Verso la Cop29 di Baku
Lunedì si apre la nuova Conferenza delle Parti sul Clima. Con una presidenza vicina all’industria fossile del paese ospitante, un nuovo impegno finanziario, l’urgenza di sostenere il fondo Loss and Damage, e il rischio, come ricorda Guterres, di «aver esaurito il tempo»
Manca poco all’inizio della Cop29, che quest’anno si terrà a Baku, in Azerbaijan. Nell’ex repubblica sovietica, dall’11 al 20 novembre, circa 200 Paesi dovranno confrontarsi sulle nuove strategie da adottare per arrestare la crisi climatica, in un momento storico caratterizzato da crisi politiche e nuove guerre, e in cui la questione ambientale sembra fare da sfondo alla più evidente incertezza di molti Paesi del mondo – in particolare di quelli europei – nello scegliere chiare linee politiche in campo energetico. Pensiamo all’Italia, ove il governo Meloni ha più volte dichiarato di non volere una transizione ecologica “ideologica”, in linea con Confindustria, con le imprese, in difesa del profitto. Eppure il nostro Paese risulta essere, secondo il rapporto “Nemici pubblici” diffuso da ReCommon, ancora il primo finanziatore pubblico di combustibili fossili in Europa e il quinto a livello globale, davanti a Stati Uniti, Russia e Arabia Saudita. Ma torniamo alla Cop29.
Un nuovo obiettivo finanziario
Sul tavolo delle trattative quest’anno c’è il New Collective Quantified Goal (NCQG, Nuovo Obiettivo Collettivo Quantificato), il quale dovrà sostituire l’impegno stabilito nella ormai lontana Cop15: destinare 100 miliardi di dollari all’anno entro il 2020 per il clima a vantaggio dei “Paesi in via di sviluppo”per la mitigazione e l’adattamento. Impegno che è stato rispettato soltanto nel 2022, alimentando le tensioni fra il Nord e il Sud del mondo, per diversi motivi: mancata trasparenza, forte dipendenza dei Paesi più fragili dai finanziamenti esterni, difficoltà ad accedere ai fondi. Del NCQG però sappiamo ancora poco. Chi dovrà contribuire? A quanto ammonta l’obiettivo? Sarà un prestito o una sovvenzione?
Il documento europeo
Sappiamo invece che l’UE ha redatto un documento di 13 pagine da presentare in occasione della nuova Conferenza delle Parti, in cui tra i vari punti si legge che c’è la volontà di «triplicare la capacità globale di energia rinnovabile, raddoppiare il tasso medio annuo globale di miglioramenti dell’efficienza energetica entro il 2030, abbandonare i combustibili fossili nei sistemi energetici, accelerare le tecnologie a zero e basse emissioni ed eliminare il prima possibile i sussidi ai combustibili fossili inefficienti che non affrontano la povertà energetica o le transizioni giuste; e l’urgenza di accelerare l’azione di adattamento e il supporto su larga scala e a tutti i livelli».
Ampliare la platea dei paesi contributori
E poi, per quanto concerne il Nuovo Obiettivo Collettivo Quantificato, si sottolinea che «dovrebbe essere fornito e mobilitato da una base più ampia di contributori, compresi quei paesi che sono in grado di contribuire». In modo più o meno esplicito l’Unione europea vuole dunque riconoscere il cambiamento in atto nel mondo, in cui la Cina, che preferisce considerarsi ancora Paese in via di sviluppo, ha un ruolo cruciale insieme a diversi Paesi del Medio Oriente produttori di petrolio. Dopotutto la crisi climatica richiede azioni a livello globale, decisioni univoche sul cambio di paradigma, e quindi sulla scelta della sostenibilità che non può prescindere dalla pace, dall’inclusione, dal rispetto dei diritti umani, dalla riduzione della povertà.
Un padrone di casa contestato (anche quest’anno)
Ed è lecito sollevare allora, almeno in questo momento, qualche dubbio sulla scelta dell’Azerbaijan come Stato ospitante della Cop29 (al 135° posto su 167 tra i Paesi nell’indice annuale di democrazia) e sulla imparzialità del presidente Mukhtar Babayev, Ministro dell’Ecologia e delle Risorse naturali dell’Azerbaijan che ha lavorato per 26 anni alla Socar, l’azienda di Stato che si occupa di petrolio e gas. La Cop28 del petroliere Sultan Al Jabar si era conclusa con l’accordo di «allontanarsi dai combustibili fossili nei sistemi energetici», in quell’occasione si era posta la questione di applicare il fondo Loss and Damage avviato già con la Cop27, gestito in ogni caso dalla Banca Mondiale. Ma in fin dei conti siamo ancora di fronte a molte dichiarazioni di intenti.
Emissioni ed eventi meteo estremi
E sono ancora valide le parole pronunciate dal Segretraio Generale delle Nazioni Unite Antònio Guterres in occasione della presentazione dell’Emission Gap Report dello scorso ottobre: «Il divario delle emissioni non è una nozione astratta. Esiste un collegamento diretto tra l’aumento delle emissioni e i disastri climatici sempre più frequenti e intensi. In tutto il mondo, le persone stanno pagando un prezzo terribile. Le emissioni record significano temperature marine record che sovraccaricano uragani mostruosi; il caldo record sta trasformando le foreste in polveriere e le città in saune; le piogge record stanno provocando inondazioni bibliche. Stiamo giocando col fuoco, ma abbiamo esaurito il tempo».
Saperenetwork è...
- Sono nato nel 1982 in Molise. Cresciuto con un forte interesse per l’ambiente.Seguo con attenzione i movimenti sociali e la comunicazione politica. Credo che l’indifferenza faccia male almeno quanto la CO2. Giornalista. Ho collaborato con La Nuova Ecologia e blog ambientalisti. Attualmente sono anche un insegnante precario di Filosofia e Scienze umane. Leggo libri di ogni genere e soprattutto tante statistiche. Quando ero piccolo mi innamoravo davvero di tutto e continuo a farlo.
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