi il padre, capace di cura.

Nel vocabolario italiano si stanno aggiungendo declinazioni femminili per ruoli di prestigio quali sindaco, ministro, avvocato… Tutti soggetti che per ovvie ragioni storico-sociali erano declinati solo al maschile. Per quanto riguarda il ruolo del padre non possiamo dire la stessa cosa: esistono più termini per designarlo e certamente un uomo in grado di prendersi cura dei propri figli non ha bisogno di veder declinato al maschile il titolo di «mamma», quasi che il concetto di padre possa riferirsi ai soli valori di comando legati a una visione della società patriarcale.

Una fast life che non porta lontano

Al di là degli stereotipi culturali che descrivono il maschile come un portatore di disvalori, incapace di un’intelligenza emotiva e inabile alla cura, («il maschio ha un orizzonte molto breve: ha solo lo scopo di diffondere i propri geni il più possibile» secondo una citazione di Federico Fioretto che nel contributo sull’economia circolare dovrebbe giustificare l’incapacità maschile di cogliere le proprie azioni in una prospettiva duratura) la raccolta ha il merito di mettere in luce effettivamente il ruolo delle donne risulti incidente in una rivoluzione verde anche in quanto ancora principali gestrici dell’economia della famiglia.

I dati sono forniti chiaramente nell’intervento di Giovanna Sartori riguardo al ruolo delle donne nell’economia circolare, con particolare attenzione all’industria tessile e alla fast fashion, ambiti principalmente rivolti a un target femminile. Questa situazione sembra riguardare anche le scelte alimentari, dove, anche in questo caso, l’offerta è rivolta soprattutto a un pubblico femminile.

Sono due esempi che mostrano come i modelli della fast fashion e del fast food nel loro essere fast siano incapaci di portarci lontano, miopi verso il futuro, incompatibili con i modelli di sostenibilità ai quali dovremmo auspicare per garantire un futuro al pianeta e alle nuove generazioni. In altre parole incompatibili con gli atteggiamenti di cura auspicati da diversi contributi della raccolta.

Gender gap

Volenti o nolenti va dunque tenuto presente il ruolo che ancora oggi ricopre quasi esclusivamente la donna nella gestione della famiglia, e che lo smart working, come sottolinea Luisa Gnecchi nel suo contributo, con tutte le problematiche di sovraccarico e abbandono del lavoro femminile a esso connesse, ha messo in luce in questo periodo di pandemia.

L’assenza, denunciata da Laura Cima di dati statistici disaggregati per sesso, mostra come il lavoro per ridurre il gender gap sia ancora in salita. Per questo è di pressante importanza riconoscere il ruolo essenziale delle donne nello sviluppo sostenibile, così come viene sottolineato dagli accordi multilaterali ambientali post-Rio, declinati in cinque aree di azione prioritarie nel Gender Action Plan ed esposti con ampi riferimenti nell’intervento di Anna Luise.

Difficile resistere ai green nudge

Parallelamente agli accordi internazionali istituzionali si vanno sviluppando iniziative individuali che mirano a trasformare le abitudini mentali e i comportamenti. Tra i diversi esempi riportati a riguardo, spiccano le intuizioni di Irene Ivoi e di Enrica Zinno «E’ questo ciò che ho fatto per trent’anni: impegnarmi nel rendere la sostenibilità pop».

Così afferma Irene Ivoi nel suo saggio in cui racconta come, attraverso i nudge, ossia suggerimenti comportamentali a cui è difficile resistere, si sia sviluppato il suo progetto per invitare con gusto e gentilezza ad assumere nuovi comportamenti ecocompatibili. Simile strategia è stata adottata da Enrica Zinno che utilizzando la fiaba invita a riflettere in modo gradevole e transgenerazionale sulle tematiche ambientali.

Saperenetwork è...

Dafne Crocella
Dafne Crocella
Dafne Crocella è antropologa e curatrice di mostre d’arte contemporanea. Dal 2010 è rappresentante italiana del Movimento Internazionale di Slow Art con cui ha guidato percorsi di mindfulness in musei e gallerie, carceri e scuole collaborando in diversi progetti. Insegnante di yoga kundalini ha incentrato il suo lavoro sulle relazioni tra creatività e fisicità, arte e yoga.
Da sempre attiva su tematiche ambientali e diritti umani, convinta che il rispetto del proprio essere e del Pianeta passi anche dalla conoscenza, ha sviluppato il progetto di Critica d’Arte Popolare, come stimolo e strumento per una riflessione attiva e consapevole tra essere umano, contemporaneità e territorio. È ideatrice e curatrice di ArtPlatform.it, piattaforma d’incontro tra creativi randagi.

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