foca in gabbia, sulla locandina di "From the wild Sea"

Una foca salvata dalla British Divers Marine Life Rescue (dalla locandina del film)

From the Wild Sea, tra Antropocene, alterità e morte

Fra le pellicole che hanno chiuso il festival CinemAmbiente, tenutosi dall’1 al 6 ottobre a Torino, c’è From the Wild Sea, documentario diretto da Robin Petré e prodotto da Malene Flindt Pedersen. Tutto il dolore della fauna selvatica dei mari del nord Europa, tra plastica, petrolio ed effetti del cambiamento climatico

Una giornata di sole in una vasta spiaggia livida del nord Europa. Il nostro punto di vista è ribassato, siamo all’altezza dello sguardo di una foca in gabbia che sta per essere rilasciata alla presenza di curiosi e famiglie.

Spettatori felici, colpevolmente inconsapevoli delle vicende che hanno portato quell’animale sin lì. Questa storia ci verrà raccontata, insieme a quelle di delfini, balene e cigni, da From the Wild Sea, documentario diretto da Robin Petré e prodotto da Malene Flindt Pedersen, tra le ultime pellicole proiettate nella 24esima edizione di CinemAmbiente.

Uomo, soccorritore e carnefice

Durante i 78 minuti del lungometraggio seguiamo il lavoro di Dan Jarvis – Welfare Development and Field Support Officer della British Divers Marine Life Rescue -, del veterinario James Barnett e dei volontari dei centri che in Cornovaglia, Irlanda e Olanda si occupano di salvare gli animali marini in difficoltà.

 

Ingestione di plastica, ferite dovute alla pesca accidentale, piumaggio impiastricciato dal petrolio di una fuoriuscita. E, come se non bastasse, ci sono gli effetti del cambiamento climatico: il riscaldamento globale ha intensificato le tempeste invernali e la fauna marina, già indebolita, deve lottare anche per superare queste avversità. Gli occhi inquisitori delle foche, in degenza nei centri di recupero, fanno spazio a una domanda: chi siamo noi uomini, soccorritori o carnefici di questa natura sofferente?

Rapporto animali umani e non umani: conoscere l’altro

Il tema affrontato in maniera più approfondita dalla regista è il rapporto tra animale e uomo. Nella scena iniziale la gabbia della foca destinata a essere liberata viene aperta da un bambino, a tratti spaventato dai movimenti violenti e dai suoni emessi dal mammifero.

Noi non siamo abituati a relazionarci con un animale “vero”, nella sua fisicità, nei suoi bisogni, nella sua alterità. Professiamo ambientalismo, doniamo alla causa qualche soldo con un click, ci impegniamo in gite all’aperto, da noi traspare gioia e soddisfazione durante la liberazione di un animale selvatico, ma abbiamo idea di cosa abbia passato quell’individuo?

 

Guarda il trailer di “From the Wild Sea”

 

Il dolore, la paura, l’isolamento, lo sgomento e, quando si arriva troppo tardi, la morte su un pavimento di cemento, su un tavolo d’acciaio o su una spiaggia, come succede alla balenottera (Balaenoptera physalus), maestosa nella sua fragilità, ripresa nel documentario.

Siamo così pavidi da non sopportare tutta la carnalità della sofferenza dell’altro, di quello che è un essere vivente come noi, e abbiamo bisogno di peluche e volontari travestiti da foca per sensibilizzarci ai temi ambientali, per sentirci buoni, per negare che siamo tutti carnefici di questa strage del mare.

Presagi

L’opera di Robin Petré non è accondiscendente, non ci dà una pacca sulla spalla. Ci mostra quanto sia facile per la nostra specie distruggere e quanto sia difficile rimediare. Il lavoro di Jarvis e di tutti gli altri volontari, nonostante gli sforzi, è realmente – è il caso di dirlo – una goccia in un oceano.

Il racconto si chiude ritornando alla scena iniziale: una foca sta per ritornare nei freddi mari del nord davanti a folle di astanti ingenuamente sorridenti. In alto un cielo pesante, uccelli neri lo attraversano sulle note della canzone “Stupide animal stupide” di Ismaël Colombani. Già, che stupido animale stupido è Homo sapiens!

Ascolta Stupide Animal Stupide di Ismael Colombani

 

Saperenetwork è...

Alessia Colaianni
Alessia Colaianni
Laureata in Scienza e Tecnologie per la Diagnostica e Conservazione dei Beni Culturali, dottore di ricerca in Geomorfologia e Dinamica Ambientale, è infine approdata sulle rive della comunicazione. Giornalista pubblicista dal 2014, ha raccontato storie di scienza, natura e arte per testate locali e nazionali. Ha collaborato come curatrice dei contenuti del sito della rivista di divulgazione scientifica Sapere e ha fatto parte del team della comunicazione del Festival della Divulgazione di Potenza. Ama gli animali, il disegno naturalistico e le serie tv.

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