Quercia delle steghe (Foto: Abruzzo Avventure)

La “Quercia delle streghe” di Loreto Aprutino era l’albero monumentale più grande della provincia di Pescara e, per grandezza del fusto, tra le più grandi d’Abruzzo: una circonferenza di 6,40 metri. Una roverella (quercus pubescens) di cui le colline abruzzesi sono ricche: le roverelle sono gli alberi monumentali dalla chioma più ampia.

La regione Abruzzo è la seconda regione italiana per quantità di alberi monumentali.

«Sono esseri viventi all’apice di un percorso evolutivo. Perdere queste specie significa perdere un patrimonio genetico di conoscenza e di adattamento alla Vita sulla Terra, un patrimonio naturale di cui non comprendiamo tutti i legami strettissimi che ci riguardano ma da cui dipende la nostra sopravvivenza» scrivono Italia Nostra Abruzzo e Wwf Abruzzo. Eppure questa ricchezza si va perdendo, come nel caso della Quercia delle streghe. Documentata nei primi censimenti forestali degli alberi monumentali già negli anni Ottanta, era da seicento anni parte attiva della storia del luogo in cui sorgeva, dei suoi abitanti animali e vegetali. Donava ombra, riparo, ossigeno, ghiande… In tempo di guerra il suo fusto cavo ha custodito segretamente grano e altri generi alimentari. Ha nascosto anche i partigiani.

 

Il fusto della Quercia delle Streghe (Foto: Abruzzo Avventura)

 

Leggiamo nel comunicato di Italia Nostra Abruzzo e Wwf Abruzzo: «Gli Alberi monumentali sono abbandonati a loro stessi. Un privato che ha la proprietà di un albero monumentale censito in base ai criteri attuativi della Legge 10/2013 non può, giustamente, disporne a proprio piacimento ma deve chiedere il permesso al Comune, ai Carabinieri forestali, alla Regione e al Ministero, tuttavia se l’albero ha dei problemi i costi di manutenzione sono completamente a suo carico, previa l’approvazione degli enti preposti alla “tutela”.

La Roverella è stata potata dei rami per una parte della sua circonferenza, lasciando solo un enorme ramo che infine è crollato sulla macchina del proprietario, parcheggiata proprio lì sotto.

La Roverella aveva bisogno di un aiuto per la sua Vita e non di essere manomessa da una potatura discutibile per la “sicurezza” umana. Dopo la Quercia di Roccamontepiano, abbattuta senza appello grazie a dei “refusi” che ne hanno permesso il taglio nel periodo del lockdown, è necessario attuare strategie concrete di conservazione se non vogliamo continuare a perdere gli alberi monumentali della nostra Regione.»

 

La quercia caduta (Foto: Massimo Bottini, Italia Nostra)

 

 

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