Ad oggi, decenni di estrazione di petrolio e gas in Africa hanno alimentato i mercati esteri, impoverendo e inquinando il Continente

Il gas africano, business ipocrita d’Occidente

La guerra in Ucraina e i tagli al gas russo hanno spinto molti paesi ricchi a cercare fossili in Africa. Una corsa predatoria che per il segretario Onu, Antonio Guterres, è “delirante”. E il rischio è di peggiorare la situazione alimentare, energetica e finanziaria del Continente

Senza mezzi termini, delirante. Così Antonio Guterres, segretario generale dell’Onu, ha definito la corsa ai combustibili fossili, nuova ossessione delle maggiori economie del mondo, da quando è iniziata la guerra in Ucraina e il gas russo ha cominciato ad essere un ricordo lontano e imbarazzante, più o meno come le foto con strette di mano e abbracci a Putin e al suo drappello di oligarchi.

 

Per Antonio Guterres, Segretario generale Onu avviare nuovi progetti per l’estrazione di combustibili fossili è una «follia economica e morale»

 

Qualche giorno fa all’Austrian World Summit, conferenza sul clima di Vienna preludio alla prossima Cop, Guterres è intervenuto, insieme all’ex governatore e Robocop austriaco repubblicano della California Arnold Schwarzenegger, ad un incontro in occasione del 30esimo anniversario dell’Earth Summit di Rio de Janeiro. «La crisi energetica esacerbata dalla guerra in Ucraina ha visto un pericoloso raddoppio dei combustibili fossili da parte delle principali economie», ha esordito il segretario Onu. Il quale non ha avuto remore ad accusare i paesi più ricchi:

«I nuovi finanziamenti per l’esplorazione di combustibili fossili e le infrastrutture di produzione sono deliranti. Aumenteranno ulteriormente il flagello della guerra, dell’inquinamento e della catastrofe climatica».

Guterres, secondo il quale «l’unico vero percorso verso la sicurezza energetica, la stabilità dei prezzi dell’energia elettrica, la prosperità e un pianeta vivibile sta nell’abbandono dei combustibili fossili inquinanti, in particolare il carbone, e nell’accelerazione della transizione energetica basata sulle rinnovabili», si riferiva molto probabilmente e nemmeno troppo tra le righe anche alla dichiarazione della scorsa settimana di Mary Robinson, ex presidente della Repubblica d’Irlanda, nonché ex Alta Commissaria delle Nazioni Unite per i diritti umani. Secondo Robinson, avvocata e prima socialista a diventare negli anni novanta presidente del suo paese, come riporta il Guardian:

 

Mary Robinson, Commissaria delle Nazioni Unite per i diritti umani (Foto: Wikimedia Commons)

 

«L’Africa sta cercando di far sentire la sua voce sui propri bisogni di energia giusta ed equa e, naturalmente, ciò implica l’uso del gas come giusta transizione».

L’idea è che i 600 milioni di africani senza accesso all’elettricità e i 900 milioni che usano la biomassa o fornelli a olio sporco, potrebbero usare il gas come alternativa “meno inquinante”. «Deve esserci un certo margine di manovra per affrontare la povertà energetica in Africa e dare al continente una capacità di movimento più rapida». Un intervento che ha suscitato polemiche nei giorni della Conferenza di Bonn, altro appuntamento importante per i colloqui preparatori della Cop2, e nel pieno della polemica sulla tassonomia verde Ue, con le commissioni congiunte ambiente e economia al Parlamento europeo che hanno respinto proprio in queste ore la proposta di modifica sulla classificazione degli investimenti green, che avrebbe incluso anche gas e nucleare ( il voto finale in plenaria è previsto alla fine di luglio). Questa presa di posizione poi, suscita ancora più perplessità se si pensa che Robinson è stata anche inviata speciale per il clima Onu. E soprattutto se si ragiona in termini di logica: con i prezzi del gas alti e destinati a rimanere tali, e con la maggior parte delle potenziali riserve africane possedute o concesse in licenza da società straniere, sarebbe difficile mantenere il gas africano nel continente, piuttosto che venderlo al miglior offerente.

A chi gioverebbe dunque quel “certo margine di manovra” di cui parla la Robinson?

Non occorre andare troppo lontano. Basti pensare ai recenti viaggi in Algeria (con buona pace della Spagna), Congo e Mozambico del nostro presidente del Consiglio Draghi, insieme al ministro degli Esteri Di Maio e a quello della transizione ecologica Cingolani e all’immancabile amministratore delegato Eni Descalzi, quest’ultimo attivissimo al contempo nell’Egitto di Al-Sisi (con cui d’altra parte l’Italia non ha mai interrotto i rapporti, nonostante il caso Regeni) soprattutto dopo la scoperta del grande giacimento di gas Zohr.

 

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L’Italia è in buona compagnia in queste campagne d’Africa, con la Germania, altro grande “orfano” del gas russo, che sta “lavorando” con il Senegal. Mentre il Regno Unito prepara un progetto Gnl con il Mozambico. Proprio quest’ultimo progetto era stato pesantemente criticato da Mary Robinson prima del vertice Cop26 dello scorso anno. Nella stessa occasione l’ex presidente irlandese aveva definito le agevolazioni fiscali del Regno Unito per il petrolio e il gas del Mare del Nord “una forma di follia”. Qualcosa è evidentemente cambiato nel giro di pochi mesi nei pensieri dell’ex inviata Onu per il clima.

 

Friends of the earth in tribunale contro il governo Uk per il progetto del gas in Mozambico

 

Così, mentre l’Agenzia internazionale per l’energia  avverte che in futuro non dovrebbero entrare in produzione nuovi giacimenti di petrolio e gas se il mondo vuole limitare il riscaldamento globale a 1,5°C al di sopra dei livelli preindustriali, e l’ultimo rapporto Ipcc parla chiaramente di smettere con i fossili, “ora o mai più”, lo scorso maggio proprio il Guardian ha scoperto quasi 200 cosiddette “bombe al carbonio”, giacimenti di petrolio e gas che, se sfruttati, provocherebbero emissioni di gas serra che vanno ben oltre 1,5°C o 2°C di riscaldamento. Un numero assai rilevante si trova proprio in Africa. Il Continente, ormai da tempo mira delle manie espansionistiche di Turchia, Russia e Cina, che la guerra in Ucraina sta acuendo, si ritrova come sempre nella sua storia, al centro di una corsa predatoria. Paradossale, perché questa volta addirittura in nome dell’interesse degli stessi africani e della cosiddetta transizione ecologica.

 

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La spinta all’esplorazione dei giacimenti di gas trova chiaramente d’accordo non pochi leader africani, contenti di continuare a fare affari personali con i paesi ricchi. Ma sono in totale disaccordo i principali esperti del continente. Mohamed Adow, direttore del thinktank Power Shift Africa e vincitore nel 2020 del premio Climate Breakthrough, ha dichiarato al Guardian:

«Affinché gli africani raggiungano una vita dignitosa che l’accesso all’energia dovrebbe portare, non possiamo fare affidamento sul sistema fallito degli ultimi 200 anni. Dobbiamo scavalcare il nostro modo di pensare e investire in sistemi di energia rinnovabile distribuita che non avveleneranno i nostri fiumi, non inquineranno la nostra aria, non soffocheranno i nostri polmoni traendo profitto solo per pochi».

 

Per Mohamed Adow, direttore del thinktank Power Shift Africa, gli africani devono «investire in sistemi di energia rinnovabile distribuita» (foto: Flickr)

 

Dello stesso parere Nnimmo Bassey, il direttore della Health of Mother Earth Foundation in Nigeria: «Decenni di estrazione di petrolio e gas nel continente hanno alimentato i mercati esteri e solo infangato l’acqua, costruito violenza e lasciato le persone al freddo e all’oscurità». Bassey ha evidenziato l’esperienza della Nigeria, del Delta del Niger e del Mozambico, paesi ormai devastati dall’inquinamento e dal profitto di pochi mentre la popolazione locale si è solo impoverita. Omar Elmawi, coordinatore della campagna StopEACOP nell’Africa orientale, rincara la dose: «Dopo decenni di sfruttamento dei combustibili fossili in Africa, dobbiamo ancora migliorare la povertà energetica e i paesi hanno continuato ad annegarsi in prestiti insostenibili presi a causa della promessa di ricavi da combustibili fossili».

 

 

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Insomma, le parole della Robinson sono non solo inopportune, ma anche ben poco inerenti alla realtà. La definizione di Guterres, quindi, non fa una piega. D’altra parte il segretario Onu già a maggio si diceva preoccupato per la situazione dell’Africa. La guerra in Ucraina infatti, aveva dichiarato durante la sua visita in Senegal, sta aggravando una «tripla crisi alimentare, energetica e finanziaria» in tutto il continente africano. Basta dare una rapida occhiata all’ultimo rapporto Africa’s Pulse, studio semestrale della Banca Mondiale sullo stato di salute economico sociale del Continente, per capire quanto la guerra in Ucraina abbia aggravato una crisi endemica e già peggiorata da due anni di pandemia.

Le previsioni indicano un rallentamento della già debole crescita economica in un contesto caratterizzato da «molteplici e nuovi shock, elevata volatilità e incertezza».

 

Per Nnimmo Bassey, direttore fondazione nigeriana Health of Mother Earth, l’estrazione di petrolio e gas in Nigeria, Delta del Niger e Mozambico ha devastato le terre e impoverito le comunità locali (Foto: Flickr)

 

A queste si aggiungono le previsioni della Fao, secondo cui ci saranno oltre 35 milioni di tonnellate di cereali in meno rispetto allo scorso anno destinati ai paesi bisognosi, tra cui molti paesi africani, grossi importatori di grano russo e ucraino. Con l’aumento del prezzo del pane gli analisti temono ulteriori disordini e proteste di piazza, come d’altronde avvenuto lo scorso decennio con le primavere arabe. Uno scenario allarmante, in cui la prospettiva di intensificare le esplorazioni e le estrazioni di fossili assomigliano davvero ad un delirio.

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Valentina Gentile
Nata a Napoli, è cresciuta tra Campania, Sicilia e Roma, dove vive. Giornalista, si occupa di ambiente per La Stampa e di cinema e società per Libero Pensiero. Ha collaborato con Radio Popolare Roma, La Nuova Ecologia, Radio Vaticana, Al Jazeera English, Sentieri Selvaggi. Ha insegnato italiano agli stranieri, lingua, cultura e storia del cinema italiano alle università americane UIUC e HWS. È stata assistente di Storia del Cinema all’Università La Sapienza di Roma. Cinefila e cinofila, ama la musica rock, i suoi amici, le sfogliatelle e il caffè.

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