Giuseppe Ventriglia è socio fondatore della Società italiana di medicina generale

Giuseppe Ventriglia è socio fondatore della Società italiana di medicina generale

Covid-19, entriamo nella fase due. L’opinione di Giuseppe Ventriglia

Oltre la guerra, la difficile fase della convivenza con il virus. Fra prevenzione, strategie di eradicamento e cause ambientali. Il ruolo dei trattamenti complementari secondo il medico di base, autore di numerosi saggi e docenze in fitoterapia

I dati delle ultime ore preludono a un cauto ottimismo. Ma è evidente come la Covid-19 lascerà un segno profondo nei modelli di convivenza, nelle politiche sanitarie. E anche nel rapporto fra salute e malattia visto che con il virus, come ha spiegato anche il ministro Speranza, dovremo convivere a lungo, almeno fino a quando non si troverà la maniera per eradicarlo. Nel frattempo come attrezzare la medicina di base, quella più a diretto contatto con i cittadini, per gestire la cosiddetta fase due che permetterà ad alcune attività produttive di riattivarsi e alla popolazione di tornare nello spazio pubblico? E quale ruolo potrebbe svolgere in questo scenario la cosiddetta medicina complementare, che affianca i metodi tradizionali con soluzioni naturali?

Ne abbiamo parlato con Giuseppe Ventriglia, medico, responsabile nazionale dell’area di formazione della Società italiana di medicina generale e delle cure primarie (Simg), già docente al Master internazionale in fitoterapia dell’Università di Trieste e alla Complutense di Madrid,  autore di molte pubblicazioni d’argomento clinico e pedagogico.

Dottor Ventriglia, le sembra corretto parlare di “guerra” al virus, come si dice spesso in questo periodo? O non sarebbe meglio pensare a strategie di prevenzione, trattamento e convivenza?
Bisogna in realtà agire sui due fronti: “prevenire” mediante comportamenti personali adeguati, ormai noti a tutti, di fondamentale importanza per ridurre al massimo e comunque rallentare la diffusione di un virus particolarmente aggressivo. E combattere, migliorando sia la medicina del territorio, sia l’assistenza ospedaliera: ricordiamoci che i medici di famiglia stanno lavorando senza dotazioni di sicurezza, rischiando in prima persona e purtroppo lasciandoci la vita in tanti, sono ormai oltre sessanta e tanti anche gli infermieri. Poi, naturalmente, incrementando gli sforzi della ricerca per lo studio di un vaccino efficace e di farmaci utili.

 

Proteggersi dal coronavirus
Il Coronavirus richiede nuove abitudini personali e una forte risposta delle strutture sanitarie territoriali

 

Ma pensa sia più utile cercare un vaccino o una cura contro la Covid-19?
Entrambe le linee di ricerca sono importanti: il vaccino per garantire la prevenzione, i farmaci per curare efficacemente le persone che contraggono la malattia. Una malattia che spesso decorre in forma lieve ma che può essere anche molto, molto seria e contro la quale per ora non sono stati messi a punto farmaci efficaci.

Anche l’igiene è una forma di prevenzione, sarà possibile imporre delle norme universali in questo ambito che prescindano dalle culture locali e dalle pratiche che si manifestano nelle diverse sfere sociali?
Il rispetto delle norma igieniche non può prescindere a mio parere dalle condizioni socio-economiche e culturali di ciascun paese. Certo in un mondo globalizzato come quello in cui oggi viviamo sarebbe assai auspicabile che una serie di misure d’igiene e di salute pubblica fossero condivise, diffuse e fatte oggetto di educazione fin dalle scuole primarie… Ma di fatto sta risultando difficile farlo in modo omogeneo perfino in Italia.

 

Guarda l’intervento di Giuseppe Ventriglia a Rai3 Tutta salute (febbraio 2018)

 

Lei ha un’ipotesi in mente che spieghi la particolare virulenza, sia in termini di contagi che di decessi, del Coronavirus in Lombardia?
Si è parlato dell’inquinamento atmosferico ma attualmente, da quanto leggo, pare che la teoria più accreditata sia quella della massiccia e rapida diffusione del virus nel territorio, verosimilmente accentuata da un’iniziale sottovalutazione dell’epidemia di Sars-CoV2 in Cina e quindi dalla mancata applicazione con tempestività delle misure di contenimento dell’infezione anche nel nostro paese, specie durante i trasporti in ambulanza, in ambito ospedaliero e nelle strutture di ricovero per anziani.

 

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È possibile che la Covid-19 non rappresenti un caso isolato e che la pandemia possa rappresentare un tratto distintivo della società globale nel nuovo millennio, caratterizzato dalla proliferazione delle megalopoli e da spostamenti sempre più facili e frequenti fra diverse zone del mondo?
Difficile dirlo, ricordo soltanto che nell’aprile del 2015, Bill Gates – in un discorso nuovamente diffuso in rete in questo periodo – lanciava un allarme molto preciso alla comunità mondiale: non è contro la guerra atomica che bisogna attrezzarsi, ma contro le pandemie.

Detto per inciso, all’indomani della pandemia d’influenza aviaria, nel 2007, fu approvato nel nostro paese un importante provvedimento che imponeva di attrezzarsi nell’eventuali di ulteriori epidemie influenzali, ma per quanto mi risulta non è stato mai applicato.

Ma in che cosa si distingue la pandemia da SARS-CoV2 da quelle che in passato hanno colpito le comunità umane?
La velocità degli spostamenti umani e quindi della diffusione degli agenti patogeni, la velocità dell’informazione, l’accettazione nel passato dell’idea che ogni malattia potesse portare a morte. Non dimentichiamo che i veri progressi della medicina sono iniziati da pochi decenni. Malattie prima letali oggi non spaventano più: le polmoniti batteriche e la tubercolosi, giusto per fare due esempi. Questa pandemia è arrivata in un tempo ed in una società dominata ed assuefatta ad un’idea di potenza della tecnologia che contrasta con le conseguenze dell’infezione oggi in atto.

 

Medicinali naturali
La fitoterapia può svolgere un’importante funzione di supporto dei nostri sistemi fisiologici

 

Quale ruolo può svolgere la fitoterapia e più in generale la medicina complementare nella gestione di questa emergenza e più in generale nel trattamento delle patologie infettive?
Oltre a quanto abbiamo detto riguardo ai meccanismi di contenimento legati ai comportamenti individuali, è evidente che uno stile di vita sano e una buona alimentazione con verdura e frutta fresca gioca un ruolo molto importante per la nostra salute. Per quanto concerne l’impiego di sostanze naturali, è noto che alcune piante officinali come il Ginseng, l’Echinacea, l’Acerola o il Sambuco possono aiutarci a mantenere l’efficienza del nostro sistema immunitario.

Queste sostanze naturali non hanno ovviamente il valore di un vaccino o di un farmaco, indispensabili per molte malattie, ma possono svolgere un’azione importante di supporto dei nostri sistemi fisiologici, contribuendo a mantenerne l’efficienza e l’equilibrio.

Mi fa peraltro piacere notare che fino a qualche tempo fa l’impiego delle sostanze naturali era basato in maniera pressoché esclusiva sulla famosa “tradizione d’uso”. Oggi invece, grazie ad indagini molto sofisticate basate su tecnologie di avanguardia come la genomica, la trascrittomica e la proteomica, è stato possibile dimostrare che queste sostanze naturali hanno una profonda e complessa interazione con svariati meccanismi del nostro metabolismo.

In che termini?
Oggi sappiamo che la loro azione non si esplica a livello di “singoli bersagli” secondo il noto principio “molecola-recettore”, peraltro insostituibile in moltissimi casi, ma tramite meccanismi complessi che chiamano in causa svariati sistemi di controllo del nostro organismo. E questo spiega il crescente interesse del mondo della ricerca in medicina verso il ruolo delle sostanze naturali nella tutela della salute. Sostanze che, ricordiamolo, sono antiche quanto l’uomo, con il quale si sono co-evolute, condividendone la complessità. Guardiamo dunque, con attenzione e sempre con il rigore metodologico della medicina basata sull’evidenza, a questo mondo straordinario. Approfondiamone lo studio e cerchiamo di comprendere sempre di più quanto un approccio che faccia riferimento alla “systems medicine” possa rivelarsi prezioso nel  sforzo comune di mantenerci in buona salute.

 

Le peggiori epidemie della storia recente
Le peggiori epidemie della storia recente (Fonte: Wwf 2020)

 

Un recente rapporto del Wwf ha collegato la diffusione delle pandemie al depauperamento delle risorse naturali, all’impatto delle attività umane sugli ecosistemi. Che ne pensa?
Assolutamente vero, il Wwf Italia ha richiamato con forza gli effetti nefasti dei nostri comportamenti sugli ecosistemi naturali e ha proposto di riflettere sul possibile legame tra le malattie che stanno terrorizzando il Pianeta e le dimensioni epocali della perdita di natura. Nel documento si afferma che molte delle malattie emergenti come Ebola, Aids, Sars, influenza aviara, influenza suina e la nuova Covid-19 non sono catastrofi casuali, ma la conseguenza indiretta del nostro impatto sugli ecosistemi.

Io ricordo qui la segnalazione che la presenza delle “polveri sottili” nelle zone inquinate consentirebbe una maggiore persistenza del virus nell’ambiente con ovvie conseguenze negative per la diffusione dell’infezione.

 

 

Boris Johnson aveva evocato inizialmente l’immunità di gregge, poi ha fatto marcia indietro e alla fine è stato ricoverato perché affetto da Covid-19. Macron ha autorizzato un turno elettorale mentre l’epidemia in Europa era ormai conclamata e non sono mancate, da Trump a Bolsonaro, fino ad alcun amministratori pubblici di casa nostra, prove di sottovalutazione al cospetto di quanto stava per accadere. Hanno sbagliato più i politici o gli scienziati che li hanno consigliati?
La medicina non è una scienza esatta, questa pandemia ha colto tutti impreparati e gli esperti, tutti di chiara fama, hanno dato ai governanti i consigli che sembravano i più sostenibili alla luce delle conoscenze del momento. La loro continua evoluzione ha determinato anche i cambiamenti di opinione che abbiamo registrato. Secondo me al di fuori della Cina l’atteggiamento dei vari Stati ha subito diversi fattori: la tipologia amministrativa e di governo, come il fatto di essere o meno una nazione federale, democratica o “dittatoriale”, il ritardo con cui il contagio si è manifestato in Cina e poi altrove, l’attenzione data prevalentemente alla Salute pubblica o agli aspetti economici, la maggiore o minore disponibilità di risorse, il tipo di organizzazione dell’assistenza sanitaria e così via.

Certo è che s’impone oggi uno sguardo sovranazionale sulla salute pubblica, nell’ottica dell’interdipendenza, che impedisca a ogni paese di agire per proprio conto.

 

Una fila a Wuhan difronte a un drugstore durante la quarantena (Foto: Wikipedia)
Una fila a Wuhan difronte a un drugstore durante la quarantena (Foto: Wikipedia)

 

Quali insegnamenti lascia questa emergenza rispetto all’adeguatezza del nostro modello di salute pubblica?
L’impatto è stato molto forte. Questa pandemia è destinata ad aumentare le disuguaglianze sociali e questo è una conseguenza preoccupante. Ma ci sta lanciando due messaggi, a mio parere importanti. Il primo: mai come in questo frangente ci si rende conto di quanto sia importante possedere un Servizio sanitario nazionale universalistico: quanti di noi si sarebbero potuti permettere le cure costose erogate gratuitamente ai pazienti che hanno contratto una Covid-19? È sotto gli occhi di tutti il caso del giovane statunitense che non è stato accettato in un centro di cura per mancanza di copertura assicurativa e nel tempo perso per trasferirlo in un altro ospedale è deceduto. Mentre in Italia, se occorre, i pazienti vengono trasferiti in aereo o in elicottero in regioni lontane per ricoverarli in reparti specializzati.

Ricordiamolo ai nostri governanti quando ci ritroveremo – e accadrà nuovamente, prima o poi – ad attuare tagli insensati ed indiscriminati al personale sanitario, alla medicina del territorio, alle strutture ospedaliere ed al mondo della ricerca.

Il secondo è la riscoperta delle competenze. Non voglio fare polemiche, ma mai come in questo frangente è emerso che “uno” non è “uguale a uno” e quanto sia importante affidare la gestione della salute e dello Stato, in generale a persone davvero competenti.

Saperenetwork è...

Marco Fratoddi
Marco Fratoddi
Marco Fratoddi, giornalista professionista e formatore, è direttore responsabile di Sapereambiente, insegna Scrittura giornalistica al Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Cassino con un corso sulla semiotica della notizia ambientale e le applicazioni giornalistiche dei nuovi media dal quale è nato il magazine studentesco Cassinogreen. Partecipa come direttore artistico all'organizzazione del Festival della virtù civica di Casale Monferrato (Al). Ha diretto dal 2005 al 2016 “La Nuova Ecologia”, il mensile di Legambiente, dove si è occupato a lungo di educazione ambientale e associazionismo di bambini, è stato fino al 2021 caporedattore del magazine Agricolturabio.info e fino al 2019 Direttore editoriale dell’Istituto per l’ambiente e l’educazione Scholé futuro-Weec network di Torino. Ha contribuito a fondare la “Federazione italiana media ambientali” di cui è divenuto segretario generale nel 2014. Fa parte di “Stati generali dell’innovazione” dove segue in particolare le tematiche ambientali. Fra le sue pubblicazioni: Salto di medium. Dinamiche della comunicazione urbana nella tarda modernità (in “L’arte dello spettatore”, Franco Angeli, 2008), Bolletta zero (Editori riuniti, 2012), A-Ambiente (in Alfabeto Grillo, Mimesis, 2014).

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