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La Cop27 e la lunga transizione ecologica. Intervista a Gianni Silvestrini

Dopo la Conferenza delle Parti sui cambiamenti climatici di Sharm el-Sheikh, l’Europa e l’Onu denunciano il mancato raggiungimento degli obiettivi attesi. Il Loss and Damage sembra offrire però  una nuova speranza ai Paesi in via di sviluppo. Il direttore del Kyoto Club, ingegnere, ricercatore e saggista invita a cambiare passo per una vera trasformazione ecologica

«Il fatto che si è ancora menzionato 1 grado e mezzo da non  superare è molto importante. Ma per raggiungere questo traguardo è necessario che i singoli Paesi innalzino i loro obiettivi. Ed è quello che era stato chiesto alla Cop26. È stato fatto qualcosa? L’Australia e l’Indonesia, ad esempio, hanno  raggiunto determinati obiettivi, ma non è sufficiente per riuscire a ridurre le emissioni entro 1 grado e mezzo. Anche perché siamo già in una situazione delicata, considerando che l’incremento della temperatura dello scorso anno è stata di 1, 21 gradi rispetto al 1850. Quindi come si può vedere ci stiamo avvicinando pericolosamente a 1 grado e mezzo». Si è da poco conclusa la Cop27 di Sharm el-Sheik. E Gianni Silvestrini, ingegnere chimico, direttore scientifico di Qualenergia, del Kyoto Club e di Key Energy, ricercatore e saggista, ci ha aiutato a comprendere i risultati di un evento internazionale tanto atteso, in un momento storico che ci sta rivelando ogni giorno gli effetti disastrosi dei cambiamenti climatici e le conseguenze di una guerra che si combatte anche sul fronte delle risorse energetiche.

 

 

Per l’Europa e l’Onu con questa nuova Conferenza delle Parti non sono stati ottenuti i risultati auspicati. Eppure ora possiamo parlare di Loss and Damage, un fondo per ristorare le perdite e i danni causati dal riscaldamento globale nei Paesi più poveri e vulnerabili…
Il Loss and Damage è  un fondo che verrà attivato per riuscire a pagare in futuro le perdite e i danni causati dagli eventi estremi del riscaldamento globale.  La richiesta risale a dieci- venti anni  fa, ma non ha ricevuto nessuna attenzione da parte dell’Europa e degli Stati Uniti. La situazione è cambiata proprio alla Cop 27, perché l’Europa ha rotto il ghiaccio dicendo che era disponibile a discutere di questo fondo. In realtà alcuni Paesi europei già avevano messo dei soldi. Si sono aggiunti tutti quelli industrializzati. Un fatto importante. Con il Loss and Damage, infatti, i danni causati dagli eventi estremi nei Paesi in via di sviluppo, dovuti esattamente alle emissioni storiche dei Paesi ricchi negli ultimi duecento anni, vengono ripagati.

Non c’è il rischio di affidare le sorti di questi Paesi ancora una volta nelle mani dei cosiddetti Paesi sviluppati?
No. Diciamo che proprio i Paesi più poveri hanno esultato per questa misura, perché era la sola possibilità che avevano non solo per difendersi, ma anche e soprattutto  per riparare i danni. Un’alluvione in quei territori potrebbe causare danni per milioni di dollari, e grazie a questo fondo si possono ottenere degli aiuti per affrontare i danni maggiori.

 

joe biden
Joe Biden è arrivato aSharm el-Sheikh l’11 novembre in occasione della Cop27. Al vertice non erano presenti: il presidente cinese Xi Jinping, il presidente russo Vladimir Putin, il primo ministro indiano Narendra Modi, il primo ministro australiano Anthony Albanese.

 

Non possiamo parlare di clima senza guardare con attenzione a ciò che avviene negli Stati Uniti e in Cina.  Entrambi i Paesi sono pronti per nuovi colloqui dopo la crisi di Taiwan. John Kerry ha parlato anche del piano Energy Transition Accelerator, per espandere la vendita di crediti di carbonio. Sono notizie a suo avviso incoraggianti per la lotta ai cambiamenti climatici?
Una accelerazione dei contatti fra i due Paesi già si è verificata in occasione della Cop27.Per quanto riguarda gli Stati Uniti possiamo evidenziare la presenza di Joe Biden e quella più lunga di John Kerry. Non c’era tra gli ospiti Xi Jinping ma una forte delegazione cinese. Biden e Kerry hanno proposto l’Inflation Riduction Act, un investimento di circa 369 miliardi di dollari per la transizione verde, e quindi una spinta per le rinnovabili, la mobilità elettrica e così via. Questo ha consentito agli Stati Uniti di presentarsi con un risultato molto concreto. Altra cosa è l’Energy Transition Accelerator, che si traduce in un piano per le grandi aziende private, per accelerare la corsa verso la riduzione delle emissioni. Secondo questa ipotesi, i Paesi in via di sviluppo potrebbero generare crediti di carbonio, chiudendo le centrali elettriche a carbone e adottando fonti pulite. Questi crediti verrebbero  venduti a società non del settore fossile per compensare le proprie emissioni. Un provvedimento che tuttavia ha ricevuto numerose critiche, perché le multinazionali potrebbero non impegnarsi a ridurre la produzione di CO2.

La Cop 27 si è svolta in un momento storico particolare. Siamo di fronte a una guerra in cui le risorse energetiche stanno avendo un ruolo cruciale. La stessa Europa non sembra voler compiere un’azione unitaria, soprattutto negli investimenti sulle energie rinnovabili. L’Italia in particolare, con la Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (Nadef) ha aperto la strada a nuove concessioni per le trivelle off-shore. La transizione ecologica rischia di non essere più praticabile?
Il tema dell’impatto della aggressione russa nei confronti dell’Ucraina sulle scelte energetiche è una questione delicata. Ma come ha sottolineato l’Agenzia internazionale dell’energia, i prezzi alti dell’energia rendono più competitive le fonti rinnovabili e l’efficienza energetica. Dopodiché, se guardiamo al breve e medio periodo, riscontriamo anche una maggiore importazione di gas, per esempio gas naturale liquefatto, come nel caso della Germania e dell’Italia. È vero, l’Italia ha adottato un nuovo provvedimento a favore delle trivelle off-shore, in particolare nell’Adriatico, ma la quantità che si può estrarre di idrocarburi è molto limitata. Si tratta di giacimenti piccoli e molto costosi. Non cambierebbe lo scenario. È pertanto una decisione ridicola. È necessario invece accelerare la corsa verso le rinnovabili. Quest’anno abbiamo riscontrato un incremento delle fonti energetiche pulite rispetto al blocco che abbiamo avuto dal 2014 al 2021. La  quota di rinnovabili elettriche ha raggiunto il 38 per cento. Dobbiamo però arrivare al 72 per cento entro il 2030, quindi è evidente che bisogna cambiare passo.

 

ministro ambiente Pichetto
Il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin ha annunciato che l’Italia raggiungerà l’obiettivo dei 70 gigawatt di energia da fonti rinnovabili in 6 anni. Nel Documento di Economia e Finanza è stata autorizzata l’estrazione di giacimenti nazionali soprattutto nel Mare Adriatico (Foto: min.gov.it).

 

Il ritardo negli investimenti nelle fonti rinnovabili e più in generale nell’attuazioni di misure contro la crisi climatica potrebbe indurre gli Stati ad attuare  delle politiche  «lacrime e sangue» ?
Di «bagno di sangue» aveva parlato l’ex ministro Roberto Cingolani circa la transizione energetica. E posso dire che non ha senso. Anzi, la transizione green, che coinvolgerà l’Europa e tanti Paesi nel mondo, sarà una straordinaria opportunità di investimenti e occupazione. Parliamo del mondo delle energie rinnovabili, dell’efficienza energetica, della mobilità elettrica. E proprio nel settore delle auto i governi dovrebbero intervenire con degli aiuti, per favorire la transizione. Ci sono aziende di componentistica in Italia, ad esempio, che lavorano per la Germania, la quale corre verso l’elettrico. E se non aiutiamo queste aziende ci saranno dei problemi. Devo dire che Francia, Spagna e Germania hanno puntato molto nella transizione ecologica della mobilità. In Italia questo non è avvenuto. Fino ad ora non c’è stato alcun sostegno alla transizione del settore industriale. Aggiungo che nei prossimi dieci anni insieme alle nuove fonti energetiche, per compiere una trasformazione profonda, occorrerà anche una reindustrializzazione green dell’Italia e in particolare del Mezzogiorno, e cioè fabbriche per produrre batterie, autobus elettrici e auto elettriche, fotovoltaico, eolico, idrogeno verde, ecc.

 

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Michele D'Amico
Michele D'Amico
Sono nato nel 1982 in Molise. Cresciuto con un forte interesse per l’ambiente.Seguo con attenzione i movimenti sociali e la comunicazione politica. Credo che l’indifferenza faccia male almeno quanto la CO2. Giornalista. Ho collaborato con La Nuova Ecologia e blog ambientalisti. Attualmente sono anche un insegnante precario di Filosofia e Scienze umane. Leggo libri di ogni genere e soprattutto tante statistiche. Quando ero piccolo mi innamoravo davvero di tutto e continuo a farlo.

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