Aumento spese militari, il 55% degli italiani dice no

Dal sondaggio realizzato da SWG per Greenpeace, emerge contrarietà alla proposta del governo di portare al 2% del Pil le spese della difesa. Forte appoggio, invece, alla transizione energetica e alla tassazione degli extraprofitti nei settori armi e energia

Il 55 per cento degli italiani boccia la proposta del governo di aumentare di 12 miliardi il budget della Difesa entro il 2028. Solo il 23 per cento è favorevole, il 22 per cento non sa. È quanto emerge dal sondaggio svolto per Greenpeace Italia da SWG, società che realizza ricerche di mercato e di opinione. Dall’ 11 al 16 gennaio sono state somministrate 1.200 interviste tramite un questionario online (metodo Cawi, Computer assisted web interview) a un campione rappresentativo del totale della popolazione per area geografica, età, genere, grado di istruzione e partito votato all’ultima tornata elettorale. Oltre al no al riarmo, il sondaggio rivela un ampio favore per la transizione energetica e per la tassazione degli extraprofitti.

Tassare l’industria bellica

Oltre alla dissonanza con le intenzioni di riarmo annunciate dal Ministro della difesa, Guido Crosetto, come sottolineato da Greenpeace al momento della divulgazione dei risultati, lo sguardo critico sulle spese militari si rivela anche in un’altra delle risposte al sondaggio. Infatti il 69 per cento degli intervistati, più di due italiani su tre, si dichiara favorevole alla proposta di tassare gli extra profitti che le aziende del settore difesa stanno realizzando a causa della guerra Russia-Ucraina. Solo il 12 per cento è contrario.

 

 

 

Una risposta interessante a una domanda forse mai posta all’opinione pubblica, mentre la realtà va nella direzione contraria, se anziché tassare il settore militare lo si aiuta con soldi pubblici, come evidenziava il rapporto Enaat (European network against arms trade) dello scorso novembre. L’Unione Europea, spiegava il report, nel 2017 ha approvato il finanziamento alla ricerca militare e a nuove armi e tecnologie, di fatto infrangendo la “red line secondo cui la UE non dovrebbe finanziare attività militari col budget comunitario”. Di questi aiuti, il gruppo italiano Leonardo, azienda che figura nel curriculum del ministro Crosetto, risulta il primo beneficiario.

Le opinioni sull’energia

Ma torniamo al sondaggio: alla domanda dedicata agli investimenti sul piano energetico “alla luce dell’attuale situazione internazionale politica ed energetica” il 53 per cento degli intervistati risponde che l’Italia deve investire “esclusivamente” (27%) o “in gran parte” (26%) nella transizione energetica. Solo il 22 per cento ritiene che il Paese debba puntare “in egual misura tra fonti fossili e transizione energetica”. In pochi dichiarano di preferire che l’Italia investa “in gran parte” (6%) o “esclusivamente” (3%) nelle fonti fossili.

 

 

Anche la proposta di tassare al 100% gli attuali extra profitti delle aziende del gas e del petrolio e di utilizzare il ricavato per contrastare il caro bollette e investire in energie rinnovabili è raccoglie ampi consensi: l’80% è favorevole a investire gli extra-profitti contro il caro bollette, il 76% appoggia l’investimento nelle rinnovabili. Secondo Simona Abbate, campaigner Energia e Clima di Greenpeace Italia

«Questo sondaggio conferma che per la maggioranza degli italiani la priorità è fermare il caro bollette e potenziare le energie rinnovabili. I risultati ci danno indicazioni inequivocabili anche su come finanziare questo cambio di rotta, ovvero tassando gli extra profitti di chi sta guadagnando da questo periodo di crisi: non solo le aziende fossili, ma anche quelle della difesa»

 

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Greenpeace Italia ha lanciato una petizione per chiedere di tassare al 100 % gli extra profitti delle industrie fossili, redistribuirli alle persone per difendersi dal caro bollette e investire seriamente nelle energie rinnovabili.

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Francesca Santoro
Francesca Santoro
Laurea in comunicazione, specializzazione in marketing e comunicazione nel Non Profit. Per 15 anni mi sono occupata di comunicazione e formazione nell’ambito del consumo critico e del commercio equo, trattando temi quali l'impatto delle filiere a livello locale e globale su persone, risorse, territori, temi su cui ho anche progettato e condotto interventi nelle scuole. Dal 2016 creo contenuti online per progetti, associazioni, professionisti.

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