Un rinoceronte africano cerca ombra sotto un albero

Un rinoceronte africano, specie in via d'estinzione (Foto: Lee Ann Nicholls, Pexels)

Giornata mondiale della biodiversità 2023: non c’è più tempo (da perdere)

La ricorrenza, fissata dalle Nazioni Unite nel 2000, è ogni anno occasione per fare il punto della situazione. Quest’anno, nel nostro Paese, in piena catastrofe come quella che ha colpito l’Emilia Romagna, è particolarmente importante ricordarla

Proclamata nel 2000 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite per celebrare l’adozione della Convenzione sulla Diversità Biologica (Convention on Biological Diversity), è arrivato anche quest’anno in cui si celebra la Giornata Mondiale della Biodiversità, come ogni 22 maggio, da oltre vent’anni. Un momento storico particolare, quello di quest’anno, tra le tante guerre dimenticate sparse per il mondo e la guerra d’Ucraina che minaccia sempre di più i nostri piccoli interessi “sicuri”. E che ha, come stiamo fingendo di ignorare, enormi ripercussioni anche sul piano ambientale. D’altronde si può, oggi, parlare d’ambiente senza parlare di geopolitica? No, come sanno bene i ragazzi dei Fridays For Future e quelli di Ultima Generazione. Nel frattempo, in un’Italia cementificata e quindi alluvionata in pieno maggio, che assiste sgomenta alla catastrofe in corso in Emilia Romagna, Legambiente ha presentato il 16esimo rapporto Biodiversità a rischio 2023. Focus su Alpi e Mediterraneo, ecosistemi fondamentali a forte rischio.

La biodiversità della Penisola, come forse molti non sanno, è tra le più ricche in Europa, con oltre 8.000 specie di piante vascolari, 60.000 di animali terrestri (il 98% invertebrati), e 9.300 marini.

Antonio Nicoletti responsabile aree protette e biodiversità Legambiente

 

Per Antonio Nicoletti, responsabile aree protette e biodiversità Legambiente, non c’è alcun dubbio, il nostro Paese non deve perdere altro tempo. E non solo semplicemente per raggiungere gli obiettivi Ue 2030: «Dall’altro canto deve anche affrontare il grande tema della coesistenza tra uomo e grandi predatori, come l’orso e il lupo, a partire dalle aree più problematiche tra le quali possiamo annoverare il comprensorio alpino. Gli ultimi fatti di cronaca ma anche le proteste che ci sono state lo scorso week-end in Trentino e Piemonte dimostrano che c’è ancora molto da fare. Deve consolidarsi sempre più l’idea che la gestione di queste specie si deve basare sulla conoscenza scientifica applicata alla conservazione, e contestualmente affrontare anche i temi, ad esempio, della gestione delle attività antropiche a partire dalla fruizione consapevole della natura, della corretta raccolta e gestione dei rifiuti, della sicurezza della viabilità stradale, della gestione preventiva dei possibili conflitti con le attività ed i comportamenti umani e il contrasto del bracconaggio e la persecuzione contro la fauna selvatica, ancora fuori controllo come dimostrano i 9 lupi ed i 4 grifoni avvelenati in Abruzzo».

 

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