la sede del Rocky Mountains Institute

La nuova sede del Rocky Mountains Institute - fondato nel 1982 - è a Basalt, in Colorado, in alta montagna come la prima sede a Snowmass. Fuori -30°C e dentro 28°C senza consumare un dollaro in riscaldamento

Rocky Mountains Institute, 40 anni di utopie realizzate

Ingegneri, fisici, architetti. Una squadra di 90 scienziati cerca soluzioni ecologicamente corrette per mobilità, edilizia, agricoltura, uso delle energie. Un futuro a impatto zero è possibile, ci dice la bella storia del famoso istituto di ricerca del Colorado

L’acronimo RMI negli Stati Uniti è conosciuto quasi come il MIT di Boston. Così per capire di cosa si tratta andiamo a Snowmass in Colorado, appena sopra i duemila metri di altezza, e scopriamo il luogo dove nacque il Rocky Mountains Institute, un’ente non profit, privato e indipendente, per la ricerca più avanzata possibile in campo energetico e ambientale. Il RMI festeggia ora 40 anni di vita.

Fu fondato nel 1982 da due coniugi americani Amory, il marito, e Hunter, la moglie, Lovins il loro cognome. Due ambientalisti di massimo livello che hanno studiato, e continuano a farlo da tutta la vita, un futuro possibile, non invasivo, ecologicamente pulito.

Le biografie dei coniugi Lovins porterebbero via pagine di premi vinti sia nel campo dell’energia che in quello della fisica e della giurisprudenza. Una decina di lauree honoris causa, migliaia di pubblicazioni scientifiche, decine di libri tra cui Il Capitalismo naturale” e “Fattore 4“, quest’ultimo scritto con Ernst von Weizsäcker, vicepresidente del Club di Roma e fondatore del Wuppertal Institute tedesco.

 

 

Bioarchitettura per l’efficienza energetica

Per capire bene cosa sia il Rocky Mountains Institute bisogna per prima cosa andare a vedere dove fu costruito questo istituto di ricerca. Snowmass è un piccolissimo centro con un ufficio postale e poche case vicino ad Aspen, famosa località di sci degli Usa. Amory Lovins, che da giovane aveva studiato molto a Oxford ma che non aveva trovato modo di compiere da fisico ricerche sulle energie rinnovabili, tornato negli States cerca, lo spiegò lui stesso, «Il posto statisticamente più freddo possibile» e lo trova in quel piccolo villaggio nello Stato del Colorado. Ed è lì che, insieme al primo gruppo di architetti e ingegneri che si dedicano alle costruzioni a impatto zero (40 anni fa nessuno ne parlava), costruiscono un edificio che funziona a energia solare, non consuma se non quello che produce ed è capace di coltivare in pieno inverno al suo interno agricoltura biologica e biodinamica con il sole e acqua di sorgente. Ma c’è di più. Il loro vanto è quello di non usare nessun tipo di riscaldamento:

perché la bioarchitettura aiuta a coibentare tutta la parte costruita in modo che sia calda in pieno inverno – siamo sulle Montagne Rocciose – e fresca in estate. Non è fantascienza ma tecnologia estrema.

 

Amanti delle scommesse i Lovins coltivano mango, papaya e ananas 365 giorni all’anno. Ma questo è anche un divertimento tanto per stupire i visitatori che arrivano al RMI da tutti gli Stati Uniti. Amory e Hunter raccolgono un nutrito gruppo di scienziati, 90 attualmente, con cui si dedicano a progettare futuro. Nasce così la scommessa di ideare un’automobile – siamo negli anni Novanta – che consumi il meno possibile: 100, 150, 200 km con un litro?

Consuma poco e non inquina, l’automobile del RMI

Tutto è fattibile quando la squadra del RMI si mette al lavoro. Nasce così l’Hypercar, l’automobile che frantuma ogni record e che si basa sulla miglior qualità di materiali e il minor uso di suppellettili inutili. I ricercatori del Rocky Mountains Institute progettano auto elettriche, ibride, a idrogeno e inventano soluzioni impensabili per uscire dalla frenesia consumistica esageratamente invasiva. Riduzione drastica del peso, abolizione di metalli inutili, cromature, coloranti tossici. Insomma qualunque materiale viene usato dalle grandi marche automobilistiche va cambiato con quello che costa meno, non spreca, inquina zero.

E’ l’utopia che diventa realtà. I progetti del RMI vincono premi in tutto il mondo e ci sono decine e decine di aziende, anche tra le 500 più importanti del mondo, secondo il settimanale Fortune, che si rivolgono al RMI per trovare soluzioni ecologicamente corrette.

Jules Kortanhorst, attuale CEO del Rocky Mountains Institute

 

E’ il “Capitalismo Naturale“, nuova concezione ideata dai Lovins e pubblicata in un libro del 1999. E’ il “Fattore 4“, il libro del 1995 (pubblicato anche in Italia da Edizioni Ambiente nel 1998), in cui ci sono decine di esempi di architettura, agricoltura, urbanistica, mobilità, uso del territorio, sfruttamento energetico:

per ridurre l’impatto ambientale moltiplicando per quattro l’efficienza della produzione.

Ora il Rocky Mountains Institute ha il suo CEO: Jules Kortanhorst è il direttore esecutivo leader nel campo delle energie rinnovabili e tra i massimi studiosi dei cambiamenti climatici. Il RMI ha cambiato sede, a Basalt, sempre in Colorado, sempre in alta montagna. La costruzione è modernissima e il suo vanto è preciso: non si usa il riscaldamento. Con trenta gradi sotto zero fuori all’interno la differenza è di 58 gradi senza consumare neppure un centesimo di dollaro.

 

Montagne Rocciose, acquerello
Montagne Rocciose, originale di Fabrizio Carbone, acquerello

 

Negli anni centomila persone hanno visitato il RMI in Colorado. L’istituzione oggi ha uffici anche a New York, Pechino, OaklandAi Lovins e a tutti i protagonisti del Rocky Mountains Institute gli auguri di Saperambiente per i loro primi 40 anni di attività.

Saperenetwork è...

Fabrizio Carbone
Fabrizio Carbone
Giornalista professionista dal 1970, ha lavorato alla redazione romana de "Il Resto del Carlino" dal 1968 al 1972 (nel 1972 da New York), dal 1973 alla redazione romana de "La Stampa" fino al 1978 e alla redazione romana di "Panorama" dal novembre 1978 fino al 2002. All'inizio della sua attività si è interessato soprattutto di attualità, cronaca nera e giudiziaria. Dopo aver seguito inchieste giudiziarie, scandali politici e trame eversive (fino al rapimento e all'uccisione di Aldo Moro) ha riversato il suo interesse, negli ultimi vent'anni di attività, per lo più sulle tematiche legate alla cultura, all'ambiente e alla protezione della natura. Per la casa editrice Iperborea ha scritto le introduzioni dei primi cinque libri di Arto Paasilinna pubblicati in Italia. A partire dalla metà degli anni ottanta ha prodotto e diretto, insieme a Riccardo Truffarelli (gruppo 6 aprile, Perugia) numerosi documentari in Amazzonia, Costa Rica, Norvegia, Finlandia, Inghilterra, Italia per i programmi culturali della Rai3, tra cui Geo, Geo&Geo, il Viaggiatore. Ha diretto 6 speciali, tra il 2004 e il 2007, per la trasmissione Stella del Sud (Rai 1) in Etiopia, Tanzania, Amazzonia, Groenlandia, Norvegia, Mauritania. Dipinge da oltre 50 anni. La ricerca pittorica, olio su tela e acquerello su carta, spazia tra l'astrattismo naturalistico e il verismo che si rifà alla wildlife art anglosassone: dipingere dal vero animali e ambienti. Ha esposto ed espone in mostre collettive e personali in Italia e all'estero. È socio onorario dell'Aipan (associazione italiana per l'arte naturalistica) ed è tra i fondatori del progetto Ars et Natura, insieme ad un gruppo di artisti fra cui Concetta Flore, Federico Gemma, Graziano Ottaviani e Marco Preziosi, Stefano maugeri e Ale Troisi. Coinvolto da sempre nella protezione e nella conservazione della natura è stato tra i soci fondatori del Wwf Italia, consigliere nazionale della stessa associazione, nel 2002, ma anche, nei primi anni ottanta, di Legambiente e Lipu. È direttore responsabile di Greenpeace News. È stato insignito dal Presidente della Repubblica finlandese, signora Tarja Halonen, dell'ordine di Cavaliere della Rosa Bianca di Finlandia. Vive tra Roma e Kuusamo, Finlandia del Nordest.

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