Cristiano Godano e il suono della rabbia. Pensieri per arginare derive

Cristiano Godano sabato 6 settembre sarà ospite del Poetry Village in un evento "Parole e Musica"

Cristiano Godano e il suono della rabbia. Pensieri per arginare derive

Il libro del frontman dei Marlene Kuntz, atteso al Poetry Village di Roma, è un’intensa raccolta di articoli pubblicati negli ultimi anni su Rolling Stone. Capitalismo della sorveglianza, hater, internet e disuguaglianze sociali, ricerca della bellezza, poesia, e gli amati Neil Young, Nick Cave e Nabokov. Un ecosistema di riflessioni per affrontare la nostra strana epoca

Scriveva Vladimir Nabokov nell’introduzione inglese al suo Invito a una decapitazione, che quel romanzo, storia di Cincinnatus C. condannato a morte perché in un paese dove vigeva l’obbligo di essere trasparenti lui era opaco, non offriva “tout pour tous” , ma era piuttosto “un violino nel vuoto”. Un avviso caustico e (auto)ironico, come nel suo stile. Alcuni, (“la gente di mondo”), lo avrebbero considerato uno scherzo, altri avrebbero voltato le spalle cercando conforto in letture più comode. Ma altri non si sarebbero fermati. Forse erano pochi ma esistevano, e avrebbero fatto “un balzo scompigliandosi i capelli”. Una reazione analoga, di soddisfatta sorpresa mista a curiosità che spinge a continuare la lettura, è quella che molti avranno leggendo Il suono della rabbia. Pensieri sulla musica e il mondo, nuovo libro di Cristiano Godano, frontman dei Marlene Kuntz, che del grande scrittore esule russo è da sempre estimatore.

Ascoltando il suono della rabbia

Il volume edito da Il Saggiatore raccoglie una serie di interventi scritti negli ultimi anni da Godano per la rubrica Elzevirus del magazine Rolling Stone. Come recita chiarificatore il sottotitolo si tratta di pensieri su musica, arte, politica, attualità, cultura e tutte le umane vicende del mondo in cui abitiamo, stimolati, spiega l’autore nella prefazione, oltre che dal divertimento per l’atto creativo dello scrivere, dalla frustrazione per “i pessimi percorsi odierni dell’umanità”. Il suono del “violino nel vuoto” è arrabbiato, a tratti malinconico, cambia restando coerente. C’è rabbia per la crisi climatica, che negli ultimi anni ha un ruolo centrale nella poetica di Godano e dei MK (si pensi a Karma Clima, undicesimo album della band cuneese, e dalla collaborazione, da solo, con Telmo Pievani, per il recital Canto d’acqua), c’è sgomento per la siccità e l’aumento inarrestabile delle disuguaglianze. Sentire il suono della rabbia vuol dire capire che non ci sarà arte su un pianeta morto, e a nulla serviranno i decreti legge contro gli attivisti che imbrattano i quadri con vernice delebile. Vuol dire apprezzare il progresso, ma non le conseguenze sociali ed economiche provocate dalla pervasività della tecnologia e di internet, che ha stravolto le nostre vite e i nostri lavori.

Se 2+2= 5

E poi: crisi della classe media e della democrazia, sdoganamento della volgarità, esasperata dai social media. C’è la constatazione sbigottita che viviamo in un’epoca di ribaltamenti e post verità, di hater sguaiati e di presunti complotti, in cui 2+2= 5, come predetto da Orwell e ribadito dai Radiohead. Durante il covid, la pandemia che avrebbe potuto cambiarci in meglio, ci si ribellava contro  presunte dittature sanitarie, screditando scienza e vaccini, ma non contro chi, come i grandi della Silicon Valley, è fautore di quel vero capitalismo della sorveglianza che vende, arricchendosi, i nostri comportamenti. Tutto è collegato in questo ecosistema di rabbia sana che ha tutt’altro suono rispetto a quella a cui siamo assuefatti. Sono ragionamenti acuti, passionali, precisi, che partono spesso da esperienze personali, corroborati da letture, ascolti e visioni: Shoshana Zuboff, Emil Cioran, Giacinto Scelsi, Jaron Lanier, Amitav Ghosh, Yuval Harari. E poi Springsteen e Pasternak, Osip e Nadežda Mandel’štam, Salman Rushdie, Ken Loach e gli immancabili, amati Neil Young, Nick Cave e Vladimir Nabokov.

 

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Complessità catartica

Il piglio è quello a cui il musicista ci ha abituati sin da gli esordi con i MK dai tempi di Catartica (di cui proprio quest’anno si festeggia il trentennale); l’attenzione alle parole, la ricerca di un’estetica mai banale né supponente, l’acume poetico diventano prosa coraggiosamente non sintetica, lontana dai canoni facili dell’online, ed è uno stile con cui Godano riesce a raccontarci bene la sua frustrazione, ma anche la poesia, indispensabile tanto quanto la scienzatenerezza, l’ironia, la ricerca di bellezza, empatia, compassione, di una gentilezza sempre più necessaria. Nessun viatico facile, ma preziosa complessità (perché “cos’è la semplicità?”, si chiede in un capitolo; l’arte non è fatta in assenza di complicazione) dove ogni cosa è illuminata da argomentazioni, sfumature (parentesi, flashback e flashforward), strutturate con una prosa profusa ma non prolissa.

La poesia è materiale resistente

Nell’introduzione (da leggere, come la postfazione e le note, attentamente) racconta di aver sempre subito la fascinazione di artisti come Nick Cave e Nabokov, distaccati (apparentemente) dal contingente e dalle problematiche sociali e immersi nella loro arte. Una fascinazione che lo ha portato, da solo e con i Marlene, a rivendicare il diritto di non voler/dover lanciare messaggi. Eppure mai, per i MK come per la sua carriera solista si può parlare di una torre d’avorio, così come in realtà nemmeno per l’adorato Nabokov, che d’altronde ben conosceva, da esule, le tribolazioni della vita. Non essere ideologici, non fare combat rock non vuol dire rinunciare a un punto di vista, che per Godano e per i Marlene è sempre stato chiaro, dagli esordi con i fragori di Orso alla tenerezza in chiaroscuro di Osja, e dichiarato attraverso i luoghi dove hanno scelto di suonare, o attraverso brani come Hanno crocifisso Giovanni, splendida messa in musica della poesia di Lea Ferranti contenuta in Materiale resistente, o la coraggiosa cover di Bella Ciao (interessante la genesi di quest’ultima scelta ispirata, in tempi avversi, da Tom Waits e Marc Ribot). Un meccanismo spiegato bene, proprio a proposito di Nabokov, da Azar Nafisi, nel prezioso Leggere Lolita a Teheran; il più banale ciottolo della vita quotidiana se guardato attraverso la letteratura (la poesia o la musica…) diventa pietra preziosa. È il senso dell’arte: la futilità necessaria che può arginare i deragliamenti sociali.

Saperenetwork è...

Valentina Gentile
Nata a Napoli, è cresciuta tra Campania, Sicilia e Roma, dove vive. Giornalista, si occupa di ambiente per La Stampa e di cinema e società per Libero Pensiero. Ha collaborato con Radio Popolare Roma, La Nuova Ecologia, Radio Vaticana, Al Jazeera English, Sentieri Selvaggi. Ha insegnato italiano agli stranieri, lingua, cultura e storia del cinema italiano alle università americane UIUC e HWS. È stata assistente di Storia del Cinema all’Università La Sapienza di Roma. Cinefila e cinofila, ama la musica rock, i suoi amici, le sfogliatelle e il caffè.

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