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Metti in quarantena la quarantena. Il disco dei Pavement, dieci anni dopo

Riascoltiamo “Quarantine the past”, una raccolta del gruppo californiano, icona della musica indipendente americana. L’ironia caratteristica della band, a tratti velata da una leggera malinconia, straordinariamente attuale

La quarantena è da poco terminata. Si torna poco alla volta a “uscire”. Ma riusciremo a mettere in quarantena il passato? Saremo capaci di attenerci al distanziamento sociale, per mantenere a distanza di sicurezza un eventuale nuovo lockdown? E se sì, riusciremo mai ad abituarci, almeno fino a quando non verrà trovata una cura o un vaccino, a questa nuova “normalità”? C’è un disco con il quale possiamo provare ad affrontare queste incognite con un po’ di leggerezza. È uscito nel 2010, e per una strana congiunzione astrale contiene canzoni che si agganciano in modo singolare con la realtà che stiamo vivendo. A cominciare dal titolo. 

 

 

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“Quarantine the past” è un atipico greatest hits dei californiani Pavement, alfieri e “prime movers” di quel movimento low-fi nato e sviluppatosi nei primi anni ’90 e diventato a suo modo centrale nello sviluppo delle nuove direttive del rock alternativo dopo la consunzione naturale della fiamma del grunge. La raccolta conteneva brani pubblicati tra il 1989 e il 1999, e anticipò un breve tour di reunion della band, culminato al Festival Primavera Sound di Barcellona, già all’epoca frequentatissimo, e negli ultimi anni assurto allo status di evento imperdibile per gli appassionati di musica rock, elettronica e d’avanguardia. 

Quella del Primavera Sound è un’altra coincidenza singolare: lo scorso anno, in tempi non sospetti, il tema del Festival era proprio quello di una “nuova normalità”. Una nuova normalità che dovremo inventarci a breve e che quasi certamente porterà alla cancellazione dell’edizione 2020 della celebre manifestazione musicale. Dove quest’anno era previsto come evento clou proprio un concerto dei Pavement, riuniti di nuovo per l’occasione, a dieci anni dall’ultima apparizione. Ma torniamo al disco.

Ritroviamo, condita con l’ironia caratteristica della band americana, l’attesa spasmodica per la riapertura di barbieri/parrucchieri per il tanto agognato taglio o la tinta per nascondere la ricrescita in Cut your hair: “Darlin’ don’t you go and cut your hair/Do you think it’s gonna make him change?”. 

Un’altra coincidenza singolare, almeno per noi italiani, è Two states, che ci ricorda addirittura la nuova divisione tra nord e sud a parti invertite che il Covid-19 potrebbe causare. Summer babe  ci fa pensare a come  sarà la nostra estate con lettini e tavolini sommersi dal plexiglass messo a mo’ di novello muro di Berlino: “Every time I sit around I find that I’m shocked”. E poi c’è la vita a distanza come unica soluzione cantata in Range Life ,”I want a range life/If I could settle down/If I could settle down/Then I would settle down”,  e ci sono gli appuntamenti ai grandi centri commerciali evocati in Date with Ikea.

Heaven is a Truck  ci fa addirittura rimpiangere quelle volte in cui un camion o una macchina lenta ci ostacolava su una strada impervia proprio nel momento in cui andavamo di fretta: “Heaven is a truck/It got stuck/On the breezeAsked the driver nicely/I need a lift?”. Infine i versi di Gold Soundz, “Because you’re empty and I’m empty/And you can never quarantine the past”, che danno il titolo al disco e voce alle nostre speranze di mettere in quarantena questa quarantena.

Saperenetwork è...

Massimo Giorgi
Massimo Giorgi
Nasce nel 1971 in un paese della provincia di Roma dove si incrociano ferrovia, autostrada e la via Casilina. Ex musicista-contabile, a tratti ancora solo musicista, è appassionato di musica rock ai limiti del patologico.

Sapereambiente

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