Cuba, vaccini no-profit ai nastri di partenza

Nonostante l’embargo e la crisi, la solidarietà internazionale di Cuba in campo medico non si è mai fatta attendere. E dalla sperimentazione di vaccini anti-covid gratuiti per i paesi più poveri, arriva la conferma dell’eccellenza sanitaria cubana. Una lezione etica per il mondo intero

Nei primi giorni di una primavera che rimarrà nella storia, atterrava in Italia una brigata di 52 medici e infermieri cubani specializzati nel trattamento di pazienti colpiti dai virus. Mentre tutto era fermo e il nostro Sistema Sanitario al collasso, quella spedizione di solidarietà portava risorse competenti oltreché fiducia e speranza. Che Cuba fosse un’eccellenza in ambito sanitario, dovevamo quindi intuirlo già un anno fa. Ed ora, mentre la corsa all’immunità di gregge imperversa, l’isola socialista toglie ogni dubbio. 

 

La brigata dei 52 medici ed infermieri specializzati nel trattamento di pazienti colpiti dai virus e atterrati in Italia per combattere Covid-19
La brigata dei 52 medici ed infermieri specializzati nel trattamento di pazienti colpiti dai virus e atterrati in Italia per combattere la Covid-19

 

L’isola che cura tutti

Secondo i dati del New York Times, oltre il 6% dei vaccini contro il Sars-Cov-2 già arrivati in fase di sperimentazione clinica è prodotto proprio a Cuba. Sì, la stessa Cuba dell’embargo e della crisi socioeconomica. Ma queste condizioni, paradossalmente, sebbene sfavorevoli, sono state alla base dell’eccellenza sanitaria cubana. È, infatti, con la Rivoluzione che il governo, al grido di una sanità gratuita e universale, focalizzò le sue azioni sulla riorganizzazione del sistema sanitario, anche per raggiungere l’autonomia medica. Una tentativo di risolvere, almeno in parte, anche la povertà, trovato intelligentemente nella formazione di medici e ricercatori.

Solidarietà e formazione

Gli investimenti statali in salute pubblica passarono così dai 3,26 pesos pro-capite nel 1958 ai 17,84 pesos nel 1965. Fino ad arrivare al sistema sanitario attuale, paragonabile, in termini di qualità degli indicatori sanitari, a quello di paesi come la Norvegia, la Germania o la Svizzera. Non è quindi un caso che l’impegno dei medici cubani varchi frequentemente i confini dell’isola. Dal Cile devastato dal terremoto del 1960 fino alla pandemia odierna, passando per Haiti dilaniata dal colera e per il Sierra Leone in ginocchio a causa dell’ebola: la solidarietà cubana non si è mai fatta attendere. 

Contro la pandemia, i quattro candidati cubani

Ma la vera lezione arriva dalla ricerca sui vaccini. Attualmente sono quattro i candidati in via di sviluppo presso centri di ricerca cubani: Soberana 1 e Soberana 2, in sperimentazione all’Istituto Finlay de L’Avana, ed Abdala e Mambisa, in lavorazione al Centro per l’Ingegneria Genetica e la Biotecnologia. I primi due sono in una fase più avanzata: Soberana 2, in particolare, si appresta ad entrare nell’agognata fase III, quella in cui l’efficacia viene testata su larga scala. «Allo scopo – commentano all’Istituto Finlay – il vaccino è già in fase di produzione industriale e ciò significa che potrà essere prodotto su ampia scala. Questa fase rappresenta un’importante sfida tecnologica, la cui efficienza è direttamente correlata al raggiungimento dei livelli produttivi necessari per soddisfare la domanda».

 

Vaccini a subunità proteiche. Come funzionano?

Da un punto di vista metodologico i candidati vaccini cubani sono tutti basati su subunità proteiche. Contengono quindi alcune proteine tipiche ​​del coronavirus ma, a differenza degli altri già approvati, nessun materiale genetico. «I vaccini cubani sono vaccini a subunità – spiega il Dottor Rolando Pérez, Direttore di Scienza e Innovazione del BioCubaFarma Business Group e membro onorario dell’Accademia delle Scienze di Cuba – cioè basati su proteine ​​che compongono il virus e che vengono poi espresse mediante tecniche di Dna ricombinante. Altri vaccini, che possono essere sviluppati in minor tempo a partire dall’isolamento del genoma virale, sono basati su virus attenuati o contengono materiale genetico del virus, Dna o Rna».

 

Dottor Rolando Pérez, Direttore di Scienza e Innovazione del BioCubaFarma Business Group e membro onorario dell'Accademia delle Scienze di Cuba
Il dottor Rolando Pérez, Direttore di Scienza e Innovazione del BioCubaFarma Business Group e membro onorario dell’Accademia delle Scienze di Cuba

 

I vaccini a subunità, invece, prosegue lo scienziato, richiedono la conoscenza della struttura del virus e della funzione delle sue proteine ​​strutturali. «I nostri vaccini, in particolare, usano come antigene la proteina che si lega al recettore del virus nelle cellule umane, chiamato Rbd (Rector Binding Domain). Vengono utilizzate due piattaforme di espressione, le quali hanno dimostrato la loro sicurezza in diversi vaccini già utilizzati per l’infanzia. Inoltre, queste formulazioni di vaccini sono molto stabili e non richiedono il congelamento, il che ne facilita la distribuzione».

Soberana 2 e la risposta immunitaria

Il primo ad arrivare sarà quindi Soberana 2. Un vaccino promettente, che ha indotto,  come scrivono i ricercatori a proposito dei risultati ottenuti negli studi preclinici, “una potente risposta immunitaria negli animali da laboratorio”. La produzione di questo vaccino a subunità, che come adiuvante sfrutta la tossina del tetano disattivata, è quindi vicina. «Gli studi clinici di Fase III dovrebbero iniziare a marzo – continua Pérez – mentre la registrazione del primo vaccino è prevista per il mese di giugno».

Un vaccino etico

Ed è qui che assisteremo alla vera rivoluzione. Le modalità di distribuzione dei vaccini scelte dal governo cubano seguiranno, infatti, dei principi etici. Soddisfatte le necessità interne, l’obiettivo sarà quello di fornire gratuitamente le dosi a tutti quei paesi che non potranno permettersi l’acquisto presso aziende farmaceutiche private. Ad ogni modo, qualunque ricavo, derivante ad esempio dall’esportazione verso paesi con economie più floride, sarà reinvestito nel settore pubblico. Uno scenario, quest’ultimo, altrettanto plausibile, dal momento in cui per debellare il virus a livello globale sarà necessaria una combinazione di più vaccini.

Multinazionali e brevetti

Non mancano le limitazioni logistiche, prime fra tutte quelle legate alla proprietà intellettuale. A questo proposito, India e Sudafrica hanno proposto al Wto (World Trade Organization) una sospensione temporanea del Trips (Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights). Questo accordo internazionale attualmente protegge sette forme di proprietà intellettuale ma, se sospeso, potrebbe facilitare i trasferimenti tecnologici, di modo che tutti gli strumenti medici necessari per affrontare la pandemia – tra cui i vaccini – potranno essere prodotti da chiunque ne abbia le possibilità, e non solo da chi ne detiene il brevetto. In alternativa, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha suggerito il COVID-19 Technology Access Pool, una piattaforma online il cui obiettivo è quello di favorire una più ampia condivisione dei dati relativi ai test clinici effettuati e soggetti a proprietà intellettuale.

 

Pool di accesso alla tecnologia COVID-19

Equità e libero accesso. Un esempio per tutti

Nonostante il nobile scopo di accelerare e rendere globalmente fruibili le informazioni circa la produzione di vaccini, farmaci e metodi diagnostici, le principali multinazionali farmaceutiche non sembrano interessate alla condivisione. Qualunque sia la strada che verrà intrapresa, la salute pubblica dovrebbe avere la priorità sul profitto. Sembra una cosa scontata ma, finora, solo Cuba ha dimostrato di voler seguire la linea dell’equità e del libero accesso.

 

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Simone Valeri
Simone Valeri
Laureato presso l'Università degli studi di Roma "La Sapienza" in Scienze Ambientali prima, e in Ecobiologia poi. Attualmente frequenta, presso la medesima università, il corso di Dottorato in Scienze Ecologiche. Divulgare, informare e sensibilizzare per creare consapevolezza ecologica: fermamente convinto che sia il modo migliore per intraprendere la via della sostenibilità. Per questo, e soprattutto per passione, inizia a collaborare con diverse testate giornalistiche del settore, senza rinunciare mai ai viaggi con lo zaino in spalla e alle escursioni tra mare e montagna

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