Jair Bolsonaro, presidente del Brasile

Jair Bolsonaro, presidente del Brasile dal 2019. Greenpeace lo ha definito senza mezzi termini "un uomo pericoloso che fa affari loschi" (Foto: "Dangerous man, dangerous deals", Greenpeace)

Bolsonaro, l’uomo che sta distruggendo il Pianeta. La denuncia di Greenpeace

A tre anni dall’elezione del presidente negazionista (climatico e pandemico), la deforestazione in Brasile è aumentata del 75%.  Continuano le operazioni di greenwashing come le violazioni dei diritti umani. Mentre l’Ue non rinuncia agli accordi commerciali

Per Greenpeace non ci sono dubbi, Jair Bolsonaro è «un uomo pericoloso che fa affari loschi». E le ragioni sono tante, tutte ben motivate nel rapporto “Dangerous man, dangerous deals, pubblicato lo scorso 24 gennaio.

Secondo l’associazione ambientalista le politiche adottate dal presidente del Brasile hanno avuto degli effetti devastanti sul Pianeta: la deforestazione amazzonica è aumentata del 75,6 per cento, gli allarmi per gli incendi forestali sono cresciuti del 24 per cento e le emissioni di gas serra del Paese sudamericano  sono aumentate del 9,5 per cento.

Solo nel 2020 sono state emesse 2,16 miliardi di tonnellate di anidride carbonica, la quantità più elevata dal 2006. 

 

Jair Bolsonaro, presidente del Brasile
Negazionista climatico e pandemico, Bolsonaro è responsabile di innumerevoli espropri di terreni finiti nelle mani di speculatori e sottratti agli indigeni. Con lui la deforestazione amazzonica è aumentata di oltre il 70%

 

Numeri che si aggiungono a quelli dei roghi illegali, spesso appiccati per favorire l’espansione dell’agricoltura industriale e del settore estrattivo attraverso il cosiddetto “cambio di uso del suolo”, cioè l’eliminazione della vegetazione autoctona per fare spazio principalmente a piantagioni e pascoli, ma anche a infrastrutture e miniere: nel Cerrado, la savana più ricca di biodiversità del Pianeta, gli incendi sono aumentati del 15 per cento, e del 218 per cento nel Pantanal, la zona umida più grande del mondo. 

 

 

Ma preoccupano anche le operazioni di greenwashing, con i tentativi di sabotare gli accordi internazionali in difesa del clima.

Se da una parte, infatti, in occasione della Cop 26 il governo brasiliano aveva annunciato di ridurre le emissioni dal 43 al 50 per cento entro il 2030 e di raggiungere la neutralità carbonica nel 2050, dall’altra i documenti pubblicati lo scorso ottobre da Unearthead hanno rivelato che “Brasile e Argentina, due dei maggiori produttori mondiali di carne bovina e mangimi per animali, hanno fatto pressioni per cancellare i messaggi sui benefici per il clima derivanti dalla promozione di diete “a base vegetale” e dalla riduzione del consumo di carne e latticini”.   

 

  Guarda il video di Greenpeace 

 

A distanza di tre anni dalla sua elezione, possiamo affermare che Bolsonaro aveva in mente un progetto politico chiaro: ostacolare le azioni in difesa degli ambienti naturali a costo di violare apertamente i diritti umani. E la conferma arriva dai continui attacchi alle popolazioni Yanomami e Munduruku.

Secondo i dati diffusi dalla Commissione Pastorale per la Terra, in particolare, i primi due anni del governo  conservatore brasiliano sono stati caratterizzati da un aumento di circa il 40 per cento del numero di conflitti per le terre, che in molti casi sono sfociati nella morte di coloro che si sono spesi per difenderle:  32 persone nel 2019, tra cui lavoratori senza terra, popoli indigeni e ambientalisti.

 

   Guarda il video di Survival dedicato a Paulo Paulino Guajajara

 

Di queste  nove erano indigeni, il numero più alto degli ultimi 11 anni. Uno di loro era Paulo Paulino Guajarara, membro dei Guardiani della Foresta che ha combattuto contro i taglialegna illegali.

Vere e proprie esecuzioni che non hanno risparmiato nessuno: nel maggio nel 2021 i minatori d’oro hanno aperto il fuoco con armi automatiche contro le comunità autoctone, uccidendo due bambini di 1 e 5 anni. 

 

 

E come se non bastasse, si legge nel report, da parte dei Paesi europei non sembra esserci alcuna volontà di proteggere con azioni efficaci  il Polmone verde del nostro Pianeta.

Anzi. Mentre si assiste a un calo del consenso nei confronti del presidente del Brasile, accentuato dalle dimissioni dell’ex  ministro dell’ambiente Ricardo Salles (  lo stesso ministro che aveva chiesto all’amministrazione di Joe Biden 1 miliardo di dollari per ridurre la deforestazione del 40% in Amazzonia), l’Ue continua a stipulare accordi commerciali che rischiano di “inondare il mercato europeo di prodotti legati alla deforestazione e alla violazione di diritti umani”. E in attesa delle nuove elezioni presidenziali dell’ottobre 2022, la responsabile Foreste di Greenpeace ha dichiarato:

«Se l’Unione europea vuole davvero proteggere foreste e biodiversità, deve fermare l’accordo Ue-Mercosur una volta per tutte  e adottare politiche che portino alla diminuzione dei consumi ed evitino l’immissione sul mercato comunitario di prodotti e materie prime legati alla distruzione di ecosistemi».

 

 

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Saperenetwork è...

Michele D'Amico
Michele D'Amico
Sono nato nel 1982 in Molise. Cresciuto con un forte interesse per l’ambiente.Seguo con attenzione i movimenti sociali e la comunicazione politica. Credo che l’indifferenza faccia male almeno quanto la CO2. Giornalista. Ho collaborato con La Nuova Ecologia e blog ambientalisti. Attualmente sono anche un insegnante precario di Filosofia e Scienze umane. Leggo libri di ogni genere e soprattutto tante statistiche. Quando ero piccolo mi innamoravo davvero di tutto e continuo a farlo.

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