In Pianura Padana, tra vecchi fantasmi e colate di cemento

Due progetti rischiano di compromettere ulteriormente la situazione di una delle zone più inquinate d’Europa. La superstrada E55 da realizzare con i soldi del Recovery Fund, e il polo logistico di Altedo, secondo ambientalisti e specialisti danneggerebbero ambiente e agricoltura locali

Nel bel mezzo della pianura padana, una delle zone più inquinate d’Europa, incombono due nuove grandi colate di cemento. La prima è un vecchio fantasma: una nuova superstrada, la E55, per collegare Ravenna a Mestre, parallela alla Ss Romea. Nel 2015 l’allora Assessore ai Trasporti, ora Assessore alle politiche per la salute, Raffaele Donini aveva eliminato il progetto autostradale dalle priorità regionali, in quanto scelta ambientalmente dannosa, grazie anche alle numerose proteste dei comitati e delle associazioni ambientaliste e al parere contrario del Parco. Ma ora sembra che la Regione ci abbia ripensato. 

La nuova superstrada è davvero indispensabile?

 «È una proposta gravissima, una ferita che colpirebbe una delle aree più preziose della regione, senza contare che verrebbero usati fondi del Recovery Fund!», sottolineano in un duro comunicato stampa gli attivisti della Reca, Rete Emergenza Climatica e Ambientale, che unisce almeno 70 associazioni e comitati in tutta le regione: «La Regione Veneto ha chiesto 2 miliardi di euro per realizzare questo corridoio di cemento, idea raccolta dal nostro nuovo Assessore ai Trasporti, Corsini, un’opera per la quale ci sarebbero alternative molto più sostenibili, come ad esempio implementare ferrovie e mettere in sicurezza strade esistenti». 

                                         

                                         Guarda il video della RECA Emilia-Romagna

 

L’opinione dell’Europa, i soldi del Recovery Fund

Un’opera, come hanno approfondito le inchieste della rivista Altreconomia, che l’Europa non ha mai considerato prioritariaLe associazioni emiliano romagnole, chiedono al Presidente Stefano Bonaccini e alla Vicepresidente Elly Schlein, di prendere una posizione netta contro questa proposta. Anche in Veneto negli anni passati si era formato un comitato, La Rete Stop Orme, molto agguerrito contro l’autostrada, che nel 2014 sarebbe dovuta arrivare fino a Orte. 

Considerare l’impatto ambientale. E non solo

Mattia Donadel, attivista che da anni si batte contro la realizzazione delle grandi opere, racconta:

I danni causati al territorio in termini di consumo di suolo, aumento dell’inquinamento e delle emissioni climalteranti, la perdita di biodiversità e i danni al paesaggio saranno gravissimi. Riteniamo che non sia assolutamente necessario costruire nuove autostrade, piuttosto dare piena attuazione alla messa in sicurezza della Ss 309 Romea.

Per Donadel, nella grave situazione di crisi ecologica in cui ci troviamo è necessario dare una svolta drastica e immediata a questo modello di sviluppo. Secondo il cronoprogramma della Regione Veneto, però, se arrivano i soldi europei l’opera potrà partire in sei mesi. 

Il suolo e la messa in sicurezza

Anche in Emilia Romagna i danni alla biodiversità saranno elevati: «Un nastro d’asfalto imponente (4 corsie), che necessariamente dovrà essere realizzato ad una quota superiore al livello del mare per essere messo in sicurezza rispetto alle prevedibili ingressioni marine e/o esondazioni», scrive Legambiente Emilia Romagna.  L’associazione ambientalista mette in guardia, sottolineando la rilevanza dell’impatto paesaggistico e le ripercussioni ancor più gravi per consumo di suolo e impatti naturalistici.

 

I danni per l’agricoltura

«L’area del Mezzano, infatti – si legge nel comunicato di Legambiente – è costituita da 18 mila ettari senza insediamenti, nati per mano dell’uomo che ha bonificato il territorio delle acque salse nel 1957, creando un habitat unico. L’area è riconosciuta dall’Italia e dalla Unione Europea quale Zona di Protezione Speciale (Zps). È un’area che la Provincia di Ferrara ha espressamente dedicato a conduzione agricola e per consentire la tutela e l’incremento di flora e fauna selvatiche». Il “nuovo” progetto spaccherebbe quindi a metà la Zps, con penalizzazione dell’agricoltura, difficoltà per fauna e flora selvatiche. Continua Legambiente: «Relativamente al progetto, il Parco del Delta del Po ha dato parere negativo, in quanto la nuova realizzazione produrrebbe una barriera tale da impedire e limitare fortemente l’efficacia dei corridoi ecologici nell’intero territorio».

Il polo logistico di Altedo

Un altro eco-mostro in Emilia Romagna sarà il Polo Logistico di Altedo, un progetto per il quale le amministrazioni comunali dell’area metropolitana di Bologna si sono dette molto interessate, e che coprirà di cemento su 500.000 mq di suolo agricolo, dove sono presenti le ultime antiche risaie del bacino padano. Secondo le associazioni riunite  nella Rete Emergenza Ecologica Ambientale: «La zona non sarà servita dal trasporto merci ferroviario ma solo da migliaia di camion, che causeranno un grave peggioramento della qualità dell’aria». 

 

 

Un’altra opera controversa

La società costruttrice parla di un’opera di ultima generazione e assolutamente sostenibile, ma anche Vincenzo Balzani, chimico e professore dell’Università di Bologna, sottolinea: «Questi hub della logistica non hanno nulla a che fare con la sostenibilità ambientale. Le amministrazioni ripetono che vogliono ridurre il consumo di suolo e l’inquinamento, poi però vanno nella direzione opposta. Non si prendono mai decisioni coerenti con gli obiettivi». 

La petizione

Come ricordano gli attivisti Reca: «Stiamo parlando di una delle aree più inquinate d’Europa e costantemente fuori dai limiti sanitari, già martoriata da esondazioni che minacciano l’abitabilità del territorio». Lo scorso 6 febbraio attiviste a attivisti delle realtà firmatarie della petizione lanciata proprio per fermare l’opera, tra cui Legambiente, Wwf e Associazione Primo Moroni, si sono recate sui luoghi minacciati, sfilando da La Casona di Ponticelli, fino ai terreni che saranno oggetto della nuova urbanizzazione.

Saperenetwork è...

Linda Maggiori
Linda Maggiori
Sono nata a Recanati nel 1981, vivo con mio marito e i nostri quattro bambini a Faenza (Ra), dove da alcuni anni sperimentiamo uno stile di vita sostenibile: senz’auto e a rifiuti (quasi) zero. Fin da bambina ho sempre amato scrivere, disegnare e difendere la natura. Lavoro come educatrice, sono laureata in Scienze dell’Educazione e Servizio sociale. Alla nascita del mio primo bimbo, con alcune amiche ho fondato un’associazione di aiuto sull’allattamento e sull’uso dei pannolini lavabili (Gaaf). Sono volontaria in varie associazioni contro gli inceneritori e per la mobilità sostenibile. Faccio progetti di educazione ambientale nelle scuole. Ho pubblicato vari libri: Anita e Nico di Tempo dal Delta del Po alle Foreste Casentinesi e Anita e Nico dalle Foreste Casentinesi alla Vena del Gesso, di Tempo al Libro Editore, Salviamo il Mare di Giaconi Editore, Impatto Zero, Vademecum per famiglie a rifiuti zero di Dissensi edizioni e Occidoria e i Territori Ribelli. Storia Fantasy sulle ingiustizie Nord Sud del mondo di Dissensi edizioni, e l’ultimo “Vivo senza Auto” di MacroEdizioni. Sono blogger di famiglie-rifiutizero e di famigliesenzauto e animo i rispettivi gruppi Facebook. Inoltre collaboro come giornalista con AAMTerranuova e con il mensile Fiab BC.

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