La Galleria Nazionale d'arte Moderna fu pensata nel periodo post-unitario come prima raccolta estensiva dell’arte figurativa dell’Italia unita dall’allora ministro della Cultura Guido Baccelli (Foto:YouTube)

La Galleria Nazionale d'arte Moderna fu pensata nel periodo post-unitario come prima raccolta estensiva dell’arte figurativa dell’Italia unita dall’allora ministro della Cultura Guido Baccelli (Foto:YouTube)

Ci sono luoghi che cominciano prima di iniziare. E tempi che si incrociano, dove passato e presente perdono la loro rigidità. E ancora, luoghi che sono più di semplici luoghi in cui passiamo del tempo, perché permettono di aumentare o modificare la percezione ordinaria delle cose. Uno di questi luoghi straordinari è la Galleria Nazionale d’Arte Moderna, che molti romani chiamano semplicemente e affettuosamente con l’acronimo Gnam. C’è un modo in cui anche avvicinarsi ad essa diventi un’esperienza tale da esaltarne la monumentalità monumentale. Si scende da un’ampia scalinata scenografica – intitolata ad un grande architetto come Bruno Zevi – dal lato di Villa Borghese, e di fronte, al di sopra di una valle naturale,  solcata dai binari del tram, si eleva sulla collina un’altra ampia scalinata, che dà accesso ad un edificio chiaro e complessivamente leggero, nonostante la diffusione orizzontale, comodamente poggiato sull’altura.

Hic Sunt Leones

I gradini sono abitati da enormi leoni di bronzo. Il più lontano dalla vista di chi arriva sembra di guardia, nascosto all’ombra di una doppia colonna neoclassica. All’opposto un gigantesco felino pare venirci incontro, altri a metà scalinata giocano come fossero gatti troppo cresciuti, uno è seduto di vedetta. Hic sunt leones – questo il nome dell’opera dello scultore Davide Rivalta, ingaggia il visitatore già a partire dal pronao della Galleria. Ne costituisce la necessaria introduzione di raccordo tra il mondo ordinario e la sfera dell’arte, che proprio come recita il motto latino ha a che fare con la scoperta dell’ignoto.

Gnam, un po’ di storia

La Galleria Nazionale ha una lunga storia. Pensata nel periodo post-unitaria (data di nascita: 1883) come prima raccolta estensiva dell’arte figurativa dell’Italia unita dall’allora ministro della Cultura Guido Baccelli, la raccolta era collocata inizialmente presso l’attuale Palazzo delle Esposizioni, lungo quella via Nazionale che rappresentava uno degli assi urbanistici della moderna capitale amministrata dai Piemontesi. Non bastando lo spazio per le nuove opere che affluivano, si approfittò dell’esposizione nazionale del 1911 – cinquantesimo anniversario di Roma capitale – per spostare la collezione nel più ampio Palazzo delle Belle Arti, una sorta di grande padiglione articolato su un singolo piano (uno dei quali rialzato), molto luminoso, nella zona di Valle Giulia.

L’ordine (crono)logico

Per decenni, il museo ha ospitato opere di arte figurative nazionale, disposte per il visitatore in ordine cronologico. Le quattro sezioni riconoscibili attorno al grande salone e ai cortili centrali contenevano in senso opere del primo e secondo Ottocento da un lato, opere del primo e del secondo Novecento dall’altro. Moltissimi i capolavori e i maestri ospitati: da Antonio Canova a Giuseppe Morelli e Aristide Sartorio fino agli artisti del gruppo di Via Margutta, passando per le avanguardie del Novecento con i ben rappresentati Giacomo Balla e Umberto Boccioni, fino a un’ampia scelta di opere di artisti fondamentali per l’arte del XX secolo  come Lucio Fontana e Alberto Burri ma anche – prima di loro e per uscire dai confini nazionali – Duchamp, insieme a un raro (per una collezione permanente italiana) Van Gogh ma soprattutto una splendida tela di Klimt, Le tre età della donna. Senza dimenticare, infine, l’ampia selezione di un artista geniale, prematuramente scomparso e mai troppo ricordato come Pino Pascali. La rivoluzione è arrivata nel 2016, quando la nuova curatrice Cristiana Collu ha deciso l’allestimento  con cui la mostra permanente è ancora oggi visibile. Che anzi, è diventato la forma stessa della Gnam.

La disposizione delle opere nella collezioni segue «un tempo non lineare, ma stratificato…il definitivo abbandono di qualsiasi linearità storica, per una visione che dispiega, su un piano sincronico, le opere come sedimenti della lunga vita del museo».

 

Guarda il video dello Gnam

L’ora di Amleto

Così si legge sulla pagina web della Galleria Nazionale per descrivere Time is out of joint, la grande mostra che occupa tutto le sale del museo, riscrivendolo alla luce del continuo dialogo tra epoche diverse della collezione. Il titolo, sicuramente concettuale, è piuttosto enigmatico e merita una spiegazione.

Fa riferimento ad un verso dell’Amleto di Shakespeare che recita: «Questo tempo è scardinato, maledetto destino, che proprio io sia nato per rimetterlo in sesto! (“The time is out of joint; O cursed spite!/That ever I was born to set it right!)».

Il principe di Danimarca pronuncia queste parole quando gli viene rivelata l’uccisione del padre da parte dello zio Claudio, tramite un’apparizione dello spettro del padre stesso: un evento soprannaturale che alterando la scansione ordinaria degli eventi, finisce per modificarne il senso. Lo “scardinamento” temporale delle opere messo in atto con la mostra permanente non ha mancato di suscitare polemiche, quando fu inaugurato nel 2017. E potrebbe anche non piacere o creare qualche difficoltà a distanza di anni: ognuno si può fare la propria idea, come è giusto che sia nel mondo dell’arte.Ma in più di una sala, l’esperienza estetica che il visitatore acquisisce è estremamente stimolante.

Una domenica pomeriggio con Ercole e Lica e il beat

Non potendo descrivere tutto, ci limitiamo ad una delle sale di maggior impatto, che contiene, tra le altre opere, la neoclassica enorme statua di Ercole e Lica di Canova, che si staglia sullo sfondo dell’ampio pannello orizzontale Spoglia d’oro su spiane d’acacia, opera recente di Giuseppe Penone. Ai piedi di questa singolare combinazione, lo spazio è riempito dall’ironia beat di Pino Pascali con i suoi 32mq di mare circa, prodotta nel 1967. Come tutti i musei, lo Gnam è un luogo bello da frequentare, oltretutto in un angolo bellissimo della città.

Grazie al dialogo tra tempi, stili e creatività diverse, è anche un posto dove tornare e tornare, per passare le domeniche o i pomeriggi liberi. E imparare sempre qualcosa di nuovo, senza mai annoiarsi.

 

Saperenetwork è...

Andrea Valdambrini
Andrea Valdambrini
Giornalista, laureato in Filosofia, ha cominciato sbagliando tutto, dato che per un quotidiano oggi estinto recensiva libri mai più corti di 400 pagine. L’impatto con il reportage arriva quando rimane bloccato dalla polizia sotto la Borsa di Londra con i dimostranti anti-capitalisti. Tre anni nella capitale inglese, raccontandola per Il Fatto Quotidiano, poi a Bruxelles, dove ha seguito le elezioni europee del 2014 e del 2019. Nel 2024 rischia di fare lo stesso, stavolta per Il manifesto.

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