un porcellino d'india

La Collina dei Conigli si occupa di accogliere, eventualmente curare, sterilizzare animali usciti da laboratori di ricerca. Inoltre ne cura la rieducazione al contatto con i conspecifici e con gli esseri umani da cui sono adottati (Foto Anjie Qiu, Pexels)

Sperimentazione animale, quei volontari che danno alle ex cavie una nuova vita

La Collina dei Conigli è un’organizzazione di volontariato che si occupa di donare un futuro diverso ad animali che sono stati utilizzati nella sperimentazione biomedica. Il presidente Stefano Martinelli ci racconta le attività del gruppo di volontari e la storia dell’associazione

“La Collina dei Conigli” è il titolo di un famoso romanzo degli anni Settanta di Richard Adams. Narra le vicende di un gruppo di conigli che scappa dalla propria conigliera, destinata alla distruzione, per raggiungere una sorta di terra promessa. La Collina dei Conigli è anche il nome di una realtà che dal 2005, un po’ sulla scia del racconto, si occupa di donare una seconda possibilità, un futuro diverso, agli animali che sono stati utilizzati nella sperimentazione biomedica. Il viaggio verso l’adozione, che passa attraverso il recupero, può essere lungo, ma è il minimo che si possa assicurare a questi esseri viventi che sacrifichiamo per la salute umana e animale.

La possibilità di una seconda vita

Un gruppo di volontari che si dedicava alla sterilizzazione di colonie feline incrocia per caso la realtà degli animali da laboratorio. «Il contatto iniziale è stato stretto grazie ai veterinari che collaboravano con noi, professionisti dei piccoli animali, i cui ex-compagni di corso lavoravano in strutture di ricerca pubbliche o private. È stato sostanzialmente un passaparola».

 

Stefano Martinelli, presidente dell’organizzazione di volontariato la collina dei conigli

 

Così il presidente dell’associazione Stefano Martinelli racconta l’inizio dell’avventura. I veterinari responsabili dei laboratori di sperimentazione animale cercavano qualcuno che potesse aiutarli a far uscire gli animali non più adoperabili, a curarli e a donare loro una nuova vita. I primi topi sono stati adottati dai volontari stessi. In seguito, quando le leggi riguardanti la liberazione e il reinserimento degli animali sono diventate ancora più chiare, grazie alla Direttiva 2010/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2010, sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici, è stata costituita l’associazione, con l’obiettivo di progettare nuovi percorsi, più strutturati, per questi animali.

Le specie seguite

Il primo centro di recupero attrezzato è stato inaugurato a Monza nel 2010, poi è stato il turno di Torino nel 2016. Diverse le specie accolte da queste strutture. «Il primo animale in assoluto che abbiamo accolto forse è stato un coniglio, subito dopo dei porcellini d’India. Poi si sono aggiunti quegli animali che sono più frequentemente usati nella sperimentazione, cioè i topi, i ratti, i criceti. Recentemente ci siamo occupati anche di rane», spiega Martinelli, che sottolinea come queste siano le specie più presenti nella sperimentazione e, nello stesso tempo, le meno considerate dall’opinione pubblica in confronto a primati o cani. Per i cani spesso il processo di adozione è più semplice e, in alcuni casi, direttamente gestito dai centri di ricerca. Fortunatamente, però, molti laboratori hanno contattato l’associazione e affidano ai volontari gli animali dopo le sperimentazioni.

 

 

«Negli anni abbiamo recuperato animali da circa quaranta laboratori, in qualche caso è stata un’attività occasionale, con una quindicina di strutture abbiamo contatti continuativi. Ciò che noi facciamo è anche cercare di discutere con i gruppi di ricerca, di spingere per la riduzione del numero di animali che si utilizzano».

Infatti, malgrado il numero di animali usati nella sperimentazione stia man mano diminuendo proprio grazie alla normativa europea e allo sviluppo di alcuni metodi alternativi, sono ancora tanti gli individui richiesti per gli studi biomedici. Sebbene la sperimentazione animale sia ancora necessaria per il progresso scientifico, ci sono criticità che potrebbero essere superate ed è bene far sì che questo sia argomento di discussione.

 

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Il recupero di un animale di laboratorio

«Prima di tutto è bene specificare che recuperiamo questi animali per poter dare loro una vita di solito di tipo domestico, cioè come animali da compagnia. Facciamo l’esempio del coniglio: è stato separato dalla madre da piccolo, è vissuto in una gabbia, e deve diventare un animale da compagnia che dovrà condividere il resto della sua esistenza, se possibile, con un altro coniglio di sesso opposto. L’animale, però, potrebbe essere stato rilasciato con problemi fisici, con una muscolatura non adeguata per correre e saltare, essendo stato chiuso in uno spazio esiguo. Inoltre può aver accumulato peso in modo sbagliato. Quindi il coniglio in questione deve essere rieducato a muoversi con gradualità, prima in spazi piccoli, poi grandi. Deve esserne modificata l’alimentazione: dal cibo in pellet del laboratorio, deve passare a fieno, verdura ed erba, perché più adatti alla sua dentatura e al suo intestino».

 

 

Le esigenze saranno differenti per ciascuna specie. Se il coniglio ha bisogno di essere lasciato libero in una stanza, i porcellini d’India, invece, in gruppi di 4-5 individui possono avere una gabbia aperta, un rifugio. Topi e ratti dovranno vivere in ampie gabbie opportunamente arricchite, e mentre i primi se maschi dovranno stare da soli per evitare episodi di aggressività, i secondi, qualsiasi sia il loro sesso, ameranno trascorrere le loro giornate in gruppo. La Collina dei Conigli si occupa della sterilizzazione degli animali, per la prevenzione di alcuni tumori, della loro rieducazione al contatto con i conspecifici e con gli esseri umani da cui, se tutto va bene, saranno adottati.

Come adottare

«Molte persone ci contattano perché magari hanno già un coniglio e vogliono dargli una compagnia. In quel caso cerchiamo di verificare che gli animali vadano d’accordo. Chiediamo ai proprietari di portare il loro coniglio e ci organizziamo in modo da lasciarli, anche per diversi giorni, isolati in una stanza insieme, in modo che si abituino».

 

La fase dell’adozione, per certi versi, è molto simile a quella di cane e gatto. Chi adotta deve imparare come garantire agli animali il meglio in termini di spazio e attività. Può capitare anche che si presentino persone che hanno già un altro compagno non umano in casa. Gli adottanti raggiungono l’associazione all’indirizzo [email protected] e prendono appuntamento per comprendere, insieme ai volontari, la disponibilità nel dare una nuova possibilità a questi esseri viventi. Il lavoro di questi volontari è lungo e complesso, richiede conoscenza e dedizione.

«Spesso mi è stato chiesto perché ci occupiamo di questi animali. – rivela Martinelli – In realtà non c’è una risposta: facciamo tante cose nella vita che non hanno un motivo specifico e ben individuato… Ci sono incontri che ci cambiano e che decidiamo di assecondare. Questo è quello che è successo a me, e ad altri, con questi animali. ‘Ma perché lo fa?’ Perché io e il mio primo coniglio ci siamo incontrati e di quell’incontro è rimasto qualcosa. Non ho incontrato un sasso, ho incontrato un essere vivente».

Saperenetwork è...

Alessia Colaianni
Alessia Colaianni
Laureata in Scienza e Tecnologie per la Diagnostica e Conservazione dei Beni Culturali, dottore di ricerca in Geomorfologia e Dinamica Ambientale, è infine approdata sulle rive della comunicazione. Giornalista pubblicista dal 2014, ha raccontato storie di scienza, natura e arte per testate locali e nazionali. Ha collaborato come curatrice dei contenuti del sito della rivista di divulgazione scientifica Sapere e ha fatto parte del team della comunicazione del Festival della Divulgazione di Potenza. Ama gli animali, il disegno naturalistico e le serie tv.

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