Lucia Montanino, autrice insieme a Maria Cristina Zagaria di "Storia di un abbraccio. Una storia vera di criminalità e perdono nel carcere di Nisida"

Lucia Montanino, autrice insieme a Maria Cristina Zagaria di "Storia di un abbraccio. Una storia vera di criminalità e perdono nel carcere di Nisida" (Foto: Miria Di Costanzo)

Storia di un abbraccio, tra giustizia e perdono. Intervista a Lucia Montanino

In un libro edito da Piemme, l’assistente sociale vedova di una guardia giurata uccisa dalla camorra, racconta il percorso che l’ha portata a prendersi cura di un giovane che aveva partecipato all’uccisione di suo marito

«Non si tratta di dare a questi ragazzi una seconda possibilità, ma la prima, perché finora non ne hanno avuta nessuna». Così Lucia Di Mauro, vedova Montanino, in occasione della presentazione del suo libro Storia di un abbraccio alla Biblioteca Antoniana di Ischia, spiega in poche parole la giustizia riparativa. Suo marito, Gaetano Montanino, rimase ucciso il 4 agosto 2009, a Napoli, in un tentativo di rapina che presenta ancor oggi molti aspetti oscuri. Lucia, sconvolta, per lungo tempo si chiuse in se stessa, ma poi decise di trasformare il suo dolore in qualcos’altro, partecipando agli incontri che l’associazione Libera organizza fra i familiari delle vittime di mafia e i detenuti di diversi penitenziari, inclusi i ragazzi del carcere minorile di Nisida. Un’attività in cui il suo personale dolore, unito alle sue competenze di assistente sociale e alla lunga esperienza di volontariato, sarebbe stato messo a servizio degli altri.

Un incontro difficile

«All’inizio non è stato facile, ci è voluto un po’ di tempo perché mi decidessi a parlare con i ragazzi, a rispondere alle loro domande». Nel frattempo il direttore dell’istituto penitenziario di Nisida, Gianluca Guida, avanza una richiesta che a Lucia sembra inaccettabile: «Mi disse che uno dei ragazzi che avevano partecipato all’uccisione di mio marito si impegnava molto per riabilitarsi e stava ottenendo ottimi risultati. Questo ragazzo avrebbe voluto incontrarmi per chiedermi perdono». C’erano delle buone ragioni per proporre un tale incontro: «Ho scoperto – aggiunge Lucia – che per la maggior parte i ragazzi, una volta finiti in carcere, tendono a minimizzare, a negare le responsabilità. Invece lui, fin dal primo momento, aveva ammesso la sua colpa e aveva chiesto di poter riparare».

Storia di un abbraccio, la giustizia riparativa e il perdono

La vicenda è raccontata in Storia di un abbraccio, un libro scritto a quattro mani con la giornalista Cristina Zagaria, dove il giovane protagonista ha il nome di fantasia di “Angelo”, e si sviluppa attraverso una lunga e tormentata riflessione di Lucia, che piano piano inizia ad accettare l’idea. Poi accade, il 21 marzo 2017, sul lungomare di Napoli, dove si celebra la Giornata della Memoria e dell’Impegno per le vittime innocenti delle mafie. Angelo, che all’epoca del delitto aveva 17 anni, nel 2017 ne ha compiuti 24, e secondo la legge al compimento del venticinquesimo anno dovrà essere trasferito in un carcere per adulti, dove potrebbe perdersi. Ed è lì che, in maniera imprevista, Lucia lo incontra. Ed è lì che, senza parlare, si abbracciano. Ed è lì che, mentre vengono letti ad alta voce i nomi delle vittime di mafia, la vedova trova un altro modo di onorarne la memoria, iniziando un percorso che la porterà ad aderire all’istituto della giustizia riparativa.

«Si può arrivare a riconciliarsi con un enorme dolore, ma una volta fatta questa scelta bisogna avere il coraggio di accompagnare questa riconciliazione con qualcosa di concreto, offrire un programma, dare una mano per permettere a questi ragazzi di vivere la legalità».

 

Guarda il video della presentazione di “Storia di un abbraccio” a Ischia 

Dalle carceri alle scuole, per raccontare agli adolescenti

Da quel momento Lucia prende Angelo e la sua famiglia sotto la sua ala protettrice, lo aiuta a trovare un lavoro, lo sostiene e lo supporta. Poi inizia a raccontare la sua storia dappertutto, nelle carceri come nelle scuole, infine accetta di scriverla, con Cristina Zagaria, in un libro destinato a ragazzi adolescenti.

«Il fatto che il libro fosse destinato ai ragazzi mi ha convinta. Avere poi scelto un linguaggio leggero, facile e scorrevole, per una vicenda tanto triste, fa sì che tutti possano avvicinarla e comprenderla. Anche i detenuti, adulti, del carcere di Parma lo hanno letto e mi hanno chiesto se potevano fare qualcosa per aiutare».

Contemporaneamente, altri familiari di vittime di mafia si interessano alla sua esperienza. «Bisogna essere molto delicati con chi ha perso una persona cara, non tutti i casi sono uguali e non sempre è possibile la riconciliazione. Ma per fortuna il bene dilaga, si allarga e si diffonde. Ho fiducia che la giustizia riparativa, se ben supportata, ci aiuterà a fare quello che la Costituzione prevede: rieducare, riabilitare, non solo punire».

 

 

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Lilly Cacace
Educatrice ambientale di esperienza venticinquennale, coordina il gruppo Scuola di Legambiente Ischia. Per l’Amp Regno di Nettuno, dal 2016, progetta e coordina “Nettuno va a scuola”, progetto educativo gestito in collaborazione con Legambiente Ischia e con le Scuole delle isole di Ischia e Procida. Autrice di "Alberi: Storie di amicizia tra persone e piante" (Albatros Edizioni Equosolidali, 2005). Ha scritto per Ischia News, Kaire, La Nuova Ecologia, .eco. Dirige l’Associazione "Gli alberi e noi - Isola Verde", per la quale gestisce progetti educativi e di volontariato, fra cui “Un mese per gli Alberi”. Laureata in Filosofia, le sue ricerche riguardano il rapporto fra educazione, cura dell’ambiente e felicità individuale.

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