Elena Angeli

"Questo pianeta è l'unico con i gatti" dice il cartello di Elena Angeli, psicologa e consulente felina. Dal suo profilo Instagram dispensa consigli per vivere felicemente con gli amici gatti

Giornata mondiale del Gatto, i consigli della psicologa felina Elena Angeli

È uno degli animali più fraintesi del mondo, reputato a torto egoista e opportunista, ed è invece un compagno straordinario di vita. La consulente felina, psicologa e blogger, che dal suo profilo Instagram dispensa consigli per migliorare la convivenza con il proprio micio, ci aiuta a comprendere meglio questo straordinario, affascinante quattro zampe

«I never lie, I do no harm, Just let me watch the washing spin, I’m just a cat that likes to have fun» (Non mento mai, non faccio del male, fammi solo guardare la centrifuga del bucato, sono solo un gatto a cui piace divertirsi), canta una ormai celeberrima canzone di Simon&Astronauts; motivetto particolarmente caro a Elena Angeli, psicologa e blogger che sul suo profilo Instagram da oltre 80mila follower, pubblica brevi video per aiutare a migliorare la convivenza col proprio felino e mostrare la straordinaria singolarità del loro mondo. Una laurea in Psicologia, con specializzazione in Psicologia clinica e Psicoterapia, Angeli ha studiato a lungo tecniche comportamentali e relazione felina partendo da un assunto: «Ad oggi, in Italia, i gatti che vivono in casa sono 7 milioni e mezzo, eppure non mi viene in mente nessun altro animale così frainteso: viene definito falso, egoista, opportunista, pigro, così tanti pregiudizi che si fa fatica a elencarli tutti».

 

Elena Angeli con il suo gatto
Elena Angeli, psicologa con specializzazione in Psicologia clinica e Psicoterapia, ha studiato a lungo tecniche comportamentali e relazione felina

 

Dottoressa Angeli, i nostri gatti di casa hanno davvero bisogno dello psicologo?
No, siamo noi ad avere bisogno dello psicologo. Il 98% dei loro problemi è nella relazione con noi o nell’ambiente in cui si trovano a vivere. Il mio obiettivo, come consulente di relazione felina, è facilitare la comunicazione e, in ultima istanza, la felicità del gatto.

Come si riconosce un gatto felice?
Ha il pelo lucido, si pulisce spesso durante il giorno ma non in maniera eccessiva (un comportamento che potrebbe invece nascondere un disturbo ossessivo-compulsivo), non beve troppo ma neanche troppo poco, ha una adeguata reattività: dorme e si riposa molte ore ma ha anche dei momenti in cui è interessato all’ambiente circostante, ha voglia di giocare e di interagire con noi. È, insomma, un gatto curioso. La noia e l’apatia sono dei killer silenziosi nei felini domestici. Inoltre, è importante stare attenti agli episodi di aggressività improvvisa, perché potrebbe essere un sintomo di dolore fisico. Il gatto in natura è sia un predatore sia una preda: gli è stato insegnato dall’evoluzione a nascondere il dolore, soprattutto quello cronico, per questo ci si accorge molto raramente se sta soffrendo. Importantissimo, infine, monitorare le eliminazioni non appropriate: non bisogna mai sottovalutare se e quando il gatto urina o defeca fuori dalla lettiera perché è sempre sintomo di un problema fisico o psicologico.

Il gioco è un momento importante nella relazione con il proprio gatto. C’è un modo giusto e un modo sbagliato per giocare con lui?
È fondamentale seguire le regole dei gatti, assecondandoli dall’inizio alla fine. Vanno stimolati con giochi diversi ma bisogna capire quando è disposto a giocare e quando c’è l’ingaggio del gioco nel nostro confronti. Bisogna rispettare quando al gatto non va e riconoscere i segnali di chiusura: quando si stufa, di solito inizia a guardare da un’altra parte, a tenere le orecchie indietro, se ne va. I giochi a stimolazione predatoria di solito sono i migliori e rappresentano un buon modo per entrare in sintonia con lui e divertirlo. Molti comportamentisti americani lo chiamano “Be The Mouse”, diventa il topo: quando si gioca, si deve posare il cellulare, sgombrare la mente, stare al gioco e nel gioco e, soprattutto, divertirsi con lui.

 

Guarda il video di “I’m just a cat” di Simon&The Astronauts

 

Ci sono altri rituali di condivisione importanti?
Può esserlo la tolettatura: alcuni gatti la amano e la chiedono, altri lo odiano e non c’è verso di spazzolarli. D’altronde, alcuni non amano neanche essere toccati o accarezzati. Ogni gatto ha delle predisposizioni personali, molto spiccate. Questo non vale, chiaramente per quelli a pelo lungo, che invece devono essere pettinati regolarmente.

I nostri gatti di casa sono viziati?
Assecondare le esigenze del gatto è una cosa molto sana: un gatto viziato non esiste. Noi chiediamo tantissimo ai nostri gatti di casa anche se non ce ne rendiamo conto: gli chiediamo di vivere in quattro mura, in un territorio molto più piccolo e molto più scarno di quello che avrebbero in natura, gli chiediamo di fare pipì in una cassetta di plastica invece che nella terra smossa, di sorbirci la nostra tv, i rumori, le feste, le nostre assenze. Il minimo che possiamo fare è metterci in ascolto e cercare di soddisfare i loro bisogni.. È vero che a volte ci poniamo in maniera sbagliata nei loro confronti e creiamo gatti ansiosi e problematici, ma – di nuovo – il problema siamo noi.

È utile sgridare il gatto?
Il gatto ha una psicologia per cui la sgridata non porta a niente se non a rovinare la relazione che abbiamo con lui: l’urlo può essere utile per fargli paura e allontanarlo se sta facendo qualcosa di estremamente pericoloso. Altrimenti, bisogna sempre tener presente che non ha lo stesso tipo di accondiscendenza e di comprensione del cane verso l’essere umano. Il gatto vive la realtà secondo la propria logica: qualcuno che gli dice vieta di fare le cose o lo punisce, per lui non ha senso.

E quindi non si può educare in nessun modo?
È un tema molto controverso, ma secondo me quello che si può fare è creare delle alternative valide ai suoi occhi; dando più alternative si può indirizzare il comportamento a una nuova abitudine.

 

Un gatto felice, spiega Elena Angeli, si riconosce anche dal pelo lucido: «Si pulisce spesso durante il giorno ma non in maniera eccessiva»

 

Altro tema “scottante” è quello delle lettiere da tenere in casa…
La regola delle regole vuole che siano tante quante sono i gatti più una. O almeno, visto che non tutti gli appartamenti sono abbastanza grandi da poter accogliere così tante lettiere se si hanno già di un animale un casa, per lo meno una per ognuno. La lettiera è una risorsa fondamentale su cui ruotano molti equilibri e molti meccanismi di relazione e di conflittualità tra gatti: averne tante, dislocate in punti diversi, fa sì che ognuno possa averne una a disposizione senza dover mai competere. Questo vale anche per altre risorse essenziali come le ciotole del cibo, quelle dell’acqua, i tiragraffi e le cucce: devono essere tante quanti i gatti più una e dislocate in vari punti della casa.

Secondo lei, devono essere portati con noi quando partiamo o vanno lasciati a casa?
Il gatto è un animale stanziale: il suo territorio è la sua base sicura; non ama spostarsi a meno che non sia lui che decida di farlo. I cambi di territori, come può essere un trasloco, sono uno dei motivi maggiori di stress. Esistono poi quelli che vengono chiamati i “gatti viaggiatori” che amano farsi mettere la pettorina e il guinzaglio e girare il mondo con i loro padroni. Tuttavia sono l’eccezione non la regola.

È consigliabile per tutti adottare un gatto?
No, ci sono tanti motivi per non farlo. Capire i gatti non è semplice, perché restano animali misteriosi: sono una contraddizione vivente perché hanno un’individualità spiccata. È il motivo per cui sono dei “pet” molto impegnativi. Molti pensano sia più facile adottare un gatto di un cane per poi rendersi conto che non è vero che può essere lasciato solo in casa tante ore, ma che invece richiede molte attenzioni. Molti problemi comportamentali nascono proprio dalla scelta sbagliata che è stata fatta a priori. Inoltre, un appartamento sta stretto al gatto e dobbiamo essere disposti a stravolgerlo e a sopperire alle mancanze ambientali.

 

Un "munchkin cat", o gatto bassotto
Il “munchkin cat”, o gatto bassotto, è una razza di moda. Ma come tutte le specie selezionate e “manomesse” dagli umani, ha molti problemi fisici (Foto: Wikipedia)

 

Il munchin (o gatto bassotto), dalle zampe cortissime, il savannah, ibrido tra servalo e un felino domestico, il caracat, incrocio tra la lince del deserto e il gatto abissino: la moda dei gatti di razza e di nuove ibridazioni sempre più selezionate sembra non passare. Cosa pensa di questa tendenza?
Io amo l’europeo, tigrato; non sono una grande amante delle razze. Sono da gatto da gattile, insomma, ma mi rendo conto che ognuno ha il diritto di vivere a suo modo la sua passione per i gatti. Quello che però mi sento di consigliare vivamente è che se si decide di adottare una razza particolare, che sia un nuovo incrocio o meno, ci si informi bene prima delle sue esigenze etologiche specifiche in modo da conoscere chi ci si mette in casa, consapevoli che oltre alle caratteristiche di specie ogni gatto è un mondo a sé e ha il suo carattere e la sua personalità. I munchin, ad esempio, selezionati per avere la gambe corte, soffrono di tantissimi dolori articolari. Vanno molto di moda soprattutto negli Stati Uniti, perché fanno tenerezza, sono “pucciosi”, per intendersi; eppure io in questi gatti che hanno difficoltà anche a saltare vedo solo tanta sofferenza e non capisco. Quando l’uomo ci mette la mano non è sempre una buona cosa. È pur vero che se si prende un  gatto di razza è molto probabile sia più propenso alla vita di appartamento. Questi non significa che non abbia le esigenze proprie del gatto e niente preclude che un individuo abbia tendenze e desideri particolari.

Possiamo dire, in fondo, viva i gattili?
Sempre viva i gattili! Non solo perché si salva una vita, ma perché con l’aiuto delle volontarie si può scegliere un compagno di vita adulto con una personalità già chiara che si confa di più alle nostre esigenze.

 

Saperenetwork è...

Francesca Romana Buffetti
Antropologa sedotta dal giornalismo, dirige dal 2015 la rivista “Scenografia&Costume”. Giornalista freelance, scrive di cinema, teatro, arte, moda, ambiente. Ha svolto lavoro redazionale in società di comunicazione per diversi anni, occupandosi soprattutto di spettacolo e cultura, dopo aver studiato a lungo, anche recandosi sui set, storia e tecniche del cinema.

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