Educazione civica

L’Educazione civica, per come è proposta dalla nuova legge, non è una materia. Si può sfruttare per costruire processi trasversali

Educazione civica, un’occasione da non perdere

La “nuova” versione dell’insegnamento previsto con il nuovo anno scolastico presenta diversi limiti, che però possono diventare altrettante opportunità. Per cambiare regole implicite e abitudini stratificate, costruire “saperi vivi” e sperimentare, attraverso esempi concreti, i futuri possibili

La scuola riapre, o almeno ritorna sui banchi, possibilmente monoposto, e tutta la discussione si aggira su come farlo in sicurezza. E va bene, perché la didattica a distanza ha mostrato i suoi limiti, perché in molti – in troppi – sono stati lasciati soli, perché bambini e giovani hanno bisogno di condividere, di interagire guardandosi negli occhi – anche se sopra una mascherina – e non solo di ascoltarsi e di scambiarsi messaggi. Ma il rischio è che questo impegno, necessario, sulla sicurezza distolga l’attenzione dalla possibilità non di aggiungere regole e precauzioni ma di cambiare regole implicite e abitudini stratificate. Possibilità che quest’anno può avvalersi di una nuova finestra sul mondo: l’educazione civica.

Si può tornare a crescere?

Come ha già scritto Marco Fratoddi su Sapereambiente questa è una “riformina”, che purtroppo sta passando sotto silenzio, ma che permetterebbe di piantare dei semi per far crescere una scuola diversa, più resiliente anche al Coronavirus. Alcuni degli aspetti previsti sono infatti “unici” nel panorama della scuola italiana, soprattutto nella scuola secondaria superiore. Il primo e più importante: l’Educazione civica, così come è proposta dalla legge e dalle linee guida, non è una materia. Nel senso che non è una disciplina riconosciuta a livello universitario, non riguarda un corpo unico di saperi, non è una mappa tematica dalla quale guardare il territorio, non prevede insegnanti abilitati sull’argomento.

 

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Non una materia ma un’opportunità

L’educazione civica ha un voto ma non un orario: le ore devono esser ritagliate congiuntamente dai Consigli di classe. E questo che sembra un limite deve invece essere affrontato come  un’opportunità:  per anni abbiamo scritto che l’Educazione alla cittadinanza, come l’Educazione ambientale e alla sostenibilità, non potevano essere ridotte a un’ora,  o anche a due ore settimanali. E questo perché ambiente e sostenibilità coinvolgono sempre più  discipline – qualsiasi problema ambientale e sociale  è un problema complesso, inter e trans disciplinare – ma anche perché educare alla cittadinanza e alla sostenibilità  deve offrire uno strumento di trasformazione del “fare scuola”: non più saperi pre-costituiti da imparare più o meno a memoria, ma saperi vivi, che si costruiscono su problemi reali, all’interno dei quali le discipline si intrecciano per cominciare a districare i nodi  e a costruire azioni. Azioni di trasformazione del presente per costruire il futuro.

Alla scoperta di nuove competenze

In questo percorso nel quale discipline, e visioni del mondo, si intrecciano, gli insegnanti devono – dovrebbero – imparare a collaborare, non tanto dividendosi i compiti – cosa fare nell’ora di storia, o di scienze, o di economia – ma costruendo un progetto comune: un progetto che permetta agli studenti di “agire” l’educazione civica, costruendo competenze di cittadinanza e di sostenibilità.

Va di moda parlare di service learning – una volta si parlava di compiti di realtà – ma già da molti anni nella scuola italiana si lavora “per progetti”, utilizzando l’autonomia per “curvare” le materie, le discipline, verso i problemi che il territorio, la situazione ambientale e sociale, metteva in evidenza. 

Ma tra i tanti progetti che le scuole propongono quanti sono quelli che spingono ragazzi, e insegnanti, a scoprire qualcosa di nuovo?  Quanti richiedono di impegnarsi in una ricerca–azione, una ricerca che deve sfociare in azioni concrete e in riflessioni sul senso e sui risultati di ciò che si va proponendo e sperimentando? Quanti si propongono di costruire non solo conoscenze ma competenze?

Buone pratiche e futuri possibili

L’Educazione civica può allora offrire il tempo e lo spazio mentale necessario per lavorare, in ogni ordine e tipo di scuola, ad esempi concreti di costruzione di futuri possibili. E gli esempi di buone pratiche non mancano: dagli Istituti impegnati nel rilevamento sistematico dell’inquinamento delle acque di fiumi e laghi, consapevoli delle leggi e dei principi costituzionali che ne impongono la salvaguardia, alle scuole impegnate nella costruzione di un data base delle specie arboree presenti nel territorio e nelle azioni di salvaguardia  della biodiversità, non solo in Amazzonia ma anche nell’ambiente in cui vivono, riflettendo  sulla sua importanza per l’evoluzione futura non solo del Pianeta ma anche dell’umanità, nell’indagine sui mezzi di trasporto usati per venire a scuola e sulla  CO2 che si potrebbe risparmiare con il “walk to school”, con  il car sharing, con gli scuolabus…

Riflessioni su nuove forme di convivenza

Tutte idee e progetti effettivamente portati avanti nelle nostre scuole, che hanno in comune una riflessione sulle regole necessarie per una convivenza che rispetti non solo i diritti e le necessità degli altri esseri umani, ma anche quelli degli altri esseri viventi, e del Pianeta nel suo insieme. Progetti che mostrano come conoscenze e competenze, anche quelle digitali, possano conciliarsi con l’azione e anzi prendere l’avvio proprio dal bisogno concreto di azioni sul territorio.

 

educazione ambientale
L’educazione ambientale comprenderà, nelle indicazioni ministeriali, la conoscenza e la tutela del patrimonio e del territorio, tenendo conto degli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Onu

L’obiettivo oltre il voto

In questo percorso gli insegnanti coinvolti sono chiamati a confrontarsi periodicamente, a progettare assieme quelle 33 ore senza limitarsi a dividere i compiti, a collegare tra loro le discipline, consapevoli delle differenze epistemologiche,  per utilizzarle con un obiettivo comune. Non solo ma, visto che si prevede un voto unico alla fine dell’anno scolastico, potrebbero, persino, confrontare i propri criteri di valutazione e stabilirne alcuni comuni: nuovi criteri non disciplinari, ma legati alle competenze che l’Educazione Civica dovrebbe sviluppare – competenze  di pensiero sistemico, di empatia, di creatività, di azione consapevole, di riflessione sui valori che ci guidano  – e  che gli studenti lungo il percorso dovranno imparare a praticare.

Preparare all’incertezza

L’Educazione civica può allora costituire un laboratorio in cui, insegnanti e studenti, provano a costruire una scuola in cui banchi ed aule non sono più così importanti, in cui uscire sul territorio, lavorare in gruppo, usare le proprie competenze digitali per esplorare il web e per strutturare dati,  sono strumenti di apprendimento quotidiani. In cui anche il distanziamento fisico fa parte della riflessione su libertà e diritti – individuali e collettivi – e il Coronavirus e le pandemie sono un prodotto, non previsto ma forse prevedibile, di un’umanità che ha ancora la presunzione di dettare le regole alla natura invece di accettare i propri limiti e quelli del Pianeta.

Anche per prepararsi ad affrontare l’incertezza, non per eliminarla ma per tenerne conto.

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Michela Mayer
Michela Mayer, ricercatrice e formatrice, da più di 30 anni attiva nell’Educazione Ambientale e alla Sostenibilità, è attualmente responsabile per l’EAS presso la IASS – Italian Association for Sustainability Science – e Associato di ricerca presso l’Istituto per le Ricerche sulla Popolazione e le Politiche Sociali (IRPPS) del CNR. Ha seguito presso l’INVALSI ricerche Nazionali e Internazionali sull’Educazione Scientifica e Ambientale. In particolare ha seguito fino al 2015, come esperto Internazionale per le Competenze Scientifiche, il programma PISA –Programme for International Students Assessment - dell’OCSE, e il progetto ENSI – Environment and School Initiatives - nato nell’OCSE per poi trasformarsi in una rete Internazionale. In Italia, ha seguito fin dalla sua nascita il Sistema Nazionale INFEA – Informazione, Formazione e Educazione Ambientale –. Fa parte del Comitato Scientifico del CNESA (Comitato Nazionale Educazione alla Sostenibilità Agenda 2030) della Commissione Italiana UNESCO, del Comitato Scientifico di Legambiente, e di quello della Rivista Culture della Sostenibilità. In questi anni è impegnata nel progetto Erasmus+ RSP – a Rounder Sense of Purpose - coordinato da Francesca Farioli, Direttore della IASS, e rivolto allo sviluppo e alla valutazione delle competenze degli educatori, insegnanti e non, visti come importanti ‘agenti di cambiamento’. Esperta in valutazione educativa ma anche in valutazione di progetti, europei e nazionali, ha tra le sue pubblicazioni il libro: Imparare a vedersi. Una proposta di indicatori di qualità per i sistemi regionali di educazione ambientale, scritto insieme a Beccastrini, Borgarello e Lewanski per la Regione Toscana nel 2005, e la proposta ‘Criteri di Qualità per scuole per lo Sviluppo Sostenibile’, con Breiting e Mogensen, pubblicata sempre nel 2005 dalla rete ENSI.

Sapereambiente

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