striscione per la liberazione di Assange

Giornata mondiale della libertà di stampa, un sit in per Assange davanti alla Rai

Il caso del giornalista australiano, che paga con la libertà personale le proprie rivelazioni sui crimini di guerra della Nato, evidenzia la fragilità del diritto fondamentale celebrato nella giornata di oggi. Free Assange Italia: «il giornalismo, per essere pienamente libero, deve essere pienamente tutelato». La diretta degli attivisti al sit in presso Viale Mazzini

 

Oggi, come proclamato dall’Unesco nel 1993, è la Giornata mondiale della libertà di stampa. Libertà negata a molti giornalisti nel mondo, vittime di violenza e persecuzioni nell’esercizio del proprio lavoro.

La stessa libertà è stata negata anche a Julian Assange, perseguitato dalle autorità statunitensi, britanniche e svedesi da 12 anni, ovvero da quando, nell’ambito del proprio lavoro di giornalista investigativo, ha rivelato i crimini di guerra della Nato in Afghanistan e in Iraq. Ora si trova in un carcere di massima sicurezza a Londra, in attesa di essere estradato negli Usa dove è molto probabile che venga incarcerato per il resto della vita.

 

 

Oggi pomeriggio a partire dalle 15:30 un sit in organizzato dal gruppo Free Assange Italia sarà davanti alla sede della Rai in Viale Mazzini. L’obiettivo è sollecitare maggiore attenzione dell’informazione pubblica sul caso. Gli attivisti evidenziano infatti che, quando la Westminster Magistrates’ Court di Londra ha emesso l’ordine formale di estradizione negli Usa per Assange, il 20 aprile, la rai ha dedicato al fatto solo un servizio di 21 secondi (Tg3) e non ha dato alcuna notizia della manifestazione a Bruxelles, svoltasi lo scorso 23 aprile, contro l’ordine di estradizione.

Eppure l’eventuale estradizione non riguarderebbe solo la vita di Assange ma anche il diritto alla conoscenza e in generale la condizione dello stato di diritto. Potrebbe diventare un “precedente” di enorme impatto sul giornalismo investigativo libero. Quelle rivelate da Assange erano infatti informazioni di interesse pubblico sottoposte – illegittimamente – al segreto di Stato per occultare reati e assicurare ai responsabili l’impunità.

«D’ora in poi gli Stati Uniti potrebbero incriminare qualsiasi giornalista in qualsiasi paese del mondo che osasse rivelare fatti criminali imbarazzanti o compromettenti, per quanto abusivamente messi sotto segreto per tenerli nascosti al pubblico e per lasciare impuniti i colpevoli», scrivono gli attivisti nell’appello alla Rai, e ancora: «Ricordiamo che il giornalismo, per essere pienamente libero, deve essere pienamente tutelato».

Se i media del mondo si attivassero nel denunciare il rischio di questa decisione britannica, il governo del Regno unito potrebbe (ne ha facoltà) non concedere un’estradizione nonostante il nulla osta concesso dalle corti, come accaduto in altre occasioni. Ed è questa la richiesta rivolta dagli attivisti al sistema informativo italiano.

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Redazione
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