Caterina Notte "Predator#261"

Caterina Notte "Predator#261", fotografia del 2021 - L'artista nella serie indaga il rapporto dinamico tra prede e predatori

Caterina Notte, il valore di una resistenza femminile autentica

Il percorso artistico di Caterina Notte lavora sul dualismo tra mondo fisico e sua rappresentazione per perseguire una profonda conoscenza e riappropriazione del corpo della donna e della sua identità. Un invito a resistere allo sguardo giudicante del mondo e ad abbandonare schemi e prescrizioni, proteggendo la propria autenticità

«Credo sia necessaria una resistenza vera. Una resistenza che sappia riconoscere quando e quanto il cambiamento che ci viene proposto dall’esterno non ci appartiene. Un cambiamento mascherato da miglioramento, ma in realtà indotto, alieno al nostro modo di essere, va combattuto con la resistenza. Non dobbiamo cedere alla resilienza, perché questa invita solo alla sopportazione e al sacrificio, alla rinuncia delle proprie identità, perché così ci viene richiesto dall’esterno, all’abnegazione di sé stesse. È indispensabile che le donne resistano per poter creare un cambiamento che permetta un’affermazione della propria autenticità e non un semplice adeguamento a un’idea astratta di benessere. Per liberarsi da una sorveglianza continua, interna ed esterna».

 

 

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Caterina Notte, visual artist e fotografa, cresciuta nel Molise e poi trasferitasi in Germania, si racconta toccando con mano la radice di un antico potere femminile. Usa garze e nodi, donne nude e bambine, pelle e interni domestici. Ribalta la visione di un potere femminile che dipende da un concetto di bellezza proveniente da una cultura di benessere. Cultura che ha dimenticato l’essere sostituendolo col profitto. Le sue opere sono state esposte in Europa, Cile, Canada, Cina e Stati Uniti, portando in contesti culturalmente distanti la sua viva riflessione sul corpo femminile.

Genetics

Il lavoro artistico di Caterina Notte inizia negli anni universitari, quando studiando alla Sapienza di Roma si lascia affascinare dalle nuove tecnologie che si vanno affinando nel mondo virtuale. «L’idea dell’esistenza di altre dimensioni con le quali potessi entrare in relazione mi affascinava tantissimo. Così ho iniziato con l’esplorarmi attraverso il digitale, entrando fisicamente nello scanner. Mi facevo letteralmente a pezzi, scannerizzandomi un pezzo per volta e poi mi ricomponevo virtualmente. L’immagine virtuale di me nasceva da quella reale».

 

Caterina Notte “Genetics”, fotografia del 2001.  Un’indagine sul corpo nella dimensione virtuale

In questo modo tra l’artista in carne e ossa e la sua immagine virtuale si creava un legame: una sorta di doppio, di clonazione virtuale, che permetteva all’artista di esplorare il rapporto con la dimensione virtuale e la realtà aumentata. Da queste sperimentazioni nasce la serie Genetics, elaborazioni digitali che venivano poi stampate assumendo l’aspetto di fotografie

«Ciò che mi interessava era che non si trattasse di un discorso solo teorico, ma che la rappresentazione virtuale nascesse dalla realtà materiale sensibile. L’opera ricomposta aveva una dimensione quasi liquida, ricordando in qualche modo il liquido amniotico». Già da questi primi lavori emerge il filo conduttore che ritroviamo in tutta la ricerca della Notte, un percorso di conoscenza e riappropriazione del corpo della donna e della sua autentica identità che si muove partendo dal dualismo tra il mondo fisico e la sua rappresentazione. «Io mi vedevo come io reale e poi come io virtuale. L’io virtuale aveva tante forme per questo possiamo parlare di una poliedricità di manifestazioni che nascono dal reale. Ogni rappresentazione su cui lavoro ha sempre un appiglio diretto con la realtà materiale».

 

Caterina Notte “Predatori#41”, fotografia del 2020 – Le garze usate dall’artista sono un oggetto protettivo legato all’infanzia

Predator

«Dopo aver esplorato fisicamente me stessa ho pensato di introdurre nuove figure femminili che mi somigliassero fisicamente. Ancora cercando un mio doppio, un mio possibile clone nel mondo reale. Le protagoniste del mio lavoro quindi mi somigliavano sempre. Anche quando si trattava di bambine o adolescenti cercavo una giovane me stessa». Da questi scatti, nasce in Sardegna, l’importante serie Predator.

«Stavo lavorando ad un progetto fotografico con delle bambine e istintivamente ho portato con me della carta da parati, delle garze, delle bende. Siamo andate dove c’era un vecchio furgone azzurro che avevo in mente di usare come set per delle foto e ho iniziato a bendare le bambine con le garze».

Senza rendersene conto Caterina Notte ripeteva antichi gesti femminili visti nella sua infanzia molisana. Le garze che la nonna portava intorno alle gambe quando andava a lavorare nei campi, non erano un elemento legato a una sofferenza fisica o a una malattia, quanto piuttosto una protezione. Le bambine bendate con le garze hanno colto questa spontaneità e disinvoltura e hanno completamente ribaltato il set mostrando la loro forza.

 

Caterina Notte, “Predator#225” fotografia del 2021 – L’artista racconta che le prime modelle di questa serie l’hanno condotta in una ricerca concettuale nuova ribaltando il set fotografico di partenza

 

«Le prime bambine modelle di Predator segnano l’inizio di questa ricerca anche da un punto di vista concettuale. Perché quando le ho viste fasciate ho avuto il timore che questo potesse sembrare una sorta di estetizzazione della sofferenza femminile e non era assolutamente questo il messaggio che volevo mandare. Ma le bambine hanno capovolto completamente la scena iniziando a dettare le regole di quello che per loro era un gioco. Io semplicemente le seguivo cercando di star loro dietro mentre giocavano nel furgone. Così ho sperimentato come i ruoli possono completamente invertirsi». Da questa esperienza nasce il titolo Predator, mosso da una riflessione sul rapporto tra prede e predatori e su come l’uno influenzi l’altro in una relazione biunivoca, scevra da giudizi di valore, ma consapevole della possibilità di cambiamento all’interno della relazione stessa.

49 Dolls

Il cambiamento è un altro tema centrale nel lavoro della Notte. L’utilizzo del corpo femminile, che naturalmente è soggetto a tante trasformazioni, allarga il tema verso un’indagine socio antropologica. Se con Predator abbiamo visto come il ruolo della donna, apparentemente confinato in diverse culture a preda, può essere capovolto attraverso un processo di consapevolezza, in 49Dolls, ultimo progetto di Caterina Notte, il corpo femminile diventa simbolo per eccellenza del potere della trasformazione.

 

Caterina Notte, “49Dolls” fotografia del 2020. Gli spazi interni testimoniano la trasformazione del corpo della donna

 

L’artista coglie le sue modelle nel delicato momento di passaggio dall’infanzia all’età adulta, quando il corpo è in costante cambiamento, sottolineando che quanto accade dentro, si specchia fuori. Qui il soggetto non è più solo il corpo, che in Predator appariva come punto focale, ma l’ambiente intorno alla giovane donna diventa parte essenziale del lavoro. Si tratta di interni, generalmente le così dette “camerette”, luoghi in cui le bambine sono cresciute giocando e che man mano iniziano a contenere elementi che raccontano la loro crescita. Un poster alla parete con qualche sex symbol del cinema accompagnato dall’orsacchiotto peluche sul letto.

Oggetti che raccontano un passaggio ancora in fieri, dove bambina e giovane donna convivono abitando gli stessi luoghi, siano essi corpo o ambiente domestico.

«Quando il corpo della donna si trasforma è il momento in cui il potere dello sguardo culturale si fa più forte e minaccioso. In questo momento è importante che la giovane si senta libera e non giudicata, che possa percepirsi indipendentemente dal giudizio che ricadrà su di lei. Troppe volte le bambine non sanno come affrontare questo momento e iniziano inconsapevolmente a sviluppare capacità di resilienza che in futuro le porteranno ad accettare sopraffazioni. E’ molto importante in questa fase insegnare invece il valore della resistenza, come strumento per proteggere e garantire la propria autenticità liberandoci dall’omologazione e da schemi predefiniti a cui ancorarci».

 

Caterina Notte “49Dolls”, fotografia del 2021. «Quando il corpo della donna si trasforma il potere dello sguardo culturale si fa più forte e minaccioso.»

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Dafne Crocella
Dafne Crocella
Dafne Crocella è antropologa e curatrice di mostre d’arte contemporanea. Dal 2010 è rappresentante italiana del Movimento Internazionale di Slow Art con cui ha guidato percorsi di mindfulness in musei e gallerie, carceri e scuole collaborando in diversi progetti. Insegnante di yoga kundalini ha incentrato il suo lavoro sulle relazioni tra creatività e fisicità, arte e yoga.
Da sempre attiva su tematiche ambientali e diritti umani, convinta che il rispetto del proprio essere e del Pianeta passi anche dalla conoscenza, ha sviluppato il progetto di Critica d’Arte Popolare, come stimolo e strumento per una riflessione attiva e consapevole tra essere umano, contemporaneità e territorio. È ideatrice e curatrice di ArtPlatform.it, piattaforma d’incontro tra creativi randagi.

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