L' Ecosistema Relazionale Digitale è un’opera dinamica della mostra: un dispositivo che riporta i punti di vista del pubblico. Il viola è il Maxxi che si esprime sulle opere e sugli artisti. Il bianco è il pubblico che si esprime interagendo con le opere (Foto: Dafne Crocella)

Interazioni d’arte, al Maxxi un’esperienza immersiva fra reale e virtuale

Si intitola “What a Wonderful World” e permette ai visitatori di rappresentare, attraverso supporti digitali, il proprio approccio alle opere dei 15 artisti internazionali esposte. Così il loro sguardo, attraverso un complesso algoritmo, diventa parte del museo. A Roma, fino al marzo 2023

Lo scorso 5 ottobre Giorgio Parisi ha vinto il Premio Nobel per la fisica con gli algoritmi di flocking. Avremmo mai immaginato che lo stesso algoritmo sarebbe diventato nel giro di pochi mesi il tool di creazione della prima opera d’arte relazionale digitale della collezione del Maxxi, il Museo delle Arti del XXI secolo? Questo è quanto è avvenuto grazie a un lavoro di squadra multidisciplinare durato otto mesi e sfociato nella mostra What a Wonderful World visibile a Roma fino al 12 marzo 2023.

 

 

La mostra, dall’intrigante e provocatorio titolo, è formata dai lavori di 15 artisti internazionali: Micol Assaël, Ed Atkins, Rosa Barba, Rossella Biscotti, Simon Denny, Rä di Martino, Franklin Evans, Thomas Hirschhorn, Carsten Höller, Liliana Moro, Olaf Nicolai, Jon Rafman, Tatiana Trouvé, Paolo Ventura, James Webb. E realizza un percorso immersivo ed esperienziale legato alle tematiche più attuali delle interazioni tra mondo fisico e mondo virtuale. Si accede al percorso attraverso il Perpetualstudio di Evans (immagine nel post Facebook in apertura, ndr): una stanza immersiva che è studio d’artista e ingresso alla mostra, una sorta di attivatore dei nostri neuroni gps, in grado di ricordarci che stiamo entrando nel mondo dell’arte e che ogni opera nasce da un processo che è sia concettuale che fisico e ha una sua stanza di gestazione.

 

Oriana Persico, cofondatrice del centro di ricerca “Her: she loves data”

 

L’esperienza fisicamente immersiva trova la sua emblematica eco nell’Aquarium di Holler, dove ci si può immergere in un mondo subacqueo osservando pesci che nuotano intorno alla nostra testa, o ancora nella stanza di Assaël dove un generatore Kelvin accoglie il visitatore con il lento gocciolare d’acqua, il tortuoso percorso dei fili di rame e lo scoppio di una scintilla. L’indagine sul rapporto con lo spazio si arricchisce del lavoro di Barba con il suo Free Post Mersey Tunnel, una scultura ambientale composta da un labirintico intreccio di tubi di metallo. Le interazioni tra mondo fisico e mondo virtuale sono particolarmente evidenti nei video di Atkins e Rafman. In “The Worm” l’avatar dell’artista Ed Atkins parla al telefono con la madre mescolando un livello intimo confidenziale a un piano asettico e virtuale, mentre in “Counterfeit Poasts” Ratman esplora il subconscio collettivo che scaturisce dal mondo online attraverso una video immersione in una realtà simulata.

 

 

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Ma l’opera che rende unica questa mostra è il prodotto della mostra stessa e della sua interazione con il pubblico.

Approccio ecosistemico

Durante il precorso espositivo sono state collocate quattro postazioni di touch screen dove il pubblico, in forma del tutto anonima e non estrattiva dei dati, ha la possibilità di scansionare il barcode del proprio biglietto, entrare nel sistema e rispondere a quattro gruppi di domande suddivise secondo i macro concetti di tempo, spazio, esperienza, significato. Le risposte sono processate in tempo reale da un algoritmo e vanno a creare un’ultima opera che è un effettivo e visibile ponte di passaggio tra esperienza empirica personale e sua restituzione dopo una elaborazione digitale. L’opera finale è visibile su due schermi, uno all’inizio e uno alla fine del percorso espositivo della galleria Uno e si tratta di un prototipo dell’Ecosistema relazionale digitale, ossia un dispositivo interattivo che riporta in tempo reale le interazioni del pubblico con le opere in mostra.

 

Les indéfinis di tatiana Trouvé (Foto: Dafne Crocella)

 

Il progetto è stato creato dal centro di ricerca HER: She Loves Data e ha coinvolto ben sette uffici e oltre 40 persone in un processo sinergico multidisciplinare che mostra concretamente il risultato di un approccio ecosistemico. Ecosistemica è la mostra stessa in quanto rappresenta, con l’opera finale, l’interazione di più presenze, mostrando come nell’era contemporanea si sia ormai superato il concetto di opera d’arte come mero oggetto, e ci si sia inoltrati nel territorio sperimentale e mutevole dell’esperienza interattiva.

Relazioni digitali

«Dire che questo ecosistema che vediamo è una nuova strategia per il museo è il vero cuore del progetto. Dire che lo sperimentiamo oggi come prototipo dentro una mostra significa che questa mostra è un esperimento. Nello spirito di collaborazione tra arte e scienza. Museo, ospiti, artisti, tutti faranno parte di questo esperimento» ha sottolineato Oriana Persico, fondatrice insieme a Salvatore Iaconesi, del centro di ricerca HER. Così il museo, gli ospiti e gli artisti interagiscono nella creazione dell’Ecosistema Relazionale Digitale, opera in continuo mutamento che accoglie i punti di vista del pubblico e li restituisce su uno schermo con un sistema visivo bicromatico: viola e bianco. Il viola è il Maxxi che si esprime sulle opere e sugli artisti. Il bianco è la novità: il pubblico che si esprime relazionandosi con l’opera generando e co-creando la vita dell’opera stessa. Questo significa che i dati espressi dal pubblico diventeranno parte della collezione del Maxxi esattamente come già lo sono le opere.

 

 

Tutto ciò che dicono i curatori, tutto ciò che esprimono gli artisti è già parte del museo. Ora, per la prima volta, la possibilità di scrivere una storia connettiva oltre che collettiva si apre, lasciando effettivamente spazio anche allo sguardo del pubblico. Il biglietto serve anche per un secondo tipo di interazione: sul secondo touch screen, nella zona chiamata Agorà alla fine del percorso espositivo, è possibile, scansionando il proprio bar code, vedere la storia della propria interazione con la mostra.

Segni nel futuro

La nostra presenza, la nostra opinione, il nostro interesse o disinteresse su una data opera diventano quindi parte integrante dell’opera finale. Questo inevitabilmente ci pone davanti all’importanza del nostro essere consapevolmente presenti nelle nostre azioni e nei nostri giudizi, in quanto questi lasciano un segno indelebile che resterà nel tempo, all’interno di un museo come in qualsiasi altro ambito della nostra vita.

Guarda il video di presentazione della mostra

 

I puntini bianchi generati dalla nostra interazione con l’opera resteranno nella collezione Maxxi e saranno visibili anche negli anni. L’arte contemporanea ci ha sempre raccontato lo sguardo come qualcosa di attivo, ponendo l’osservatore come elemento essenziale dell’esperienza creativa e rendendolo spesso co-partecipe di un processo che richiede la sua partecipazione. Attraverso questo Ecosistema Relazionale Digitale, tutto questo diventa visibile. Come sottolinea il curatore, Bartolomeo Pietromarchi:

 

 Bartolomeo Pietromarchi, critico d'arte
Bartolomeo Pietromarchi, critico d’arte, è il curatore della mostra What a Wonderful World

 

«Questo è uno straordinario strumento per avvicinare il pubblico alla percezione di ciò che vede, a pensare, a cercare significati. Quindi già di per sé è uno strumento di straordinario interesse in termini di approfondimento dell’esperienza del visitatore».

Saperenetwork è...

Dafne Crocella
Dafne Crocella
Dafne Crocella è antropologa e curatrice di mostre d’arte contemporanea. Dal 2010 è rappresentante italiana del Movimento Internazionale di Slow Art con cui ha guidato percorsi di mindfulness in musei e gallerie, carceri e scuole collaborando in diversi progetti. Insegnante di yoga kundalini ha incentrato il suo lavoro sulle relazioni tra creatività e fisicità, arte e yoga.
Da sempre attiva su tematiche ambientali e diritti umani, convinta che il rispetto del proprio essere e del Pianeta passi anche dalla conoscenza, ha sviluppato il progetto di Critica d’Arte Popolare, come stimolo e strumento per una riflessione attiva e consapevole tra essere umano, contemporaneità e territorio. È ideatrice e curatrice di ArtPlatform.it, piattaforma d’incontro tra creativi randagi.

Sapereambiente

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