Cinque oceanografi che dovete conoscere
Abbiamo deciso di festeggiare la Giornata Mondiale degli Oceani, che si celebra ogni anno l’8 giugno, raccontandovi le storie di chi allo studio e alla salvaguardia degli oceani ha dedicato la propria vita
Il complesso studio degli oceani s’avvale delle competenze di vari esperti: biologi, geologi, fisici e climatologi. D’altronde la superficie della Terra è ricoperta per il 71% dagli oceani e dal loro benessere e dalla loro salvaguardia dipende la vita del pianeta. La loro preservazione e uso sostenibile è infatti uno degli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Organizzazione delle nazioni unite (ONU) che dal 2008 ha ufficialmente riconosciuto l’8 giugno come Giornata mondiale degli oceani. Per celebrare questo giorno e ricordare l’importanza, la complessità e dinamicità dell’habitat marino, ecco cinque personalità che con passione si sono adoperate per far conoscere e difendere gli oceani.
John Murray
Fra il 1872 e il 1876 si svolse la ricerca che segnò la nascita della oceanografia moderna: la spedizione Challenger, a bordo di una nave equipaggiata con avanzati laboratori scientifici. A capo vi era Charles Wyville Thomson che fu affiancato dal giovane naturalista scozzese, laureato all’Università di Edimburgo, John Murray.
Murray era nato nel 1841 in Canada dove i sui genitori erano emigrati ma tornò in Scozia per la sua formazione scolastica. Lasciati gli studi di chirurgia per imbarcarsi su una baleniera, decise al suo ritorno di studiare geologia. Durante la spedizione del Challenger fu assistente di Thomson e contribuì alla raccolta di un’impressionante mole di dati. Al rientro in patria, Thomson lasciò a Murray il compito di scrivere il resoconto di quei quattro anni di viaggio. Ne nacquero così 50 volumi di un’opera, completata solo nel 1896, di riferimento per tutti gli oceanografi. Murray descrisse infatti per primo la dorsale e le fosse oceaniche, riportò i ritrovamenti di sabbie desertiche sui fondali marini, annotò i dati delle temperature marine, le correnti e la composizione chimica delle acque attraversate. Nel 1912, dopo una spedizione con lo scienziato Johan Hjort, fu coautore del libro The Depths of the Ocean che divenne un testo di riferimento per il genere. Istituì poi il primo laboratorio marino in Gran Bretagna a Granton, in Scozia. Alle sue osservazioni sulle correnti e i venti si devono i fondamenti scientifici della navigazione. I suoi testi aprirono la strada alla nuova disciplina che stava nascendo, di cui Murray divenne uno dei padri.
Jacques-Yves Cousteau
In pochi sono riusciti a coinvolgere il vasto pubblico nelle esplorazioni marine come fece Jacques Cousteau che, con i suoi documentari, ideò un genere divulgativo, prima criticato e poi diventato un modello. Cousteau era nato nel 1910 a Saint-André-de-Cubzac, in Francia, frequentò la scuola militare e divenne ufficiale della Marina militate francese e durante la Seconda guerra mondiale operò come spia. Fu durante la sua vita militare che iniziò a esplorare il mondo marino, raccontando poi la sua esperienza nel libro Il mondo silenzioso che diventerà, nel 1956, un documentario premiato al Festival del cinema di Cannes e vincitore del premio Oscar come miglior documentario. La sua fama si consolidò con le sue esplorazioni a bordo della dragamine Calypso, trasformata e attrezzata per diventare il centro nevralgico della realizzazione dei suoi documentari e per le ricerche oceanografiche.
Negli anni sessanta prese parte a tre sperimentazioni di vita subacquea con i villaggi sottomarini Précontinent in cui i residenti sperimentarono, per più giorni, la vita in una campana subacquea alimentata da corrente elettrica e in ambiente pressurizzato. Membro di società di ricerca e associazioni per la conoscenza e la difesa degli oceani, nel 1994, presentò all’Assemblea delle Nazioni Unite la Dichiarazione dei diritti per le generazioni future. Alla sua morte nel 1997 era stato autore di più di cinquanta libri, 120 documentari girati nell’arco di venticinque anni e fondatore della The Cousteau Society per la protezione della vita oceanica. Ma a Cousteau si devono anche brillanti invenzioni come il primo erogatore per immersione subacquea, l’Aqua-lung, ideato con l’ingegnere Emile Gagnan, che cambiò il modo di svolgere le immersioni, e una delle prime macchine fotografiche subacquee poi messa in produzione da Nikon.
Walter Munk
Nato a Vienna nel 1917 in una famiglia di banchieri e morto a febbraio del 2019, a 101 anni, l’oceanografo e geofisico Walter Munk fu mandato a studiare a New York perché potesse seguire le attività di famiglia. Annoiato dal suo lavoro nella finanza, per seguire una ragazza si trasferì in California e decise di studiare alla CalTech, il California Institute of Technology di Pasadena, completando poi i suoi studi e svolgendo la sua carriera accademica come professore di geofisica all’istituto oceanografico di La Jolla. I suoi studi si concentrarono in un primo tempo sulla comprensione delle maree e delle onde. Mentre stava svolgendo il dottorato, scoppiò la Seconda guerra mondiale e, grazie alle sue conoscenze, fece parte del comitato scientifico che pianificò lo sbarco alleato contribuendo anche allo sbarco in Normandia. Alla fine della guerra rimase a servizio del Governo degli Stati Uniti durante i test atomici nel Pacifico.
È stato membro del gruppo di scienziati consigliere militare del Governo e segretario della Marina, nonché Capo delle operazioni di oceanografia dal 1985 fino alla sua morte. Nella sua lunga vita ha affrontato ricerche in vari campi, dalle onde di superficie alle maree, dalle correnti oceaniche alla propagazione delle onde acustiche negli oceani. Proprio grazie a questi ultimi studi ha permesso lo sviluppo della tomografia acustica oceanica per rilevare l’innalzamento della temperatura degli oceani. Le onde acustiche si propagano infatti più velocemente in acque calde e la differenza di propagazioni può dare la misura delle temperature medie su lunghe distanze. Nell’ultima parte della sua vita si è dedicato alle ricerche sulle conseguenze oceaniche del riscaldamento globale, identificando il maggior pericolo nello scioglimento dei ghiacci artici e richiamando l’attenzione sugli accordi di Parigi sul clima e sull’urgenza di un intervento internazionale.
Sylvia Earle
Sua Profondità: è questo il singolare titolo attribuito alla biologa marina Sylvia Earle. Nata nel 1935 in New Jersey, si trasferì da bambina in Florida e, da una casa in riva al mare, è iniziato un amore che l’ha portata prima alla laurea alla Florida State University, poi al dottorato alla Duke University, all’attività di ricerca a Harvard e ad abitare, nel 1970, per 2 settimane in una struttura subacquea a 15 metri sotto la superficie, a capo del gruppo di ricerca Tektite II.
Oggi, a 84, con le sue 60 spedizioni e più di 7.000 ore di immersioni, Earl è la donna dei record: nel 1968 ha raggiunto i 1000 metri di profondità in sommergibile in solitaria, ha camminato a 381 metri di profondità e ha condotto esperimenti senza essere collegata al mezzo che l’aveva portata sul fondo dell’Oceano. Ma è stata anche la prima donna a capo dell’ente statunitense NOAA (National Oceanic and Atmospher Administration) e ha collezionato numerosi premi e più di 27 lauree honoris causa per l’attività di una intera vita.
Con circa 200 pubblicazioni fra scientifiche e divulgative sull’ecosistema marino, ricerche e spedizioni oceaniche, è stata uno degli esperti chiamati durante le crisi causate da gravi incidenti petroliferi come quella del Golfo Persico, l’incidente della Exxon Valdez nel 1989, e il disastro ambientale causato nel Golfo del Messico nel 2010 dalla piattaforma petrolifera Deepwater Horizon. Nella sua lunga carriera è stata fondatrice di due compagnie per la costruzione di mezzi di esplorazione sottomarina, membro di enti e fondazione, documentarista, direttore di progetti per la salvaguardia marina, Eroe del Pianeta secondo Time Magazine, membro stabile della National Geographic Society. Negli ultimi anni spende le sue energie per promuovere il suo progetto Mission Blue per l’individuazione di aree marine fragili e per creare una rete globale di aree marine protette perché, come ha avuto modo di dire in una TED conference:
«Ogni goccia d’acqua che beviamo, ogni boccata d’aria che respiriamo, ci collega all’oceano. Senza blu, niente verde».
Peter Wadhams
Oceanografo polare, Peter Wadhams è considerato lo scienziato più esperto sui ghiacci oceanici artici e antartici. Nato nel 1948, iniziò le sue ricerche negli anni settanta a bordo dei sottomarini nucleari e sulle navi rompighiaccio. I dieci anni trascorsi a mappare le calotte polari gli permisero di raccogliere dati sullo spessore dei ghiacci e di dare, già nel 1990 sulle pagine di Nature, l’allarme sull’anomalo e rapido assottigliamento del ghiaccio a nord della Groenlandia.
Nelle sue spedizioni ha descritto le formazioni glaciali annuali e le conseguenze del riscaldamento globale sulle correnti oceaniche e sull’effetto condizionatore esercitato dalle calotte polari e che consente di mantenere stabili le temperature continentali. Ha dedicato 46 anni alla ricerca diventando professore emerito di Fisica oceanica al Dipartimento di Matematica Applicata e Fisica Teorica dell’Università di Cambridge. Con 55 spedizioni all’attivo, con più di 300 articoli pubblicati, un best seller di divulgazione, Addio ai ghiacci, tradotto in sette lingue è un punto di riferimento per gli studi sulla dinamica e la termodinamica dei ghiacci. Ciò gli ha consentito di coordinare gruppi di ricerca internazionali, dell’Unione Europea e statunitensi e di partecipare a lavori sui cambiamenti climatici e sui loro impatti ambientali. È stato un pioniere nell’uso dei veicoli subacquei autonomi per mappare lo strato sotto il ghiaccio polare ed è attualmente coinvolto nelle ricerche sulle emissioni di metano artico e sulla loro capacità di innalzare la quota dei gas serra in atmosfera.
Saperenetwork è...
- Calabrese di nascita ma, ormai da dieci anni, umbra di adozione ho deciso di integrare la mia laurea in Farmacia con il “Master in giornalismo e comunicazione istituzionale della scienza” dell’Università di Ferrara. Arrivata alla comunicazione attraverso il terzo settore, ho iniziato a scrivere di scienza e a sperimentare attraverso i social network nuove forme di divulgazione. Appassionata lettrice di saggistica scientifica, amo passeggiare per i boschi e curare il mio piccolo orto di piante aromatiche.
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