Afghanistan, diritti umani sotto attacco. Amnesty chiede sostegno per donne e bambine

(Foto: Steve Dupont)

Afghanistan, diritti umani sotto attacco. Amnesty chiede sostegno per donne e bambine

Private dell’accesso all’istruzione e al lavoro, le donne afgane stanno anche vivendo una crescente minaccia di violenza di genere. La testimonianza di Hafiza Bahmani, sportiva di successo che ha dovuto lasciare il paese

1095 civili uccisi, il 43% degli organi di stampa chiusi, 2374 giornaliste estromesse dal loro lavoro, un milione e 100.000 ragazze escluse dall’istruzione secondaria. Sono i numeri dell’Afghanistan di oggi, con i diritti umani costantemente minacciati da quando i talebani hanno ripreso il potere. In particolare le donne afgane hanno perso tutto ciò che avevano ottenuto in venti anni di conquiste.

Discriminazioni e violenza di genere

A partire dal 20 settembre 2021, è stato vietato alle ragazze afgane di età superiore ai 12 anni di frequentare le scuole. Nelle università, restrizioni severe sulla segregazione dei generi hanno limitato le opportunità per molte giovani donne di accedere a un’istruzione accademica. Alcune università private hanno introdotto aule separate per i sessi, mentre molte istituzioni pubbliche non permettono alle donne di lavorare o di frequentare i corsi finché non verranno istituite classi separate per donne e uomini. Le loro libertà fondamentali di movimento e di espressione, compresa la scelta dell’abbigliamento, sono soggette a gravi limitazioni e bersaglio di violenze fisiche e morali.

 

Hafiza Bahmani, campionessa dell’arte marziale muay thai

 

La storia di Hafiza

Medaglia d’argento ai Campionati asiatici di Macao in Cina, Hafiza Bahmani è – o meglio era – un membro della squadra nazionale di Muay Thai dell’Afghanistan. «Sono stata incredibilmente felice di rappresentare il mio paese a livello internazionale. Ho avuto molte libertà: ho potuto studiare, viaggiare, fare sport e seguire i miei sogni, con il sostegno della mia famiglia e dei miei allenatori sportivi. Anche allora ho dovuto affrontare molte sfide tra cui pressioni finanziarie e molestie solo perché sono una ragazza».

Dopo che i funzionari talebani hanno affermato che le donne “non hanno bisogno” di praticare sport, diverse squadre sportive femminili afgane sono state evacuate per il timore di persecuzioni. Ora Hafiza vive in Pakistan.

«Dopo la conquista del potere dei talebani nell’agosto 2021, non ho più svolto attività. La mia palestra è stata costretta a chiudere, e non ho più né il mio sport, né la mia professione. Sono stata costretta a fuggire dal mio paese perché ho avuto paura di perdere la vita. Ho ricevuto molte minacce di morte per telefono. L’8 settembre 2021 sono stata aggredita e ferita mentre tornavo a casa. Anche mia sorella è una sportiva e medaglia per l’Afghanistan e come me ha ricevuto più volte minacce di morte. La comunità internazionale dovrebbe fare tutto il possibile per esercitare pressioni sui talebani non riconoscendo la loro autorità a meno che non rispettino i diritti delle donne. Ma a mio avviso, è impossibile per la comunità internazionale farlo. Negli ultimi due mesi i talebani hanno dimostrato che non rispetteranno i diritti delle donne; stanno soffocando le voci delle donne afgane mostrando brutali violenze durante le manifestazioni delle donne a Kabul».

La campagna di Amnesty

Amnesty International chiede alla comunità internazionale tutto il sostegno possibile per difendere il diritto delle donne e degli uomini dell’Afghanistan a vivere in libertà, dignità e uguaglianza e rilancia un appello a sostenere questa lotta, anche attraverso uno strumento di solidarietà concreta come il lascito solidale. Per restare indipendente, l’Organizzazione non accetta fondi da governi, istituzioni né grandi aziende, ma solo donazioni provenienti da persone comuni.

 

 

Attraverso la campagna “Chi lotterà al tuo posto quando non ci sarai più?” Amnesty International ricorda che il lascito solidale è uno strumento che consente all’organizzazione di lottare ogni giorno al fianco delle donne e degli uomini dell’Afghanistan. Un gesto non vincolante, che può essere ripensato e modificato in qualsiasi momento, per lasciare in eredità anche i propri ideali. Uno strumento che non lede i diritti degli eredi legittimi e che non richiede grandi patrimoni. Per passare, a chi verrà dopo, il testimone dei propri valori di rispetto dei diritti umani.

Per saperne di più:

https://amnesty.it/lasciti

 

 

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Francesca Santoro
Francesca Santoro
Laurea in comunicazione, specializzazione in marketing e comunicazione nel Non Profit. Per 15 anni mi sono occupata di comunicazione e formazione nell’ambito del consumo critico e del commercio equo, trattando temi quali l'impatto delle filiere a livello locale e globale su persone, risorse, territori, temi su cui ho anche progettato e condotto interventi nelle scuole. Dal 2016 creo contenuti online per progetti, associazioni, professionisti.

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