One Earth, dove tutto è connesso. Un doc sulla filiera insostenibile del cibo

Epidemie, perdita di biodiversità e cambiamento climatico. Gli effetti del modello alimentare globale nel documentario di Francesco De Augustinis. Un film che indaga, racconta, denuncia con equilibrio e precisione giornalistica. E propone delle soluzioni. Da vedere nei prossimi giorni al festival “Giffoni verde” e a “Fa’ la cosa giusta” di Milano

Come è fatto un allevamento in grado di produrre milioni di suini l’anno? Cosa lega un allevamento multipiano in Cina ai roghi dell’Amazzonia? Quale sarà la prossima crisi sanitaria? Una risposta a queste domande arriva da “One Earth – Tutto è connesso” (uscito nel luglio 2021, durata 93’), il nuovo documentario di Francesco De Augustinis sul mondo del cibo. Il sistema alimentare globale, orientato a produrre sempre di più a costi sempre più a bassi, contribuisce agli attuali disequilibri globali compromettendo biodiversità, clima e anche la salute umana. Il documentario, prodotto nell’ambito del progetto indipendente “One Earth” e finanziato attraverso una campagna permanente di crowdfunding, è il racconto di storie lontane intrecciate in un equilibrio precario.

Il racconto, appunto, di come tutto è connesso.

 

Guarda il trailer di “One Earth – Tutto è connesso”

 

Modello cinese

L’inchiesta, durata due anni, parte dal futuro del cibo. L’immagine di quella che sarà la produzione dei prossimi anni è ben rappresentata dagli allevamenti multipiano sulle montagne della Cina. Immensi blocchi di cemento, alti fino a nove piani e in grado di produrre centinaia di migliaia di suini l’anno, sono la risposta alla crescente domanda di carne. Isolati, nascosti e protetti, sono stati raggiunti dal regista che ne racconta il funzionamento, gli impressionanti numeri e le logiche dietro la loro creazione.

Un modello, quello cinese, che segue solo un solco già tracciato dall’Occidente.

Ed è qui che si spostano le immagini: in Olanda, “la silicon valley del cibo”. Centro nevralgico per l’intensificazione delle produzioni animali, qui si studiano i modelli più all’avanguardia per la produzione del cibo di domani, puntando a concentrare in un unico stabilimento tutte le fasi, dalla nascita dell’animale alla macellazione. Modelli che si ripetono ovunque nel mondo. In Messico, in California, in Italia. Un sistema orientato a massimizzare la produzione, ridurre le perdite e abbattere i costi. Se questo è il futuro del cibo, le conseguenze già si vedono sulla salute della Terra e quella umana. One Earth, One Health. Una terra, una salute.

 

 

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Amazzonia depauperata

Le immagini scorrono veloci lungo una pista nella foresta amazzonica. Roghi e cataste di alberi abbattuti sono ripresi da una macchina in corsa, mentre un drone sorvola immensi campi coltivati. In queste scene l’autore non insegue il sensazionalismo ma si limita a prestare il suo occhio. A catturare l’immagine della distruzione in atto. Il racconto delle conseguenze sulla natura del nostro sistema alimentare è affidato agli attivisti e agli abitanti dell’Amazzonia, testimoni della progressiva riduzione della foresta per far spazio ai pascoli e alla coltivazione di soia destinata agli allevamenti.

«Stanno bruciando tutto per pulire l’area e appropriarsi della riserva», racconta Lourdes, abitante di Cláudia, in Brasile.

«Qui un tempo era pieno di animali. Adesso, se vai in cima a quell’altopiano vedrai solo soia», le fa eco Ronaldo, un trasportatore di soia. Testimonianze che si alternano ai dati e agli studi di ricercatori ed esperti, che seguono le rotte dei prodotti della deforestazione e ne valutano gli effetti. L’inchiesta si sposta poi sui pericoli per la salute umana direttamente collegati agli allevamenti intensivi.

 

 

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L’argomento è introdotto da un punto di vista spesso dimenticato: quello degli operai degli allevamenti. Costretti a periodi di quarantena prima di iniziare settimane di lavoro lontani dal mondo esterno, sono i primi a essere contagiati dai virus potenzialmente pandemici diffusi all’interno degli allevamenti. Nel giugno 2020, in piena emergenza Covid, un lavoratore su dieci degli allevamenti intensivi cinesi era stato infettato da una variante dell’H1N1, il virus dell’influenza suina responsabile della prima pandemia del ventunesimo secolo. In futuro, il rischio che si diffondano nuove malattie trasmesse dagli animali all’uomo sarà sempre più grande e gli allevamenti intensivi sono un pericoloso trampolino di lancio per permettere ai virus di raggiungerci. Influenza aviaria, influenza suina, febbre del Nilo, sars, zika ed ebola, sono solo alcune delle malattie che hanno raggiunto l’essere umano elencate da Inger Andersen, direttore esecutivo del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente.  Il Covid e le altre zoonosi, sono diventate adesso una minaccia evidente, lo stesso documentario ne è stato catturato. Lo vediamo nelle interviste “da remoto”, un’immagine ormai abituale ma che non siamo ancora abituati a vedere nei film.

 

Francesco De Augustinis nel 2012 ha vinto il premio Roberto Morrione per il giornalismo televisivo d’inchiesta.  Collabora con Corriere della Sera, Internazionale, L’Espresso e Il Salvagente e con testate internazionali come il Guardian e l’Indipendent

 

«Abbiamo dovuto cambiare in corsa. Alcune parti del documentario risalgono al febbraio 2020, quando il mondo iniziava a chiudersi, e alcune interviste ci erano negate. Questo però ci ha anche dato l’opportunità di inserire nuovi personaggi, come i filosofi e attivisti Peter Singer e Lisa Kemmerer», ci spiega Francesco De Augustinis.

Covid a gamba tesa

E lo vediamo anche in un tema che è entrato a gamba tesa nell’inchiesta: «Quando abbiamo iniziato a girare il documentario già pensavamo di inserire un discorso sulla salute, ma non c’era il Covid. Poi è cambiato tutto e la questione ha preso centralità» prosegue l’autore. Quando il documentario è partito, infatti, la minaccia più imminente dal mondo degli allevamenti era rappresentata da quella che viene indicata come la prossima pandemia: l’antibiotico resistenza. Solo negli Stati Uniti e in Europa, fra il 70 e l’80% degli antibiotici venduti è destinato agli allevamenti e in molte parti del mondo sono usati in massa anche per un loro effetto gradito agli allevatori: sono eccellenti promotori della crescita degli animali. La soluzione che ci viene presentata a tutte queste minacce è una: l’approccio One Health, una salute unica per umani, animali ed ecosistemi.

 

Joao Saraiva, ricercatore dell’Università di Algarve, in Portogallo, fra i testimoni del film "One Earth - Tutto è connesso"
Joao Saraiva, ricercatore dell’Università di Algarve, in Portogallo, fra i testimoni del film “One Earth – Tutto è connesso”

 

Nell’ultimo capitolo infine l’autore inserisce un nuovo elemento, spesso sottovalutato: l’etica. «Diamo agli animali che riteniamo più evoluti uno status etico e pensiamo che sia giusto che non soffrano» racconta Joao Saraiva, ricercatore dell’Università di Algarve. È forse questo che ci ha permesso di creare allevamenti dove migliaia di animali vengono cresciuti più come oggetti che come esseri senzienti.

Le immagini si fanno adesso più forti, ma con equilibrio. Come in tutto il documentario, del resto, l’obiettivo non è sconvolgere o angosciare, ma proporre dei fatti che possano accendere una riflessione.

 

 

E De Augustinis fa questo affidandosi di nuovo a filosofi, ricercatori e attivisti, da anni impegnati a considerare anche le implicazioni etiche del nostro rapporto con la natura, riportandoci dentro agli allevamenti intensivi. Mostrando una realtà spesso invisibile. Ma è proprio dalla consapevolezza di questa realtà che secondo l’autore può partire un cambiamento e una riflessione sulle scelte alimentari. È soprattutto ai consumatori che si rivolge questo documentario. A coloro che hanno in mano le carte per avviare un cambiamento, spesso inconsapevoli di quello che si nasconde dietro al mondo delle produzioni animali:

«Credo molto in quello che possiamo fare noi, i consumatori – conclude il regista – È estremamente difficile, ma sono convinto che le scelte individuali possano fare la differenza. E una spinta al cambiamento già c’è». 

 

Dove vederlo

  • Il 30 aprile al Verde Giffoni, spin-off del Giffoni Film Festival dedicato all’ambiente
  • L’1 maggio il film sarà protagonista di un evento speciale alla fiera della sostenibilità “Fa’ la cosa giusta” a Milano (inizio proiezione ore 16)
  • Sempre dall’1 maggio il film sarà distribuito in alcune sale Italiane (sapere quali segui i canali social  Twitter e Facebook) e on demand sul sito www.unasolaterra.com.

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Enrico Nicosia
Naturalista rapito dal fascino per il mondo naturale, sommerso e terrestre, e dei suoi abitanti, spera un giorno di poterli raccontare. Dopo la Laurea in Scienze della Natura presso l’Università di Roma “La Sapienza” va in Mozambico per un progetto di conservazione della biodiversità dell’Africa meridionale. Attualmente collabora come freelance con alcune testate come Le Scienze, Mind e l’Huffington Post Italia, alla ricerca di storie di ambiente, biodiversità e popoli da raccontare

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