“Vivere nel mondo reale è la più grande ispirazione”. Intervista ad Andrea Satta
Il musicista, pediatra e frontman dei Têtes de Bois, atteso al Poetry Village per una performance insieme a Maria Grazia Calandrone, racconta il suo approccio all’arte. Che passa attraverso l’immersione concreta e quotidiana nella realtà
Andrea Satta, cantautore, pediatra nella periferia romana e frontman dei Têtes de Bois, presenta il suo primo album solista Niente di nuovo tranne te, dove intreccia storie di vita reale, poesia e impegno sociale. Dalla musica alla bicicletta, dal teatro ai progetti sostenibili, un percorso artistico fuori dagli schemi tra viaggi poetici e iniziative culturali. Con Maria Grazia Calandrone, sarà tra i protagonisti al Poetry Village, per un dialogo tra poesia e impegno sociale.
Ogni giorno sei immerso nella realtà della periferia romana, tra la tua attività di pediatra e quella di cantautore. In che modo questo contatto quotidiano con la vita reale e concreta ha influenzato la tua scrittura musicale e poetica, specialmente nel tuo primo album solista “Niente di nuovo tranne te”?
Ho la fortuna di vivere la realtà quotidiana, di incontrare il mondo ogni giorno. È come un film che scorre davanti ai miei occhi, e questo mi dà lo spunto per rimanere ancorato alla concretezza delle cose. Anche se poi la canzone, per esempio, riesce a sintetizzare tutto questo in una forma artistica. Vivere nel mondo reale è una fortuna, perché mi permette di sperimentare continuamente emozioni che vanno dalla tristezza alla gioia, dalla speranza alla fantasia.
Sei anche un pediatra e hai portato la tua esperienza di medico nel tuo lavoro artistico. Come la tua attività medica influenza la tua musica, e viceversa? Vedi una connessione tra il prendersi cura degli altri come medico e come artista?
Assolutamente sì. Lavorare con i bambini è un’esperienza straordinaria perché i bambini sono, in un certo senso, artisti naturali. Se avessi scelto una specializzazione diversa dalla pediatria, non so se il mio percorso sarebbe stato altrettanto stimolante. In ambulatorio bisogna saper interpretare un ruolo, quasi come in teatro, perché i bambini ti pongono continuamente delle sfide creative. Tra il mondo dell’arte e quello della medicina ci sono molte connessioni. In ambulatorio, come sul palco, bisogna saper interpretare, creare un rapporto di fiducia, trasmettere emozioni. È una forma di teatro, un continuo scambio di energie tra chi dà e chi riceve.
Hai spesso parlato dell’importanza del racconto orale e della narrazione come forma di connessione umana. Come pensi che queste pratiche possano essere preservate in un mondo sempre più digitale e veloce?
Penso che sia fondamentale far capire che non bisogna demonizzare il mondo digitale, ma nemmeno sostituirlo completamente al contatto umano. Il rischio è che la tecnologia ci faccia dimenticare il valore dell’ascolto, della parola condivisa, del racconto che nasce dall’incontro tra persone. Non dobbiamo condannare il digitale, ma usarlo come uno strumento, non come un fine. Quando vedo pubblicità che mostrano paesaggi bucolici, biciclette, scene di vita semplice, capisco che anche il marketing riconosce il bisogno di una realtà più autentica. Eppure, nella realtà di tutti i giorni, i nostri figli trascorrono ore davanti ai dispositivi elettronici. Allo stesso modo, dobbiamo imparare a trovare il giusto equilibrio: usare la tecnologia senza rinunciare a quei momenti di incontro umano che ci arricchiscono, che ci fanno sentire vivi e connessi. Dobbiamo trovare un modo per convivere con la tecnologia, senza abbandonare le pratiche di connessione umana che ci arricchiscono.
Sei noto per il tuo impegno nelle periferie, portando musica e poesia in luoghi spesso dimenticati dalle istituzioni culturali. Cosa ti ha spinto a intraprendere questa strada e quali sono stati gli incontri o le esperienze che ti hanno maggiormente segnato?
La periferia è il luogo dove la città si mette a nudo, dove non ci si può fare sconti. Le persone vivono con una forza e una convinzione incredibili. Nel mio ambulatorio vedo giovani famiglie che iniziano ogni giorno una nuova lotta. Mi affascina condividere i loro sogni, vivere con loro e vedere giovani coppie con in braccio un bambino che cercano di costruire una vita migliore, anche se non sanno da dove partire. Gli incontri più significativi sono stati con le persone che vivono in queste realtà: giovani famiglie che ogni giorno lottano per un futuro migliore, ragazzi che non hanno mai visto un teatro ma che sognano di diventare artisti, anziani che raccontano storie di un passato difficile ma pieno di dignità. Sono queste esperienze che mi hanno segnato e spinto a continuare su questa strada, per non tradire la fiducia e l’affetto di chi ho incontrato lungo il cammino. È un’esperienza che mi ha arricchito molto e che non vorrei mai tradire.
Hai ideato il “Palco a Pedali”, un progetto unico che unisce musica, sostenibilità e partecipazione attiva del pubblico. Cosa ti ha ispirato a creare questo format, e come vedi il ruolo dell’arte nell’educazione alla sostenibilità ambientale?
Il “Palco a Pedali” nasce dall’idea di una sostenibilità concreta e partecipativa, dalla mia convinzione che l’arte possa e debba avere un ruolo attivo nell’educazione alla sostenibilità. Mi piace l’idea di unire la musica con un gesto semplice ma potente come quello di pedalare, perché credo che la bicicletta rappresenti una soluzione ecologica e salutare per molti dei nostri problemi: dall’inquinamento alla sedentarietà. Durante questi spettacoli, il pubblico pedala per generare l’energia necessaria a far funzionare il palco, diventando parte integrante dello spettacolo. È un modo per dimostrare che anche un piccolo gesto può avere un grande impatto. Vorrei che chi partecipa a questi eventi tornasse a casa con la sensazione che qualcosa è cambiato, che ogni scelta quotidiana può contribuire a un mondo più sostenibile.
Al Poetry Village salirai sul palco insieme a Maria Grazia Calandrone, due voci diverse ma entrambe radicate in un impegno sociale e poetico. Come ti stai preparando per questo incontro, e cosa speri di trasmettere al pubblico attraverso questa condivisione artistica?
Amo molto il lavoro di Maria Grazia, la sua poesia, il suo modo di scrivere e di leggere. Abbiamo già condiviso il palco in passato e sarà una cosa molto spontanea. Io canterò delle canzoni, mentre lei leggerà i suoi versi. Non sarà uno spettacolo scritto a tavolino, ma un’esperienza aperta a ciò che accadrà in quel momento: umori, colori, suoni. È questo che mi entusiasma. Spero che il pubblico possa sentirsi parte di questa esperienza, portando a casa qualcosa che va oltre il semplice intrattenimento, un’emozione vera che nasca dal dialogo.
Saperenetwork è...
- Nata e cresciuta nella meravigliosa Ciociaria, sin da piccola sviluppa un amore smodato verso l'ambiente e il territorio. Durante gli anni di studi si avvicina sempre più al mondo del giornalismo, in particolare al giornalismo ambientale e culturale. Durante l'esperienza universitaria nel Dipartimento di Lettere dell'Università di Cassino contribuisce a far nascere la rivista Cassinogreen, oggi associazione con lo scopo principale di far avvicinare i giovani universitari e non solo al mondo green, di cui oggi è vicepresidente. Ha organizzato diversi webinar e seminari ospitando importanti esperti del settore. Nel 2020 inizia a collaborare come addetto stampa per l'ente territoriale del Gal Versante Laziale del Parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise. Laureanda magistrale in lettere moderne e studentessa di un master in Digital Communication, spera di migliorare le sue capacità comunicative per trasmettere ai suoi lettori lo stesso interesse per la sostenibilità.
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