Un'immagine del deserto, con un cammello in lontananza

La crisi idrica che ha colpito la Tunisia si preannuncia come la peggiore di sempre (Foto: Simon Berger, Pixabay)

Tunisia, verso l’estate della crisi idrica e sociale

Il Paese nordafricano rischia la catastrofe, sociale ed economica. Tra siccità e  crisi economica, il governo di Kaïs Saïed ha trovato nei migranti sub sahariani il capro espiatorio. Utilizzando temi, come quello della sostituzione etnica, cari alle destre nostrane

Hassine Rehili, esperto in gestione e sviluppo delle risorse presso la Facoltà di Scienze di Tunisi, non ha dubbi. L’estate che è quasi alle porte sarà l’estate della sete. La definisce così lui stesso, in una dichiarazione ripresa dall’Agenzia Tap. E che non fa che confermare le preoccupazioni per la situazione del Paese nordafricano, in pieno collasso economico, come già da mesi segnalano gli analisti.

«L’attuale situazione idrica nel Paese è molto critica, i recenti tagli idrici in diverse regioni, operati senza preavviso, sono molto logici nel contesto della gestione delle risorse idriche», spiega Rehili, secondo il quale le regioni meridionali e centrali non si riforniscono dalle dighe, ma dalle falde acquifere, il che espone queste fonti a uno sfruttamento eccessivo che minaccia la loro capacità di rinnovarsi.

È, a quanto pare, la prima volta che la Tunisia si trova in una situazione così critica, a causa del deficit di precipitazioni registrato durante lautunno e linverno appena trascorsi. Un deficit che ha avuto un forte impatto sulle riserve delle dighe, portando il tasso di riempimento addirittura al 17% nella diga di Sidi Salem (Testour-Bé), la più grande del Paese e le cui riserve non sono mai diminuite così tanto da quando è entrata in funzione negli anni ’80.

In cattive acque

Durante la recente Conferenza delle Nazioni Unite sullacqua, a New York dal 22 al 24 marzo 2023, è stata evidenziata la delicata situazione delle risorse idriche nel mondo, a causa delleccessivo sfruttamento delle risorse disponibili e degli effetti del cambiamento climatico. Secondo Hassine Rehili, una delle raccomandazioni della conferenza era quella di destinare circa 300 miliardi di dollari per lattuazione delle misure per garantire laccesso pubblico allacqua entro il 2050. L’esperto, nella sua intervista alla Tap, si rammarica anche che la Tunisia non abbia negli ultimi 50 anni razionalizzato la cultura dellacqua e politiche di conservazione di questa risorsa vitale. Il Paese si è rivolto invece verso coltivazioni che ne consumano grandi quantità e sono destinate anche allesportazione. «È ora di rivedere tutto, di dare priorità all’acqua potabile e di tagliare definitivamente le attività agricole destinate all’esportazione che consumano grandi quantità di acqua». Rehili ha anche sottolineato lo spreco di acqua da parte del settore industriale, le scappatoie legali in questo settore e lassenza di controlli.

Guarda il video di France24 sulla Tunisia

La Tunisia di Saïed, un paese al collasso

La situazione idrica del paese nordafricano, ampliata dagli stravolgimenti climatici, arriva in un momento drammatico, con l’opposizione in piazza contro l’ormai consolidata deriva autoritaria del governo di Kaïs Saïed. L’ex professore di diritto costituzionale, presidente in carica dal 2019, nel 2021 si è attribuito pieni poteri costituzionali ha revocato membri del governo e sciolto il Parlamento. Nel 2022, tramite un improbabile referendum, ha fatto adottare una nuova costituzione, basata sullo strapotere dell’esecutivo. Di fatto un colpo di stato, come da mesi segnalano gli oppositori. Tutto questo in un paese già allo stremo dopo gli anni di pandemia che hanno dimezzato il turismo, e il duro colpo all’approvvigionamento di grano e cereali, alimenti fondamentali per la dieta locale, dovuto alla guerra in Ucraina, paese dal quale la Tunisia importa l’84% di grano tenero e il 50% di grano duro e orzo.

Il presidente tunisino Kaïs Saïed
Il presidente tunisino Kaïs Saïed

L’esplosione razzista: una tempesta perfetta

Un paese in cui, mentre i negoziati con il Fondo Monetario Internazionale per una nuova tranche di aiuti si arenano e linflazione continua ad aumentare, si fa sempre più spazio la violenza razzista istituzionalizzata. A fronte di una situazione economico sociale drammatica (basti pensare che la percentuale dei giovani che lavorano nel settore informale, senza protezione sociale, è passata dal 33% nel 2013 al 42% nel 2019, e in mancanza di dati più attuali si ritiene sia aumentata dopo la crisi pandemica), Kaïs Saïed, insieme al Partito Nazionalista, ha trovato negli immigrati africani sub sahariani, sa sempre presenti nel paese per motivi di lavoro o di studio, il capro espiatorio perfetto. Il 21 febbraio scorso, durante una riunione del Consiglio per la sicurezza nazionale, il presidente ha parlato di «orde di migranti irregolari provenienti dallAfrica subsahariana» arrivati in Tunisia «con la violenza, i crimini e i comportamenti inaccettabili che ne sono derivati»: una situazione “innaturale, parte di un disegno criminale per «cambiare la composizione demografica» e fare della Tunisia «un altro stato africano che non appartiene più al mondo arabo e islamico».

Africani sub sahariani e sostituzione etnica: una storia già sentita

È la teoria del Grand Replacement, della sostituzione etnica cara alle destre xenofobe europee, utilizzata sapientemente anche in Italia nelle campagne elettorali di Lega e Fratelli d’Italia, ora al governo. La paura della perdita d’identità “bianca musulmana”, sostituita da quella nera, sub sahariana ha scatenato la tempesta perfetta: un’ondata di attacchi contro gli africani neri, con folle di facinorosi scesi in strada a caccia di “neri” (…ma del resto tutto il mondo è paese, e come non pensare alle chat fasciste del vicesindaco Nicola Lodi della civilissima Ferrara?). Migranti, studenti e richiedenti asilo malmenati o arrestati senza alcun motivo e espulsi. Una situazione che spinge molti a partire dalle coste tunisine: negli ultimi tre mesi sarebbero stati oltre 12mila.

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Le coste nordafricane e noi

Da questa parte del Mediterraneo, intanto, dopo i morti di Cutro, i riflettori sono puntati sul Nord Africa. La premier Giorgia Meloni al vertice Ue ha detto che se crolla la Tunisia lItalia deve aspettarsi larrivo di 900 mila persone. Un tam tam allarmista, funzionale alle scelte governative, come la recente dichiarazione di stato d’emergenza nazionale. Che lo stanziamento dei 5 milioni di euro previsti dal Fondo per le emergenze nazionali possano essere utilizzati per creare misure di accoglienza efficaci, dignitose, inclusive e utili, è lecito dubitare, dati i precedenti del pur giovane esecutivo in carica. Nel frattempo la crisi idrica che ha colpito la Tunisia potrebbe essere la proverbiale goccia che fa traboccare un vaso già stracolmo.

 

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Valentina Gentile
Nata a Napoli, è cresciuta tra Campania, Sicilia e Roma, dove vive. Giornalista, si occupa di ambiente per La Stampa e di cinema e società per Libero Pensiero. Ha collaborato con Radio Popolare Roma, La Nuova Ecologia, Radio Vaticana, Al Jazeera English, Sentieri Selvaggi. Ha insegnato italiano agli stranieri, lingua, cultura e storia del cinema italiano alle università americane UIUC e HWS. È stata assistente di Storia del Cinema all’Università La Sapienza di Roma. Cinefila e cinofila, ama la musica rock, i suoi amici, le sfogliatelle e il caffè.

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