Biodiversità e il bivio dell’umanità
Secondo il quinto Global Biodiversity Outlook i venti obiettivi del Protocollo di Nagoya non sono stati raggiunti. Sono a rischio 1.940 razze di animali domestici. E il 60% delle barriere coralline globali rischia di scomparire. Ma una nuova strategia in difesa del Terra potrebbe arrivare dal prossimo vertice Onu
Non sono stati raggiunti tutti i venti obiettivi (Aichi Target) in difesa della biodiversità sottoscritti nel 2010 con il Protocollo di Nagoya. A rivelarlo è il Global Biodiversity Outlook 5 (Gbo-5), pubblicato lo scorso 15 settembre dalla Convenzione sulla Diversità Biologica delle Nazioni Unite (Cbd). Secondo il Rapporto sono stati raggiunti parzialmente soltanto sei punti. Nelle testo, in particolare, si legge che più del 60% delle barriere coralline globali è minacciato a causa della sovrappesca, pesca illegale e distruttiva.
Humanity and nature are at a crossroads.
The Global Biodiversity Outlook assesses progress on #biodiversity goals and lays out 8 transitions needed to realize the vision of living in harmony with #nature.
Read the report ➡️https://t.co/ZnTCj1t6AY #GBO5 #Biodiversity2020 pic.twitter.com/31ZyD7QJ66
— UN Biodiversity (@UNBiodiversity) September 17, 2020
Sono considerate a rischio di estinzione 1.940 razze di animali domestici su un totale di 7.155, e la situazione non è conosciuta per altre 4.668. E per rigenerare le risorse biologiche utilizzate dall’umanità tra il 2011 al 2016 ci vorrebbero 1,7 “Terre”. I numeri del Gbo-5 preoccupano il Wwf, che ha fatto sapere: «In un anno in cui ci troviamo a combattere contro una pandemia globale, eventi climatici sempre più estremi, incendi devastanti e davanti al drammatico declino di molte specie, è necessario che i governi, insieme ai leader politici, alle imprese e alle comunità, agiscano urgentemente e concretamente per riequilibrare il nostro rapporto con la natura, ripristinando la diversità culturale (così importante anche per la conservazione della natura) e naturale del nostro pianeta».
L’associazione ambientalista con il Rapporto Living Planet 2020, pubblicato il 10 settembre, aveva già sottolineato che la distruzione della natura da parte dell’uomo sta avendo degli effetti devastanti sulla popolazione selvatica, sulla salute umana e sta modificando le nostre abitudini. Danni che si ripercuotono sul raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, a partire dalla riduzione della povertà e della sicurezza alimentare, con un costo pari a 479 miliardi di dollari l’anno. Raggiungendo i 10 trilioni di dollari entro il 2050.
Secondo Elizabeth Maruma Mrema, segretaria esecutiva della Cbd: «L’umanità è a un bivio del suo cammino per quel che riguarda l’eredità che vogliamo lasciare alle future generazioni. Si stanno attuando buone pratiche a livello planetario e dobbiamo celebrarle e incoraggiarle. Tuttavia, il tasso di perdita della biodiversità ha raggiunto un livello senza precedenti nella storia dell’umanità e le pressioni si stanno intensificando». E ha aggiunto:
«Benché il tempo stringa, la pandemia ci ha anche dimostrato che i cambiamenti trasformatori possono essere effettuati quando la situazione lo impone. Le decisioni e il livello delle misure che prendiamo oggi avranno importanti conseguenze, sia nel bene che nel male, per tutte le specie, compresa la nostra».
Una occasione per cambiare rotta però è vicina. Fra pochi giorni, il 30 settembre, si terrà la 75a sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. In quella circostanza i decisori politici e la società civile saranno chiamati a redigere un piano d’azione globale post-2020 per la biodiversità. Si discuterà dei progressi compiuti sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’agenda 2030, dell’Accordo di Parigi sul clima e della Convenzione sulla Diversità Biologica (Cbd).
“As we mark the 75th anniversary of the United Nations, it is clear that the world has high expectations of us.”
— @antonioguterres at opening of historic #UNGA session on Tuesday. https://t.co/G0rE1qf0gL pic.twitter.com/HoLoQTS6jy
— United Nations (@UN) September 16, 2020
E ci saranno le condizioni per rilanciare l’approccio One Health, che tiene conto del legame indissolubile fra salute umana, salute animale e salute dell’ecosistema. Per Greenpeace è soprattutto l’ambiente marino che dovrà essere al centro dei colloqui sulla tutela della biodiversità. Perché il ghiacciaio marino dell’Artico ha già perso due terzi del suo volume. La sua estensione minima è pari a una superficie di 3,74 milioni di chilometri quadrati, probabilmente raggiunta il 15 settembre.
La seconda più bassa mai registrata. Laura Meller della campagna Oceani di Greenpeace Nordic, a bordo della nave Arctic Sunrise, ha chiarito:
«Oceani sani sono cruciali per alcune delle popolazioni più emarginate del mondo, che subiscono l’impatto della distruzione degli ecosistemi marini e dei cambiamenti climatici. Dobbiamo cambiare subito il nostro modo di prenderci cura l’uno dell’altro e del nostro Pianeta. Dobbiamo proteggere almeno il 30 per cento dei nostri oceani entro il 2030 anche per far fronte alla crisi climatica».
Saperenetwork è...
- Sono nato nel 1982 in Molise. Cresciuto con un forte interesse per l’ambiente.Seguo con attenzione i movimenti sociali e la comunicazione politica. Credo che l’indifferenza faccia male almeno quanto la CO2. Giornalista. Ho collaborato con La Nuova Ecologia e blog ambientalisti. Attualmente sono anche un insegnante precario di Filosofia e Scienze umane. Leggo libri di ogni genere e soprattutto tante statistiche. Quando ero piccolo mi innamoravo davvero di tutto e continuo a farlo.
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