Il volume "Cittadini del presente", edito da Saperenetwork, si rivolge prevalentemente alla scuola secondaria di primo grado

Il volume "Cittadini del presente", edito da Saperenetwork, si rivolge prevalentemente alla scuola secondaria di primo grado

L’introduzione dell’Educazione Civica è un’opportunità da non perdere per la scuola italiana: permette alla scuola di aprire ‘una finestra sul mondò’ così com’è, e non solo su com’è stato, e invita i ragazzi a riflettere su come potrebbe cambiare, a ‘prendere le misure’ per una trasformazione necessaria, a costruire ognuno il proprio modo di rapportarsi con la società, con l’ambiente, con il Pianeta. Un insegnamento, quello dell’Educazione Civica, che viene definito come “trasversale” e che non può, quindi, ridursi ad un corpus di informazioni e riflessioni con una propria epistemologia e metodologia di lavoro, come sono in genere gli insegnamenti disciplinari. Un insegnamento che può e deve passare da una struttura a un’altra, avendo come filo conduttore il presente, i suoi stimoli e le sue richieste, i suoi problemi e le sue responsabilità. E il titolo scelto dagli autori – Cittadini del presente – riflette questa impostazione e invita insegnanti e studenti ad avventurarsi nella complessità del mondo contemporaneo e a tessere, attraverso i fili che costituiscono la trama del libro, un arazzo che lo rappresenti.

Come ci ricordano gli autori di questo libro, i ragazzi non sono soltanto “Cittadini del futuro” ma sono anche cittadini del presente, perché ognuno di noi ha la possibilità, a qualsiasi età, di fare la differenza.

E questa è un’altra delle opportunità che l’inserimento dell’Educazione Civica offre. I nostri programmi scolastici, soprattutto quelli della scuola secondaria di primo e di secondo grado, sono ancora fondati sull’ipotesi che: conoscere il passato, la sua storia, l’insieme di conoscenze che l’umanità ha accumulato nei secoli, sia il bagaglio necessario che permetterà ai “cittadini del futuro” di integrarsi nella società. Ma proprio il nostro passato recente ci dimostra quanto questa ipotesi sia solo parzialmente vera.

Una scuola che non omologhi ma prepari all’imprevedibile

È certo utile e indispensabile conoscere una parte di quello che l’uomo nel passato ha costruito – spesso attraverso guerre, rivoluzioni, sofferenze… – ma proprio il passato ci mostra come gran parte delle trasformazioni, delle rivoluzioni, che hanno portato alla società attuale, siano casuali e imprevedibili, come i fattori in gioco siano moltissimi, e come una proposta di educazione e formazione valida in una certa epoca possa rivelarsi obsoleta nell’epoca successiva. Pensiamo alla rivoluzione digitale che abbiamo vissuto negli ultimi anni, all’evolversi e al diffondersi del personal computer, della rete, dei social: chi avrebbe potuto prevedere tutto questo negli anni ‘70? Ma neanche negli anni ’90. Pensiamo ai 17 Obiettivi dell’Agenda 2030 e alle 5 P delle sue parole chiave – People, Planet, Prosperity, Peace e Partnership. Se quest’ultime fanno parte da tempo degli ideali dell’umanità, i 17 obiettivi da raggiungere sono in gran parte il risultato di una comprensione recente dei danni che l’umanità sta facendo all’unico Pianeta che abbiamo.

Allora, se il futuro è sempre in parte imprevedibile, quello di cui abbiamo bisogno è una scuola “trasformativa”, una scuola che non abbia come scopo quello di adattare gli studenti alla società come oggi si presenta, ma di mettere gli studenti in grado di guardare il mondo con altri occhi, per scoprire le potenzialità che il presente offre, per costruire insieme una società futura ancora da inventare.

Un futuro in cui quello che occorre, più che le singole conoscenze immagazzinate nel web e sempre disponibili, sono le “mappe” che legano una disciplina all’altra e le competenze che permettono di ritrovarle e utilizzarle quando veramente servono. Responsabilità guidate da valori, azioni frutto di decisioni prese con la consapevolezza che l’incertezza non è eliminabile, attenzione alle emergenze e spirito critico per distinguere il superfluo da quello che conta, … sono alcune delle competenze che la scuola dovrebbe costruire – insieme alla comunità entro la quale opera. Ma sono anche le competenze che questo libro cerca di costruire. E lo fa supponendo – e quindi stimolando – una capacità degli insegnanti di collaborare, di dividersi le conoscenze disciplinari mettendo però in comune gli strumenti pedagogici e le competenze metodologiche e sistemiche.

Confronto, cooperazione, azioni ed emozioni

Un libro che stimola quindi, in ogni sua parte, la riflessione, la discussione tra pari, uno sguardo volto al presente, e al contesto in cui gli studenti sono immersi, per cogliere quegli elementi che possano fare la differenza, sia nel modo di pensare sia nel modo di agire. Sì, perché l’azione è la sorgente di competenze, non solo di conoscenze, durature e utilizzabili nel tempo, anche perché collegate ad emozioni. Leggere ad alta voce, discutere, produrre testi ma anche video, o azioni concrete, giocare riflettendo sulle regole che ci permettono di farlo, collega, si diceva anni fa, le mani con il cervello e il cervello con il cuore, aggiungendo sentimenti ad un apprendimento che spesso nella scuola attuale rimane lontano e ripetitivo.

 

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L’Educazione Civica può essere, infine, un’occasione di trasformazione non solo delle modalità di apprendimento e di insegnamento ma anche di quelle di valutazione. Infatti, anche se è più facile che ognuno degli insegnanti coinvolti dia indipendentemente il suo giudizio, l’Educazione Civica invita gli insegnanti di discipline diverse a confrontarsi su quale sia il senso della valutazione, e su come costruire una valutazione che sia formativa, che inviti alla riflessione e al cambiamento non solo i singoli studenti ma l’intero gruppo classe e anche gli insegnanti stessi. Scriveva un noto cibernetico, Heinz von Foerster;

«Definirò “domanda illegittima” quella domanda di cui si conosca già la risposta. Non sarebbe affascinante immaginare un sistema d’istruzione che chieda agli studenti di rispondere solo a ‘domande legittime’, cioè a domande le cui risposte siano ignote?»

Questo libro mi sembra un passo in questa direzione: si occupa di fatti concreti, di elementi indispensabili alla vita sociale del nostro tempo, e lo fa ponendo gli interrogativi cui tutti, giovani ed adulti, dobbiamo trovare risposta. Nel presente e guardando al futuro.

Per saperne di più

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Michela Mayer
Michela Mayer, ricercatrice e formatrice, da più di 30 anni attiva nell’Educazione Ambientale e alla Sostenibilità, è attualmente responsabile per l’EAS presso la IASS – Italian Association for Sustainability Science – e Associato di ricerca presso l’Istituto per le Ricerche sulla Popolazione e le Politiche Sociali (IRPPS) del CNR. Ha seguito presso l’INVALSI ricerche Nazionali e Internazionali sull’Educazione Scientifica e Ambientale. In particolare ha seguito fino al 2015, come esperto Internazionale per le Competenze Scientifiche, il programma PISA –Programme for International Students Assessment - dell’OCSE, e il progetto ENSI – Environment and School Initiatives - nato nell’OCSE per poi trasformarsi in una rete Internazionale. In Italia, ha seguito fin dalla sua nascita il Sistema Nazionale INFEA – Informazione, Formazione e Educazione Ambientale –. Fa parte del Comitato Scientifico del CNESA (Comitato Nazionale Educazione alla Sostenibilità Agenda 2030) della Commissione Italiana UNESCO, del Comitato Scientifico di Legambiente, e di quello della Rivista Culture della Sostenibilità. In questi anni è impegnata nel progetto Erasmus+ RSP – a Rounder Sense of Purpose - coordinato da Francesca Farioli, Direttore della IASS, e rivolto allo sviluppo e alla valutazione delle competenze degli educatori, insegnanti e non, visti come importanti ‘agenti di cambiamento’. Esperta in valutazione educativa ma anche in valutazione di progetti, europei e nazionali, ha tra le sue pubblicazioni il libro: Imparare a vedersi. Una proposta di indicatori di qualità per i sistemi regionali di educazione ambientale, scritto insieme a Beccastrini, Borgarello e Lewanski per la Regione Toscana nel 2005, e la proposta ‘Criteri di Qualità per scuole per lo Sviluppo Sostenibile’, con Breiting e Mogensen, pubblicata sempre nel 2005 dalla rete ENSI.

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