Gli Schermi, la Stampante 3D, il Robot, la Scuola

Invece di attrezzarsi per una alfabetizzazione adeguata ai nuovi linguaggi, la scuola italiana considera ancora i dispositivi tecnologici come strumenti di fruizione. Ma sarebbe importante aprire di più ad altri approcci e altre tecnologie. Come sanno gli educatori, un uso attivo e creativo di questi mezzi rivela la capacità di bambine e bambini di “guardare più in là”

Quando si compilano i moduli per un PON (Programma Operativo Nazionale) a scuola, il conduttore dell’intervento formativo deve barrare le caselle delle TIC (Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione) usate. Riporto integralmente:

  • “Dispositivi di fruizione individuale; PC desktop; PC portatile; Tablet/Minitablet; Smartphone/Maxi Smartphone; Dispositivi ibridi PC/tablet; Dispositivi lettori e-reader. Nessuno di Questi.
  • “Dispositivi di fruizione collettiva: Schermi interattivi e non; Video proiettori interattivi e non; Video proiettori tascabili e portatili; Lavagne Interattive multimediali touch e non; Tavoli interattivi; Dispositivi per la lettura ottica di x-code (QR code, codice a barre). Nessuno di Questi.
  • “Software/Sistemi cloud: Software didattici in senso stretto (nati espressamente per la didattica); Strumenti software con funzionalità generali (es.: ambienti di scrittura…); Risorse digitali (es.: archivi di documenti, immagini); Software nati per altri fini ed utilizzati a scopo didattico, compresi anche i software a scopo di intrattenimento (es.: social media). Nessuno di Questi”.

Boh? Dispositivi “ibridi”? Maxi smartphone? Video proiettori “tascabili”? E addirittura scopro, dopo decenni di laboratori in cui i bambini, rigorosamente in piccoli gruppi (di 2, 3, 4, mai da soli!) mi hanno insegnato come si impara davvero a usare il computer, cioè letteralmente giocando insieme, che il PC è una macchina “individuale”! E per fortuna la casella “nessuno di questi” mi permette di citare le tecnologie che ho effettivamente usato, cioè videocamere e macchine fotografiche, e lo stesso smartphone, di cui non sono stato a misurare lo schermo, perché lo adoperavamo per registrare video e soprattutto audio. Vedo che non si accenna nemmeno alle stampanti.

Ma evidentemente la chiave di tutto sta in quelle tre parole, che rivelano una precisa visione del mondo: dispositivi di fruizione!

 

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Un’ottica unidirezionale

Cioè le tecnologie dell’informazione e della comunicazione sono solo quelle da fruire, attraverso cui cioè possiamo accedere a contenuti che altri ci propongono, con gli schermi oggi, come ieri con i libri. Mentre le tecnologie che servono per fare, foto, video, pagine stampate, cioè per produrla noi l’informazione, non sono nemmeno previste. Complimenti! Per la prima volta nella storia la tecnologia consente praticamente a tutti, anche agli analfabeti, di pubblicare miliardi di contenuti nella rete globale, per lo più autentica spazzatura che, diffondendosi incontrollata, magari qualche problema ce lo sta ponendo.

E la scuola, invece di attrezzarsi per una alfabetizzazione adeguata ai nuovi linguaggi, si perde in particolareggiate e fantasiose descrizioni degli schermi, interattivi e no!

Fuori, nella società, nella testa di cittadini consumatori che ormai per ogni cosa cercando una soluzione in rete (quelli che più o meno sanno fare una ricerca) o peggio ancora si affidano alle app (ce n’è una per tutto!), l’impressione netta è che le idee, le speranze, le paure sul futuro della tecnologia che ci avvolge, si basino sempre di più, in mancanza di una cultura informatica di base degna di questo nome, sui racconti e sui film di fantascienza! Cioè, pensiamoci: quali altri elementi ha il consumatore medio per immaginare cosa significa davvero intelligenza artificiale?

 

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Incontrare a scuola le tecnologie del futuro

In tante scuole di ogni ordine e grado, per fortuna, so che si lavora con le stampanti 3D, i robot, i droni, che i bambini anche piccoli imparano a programmare, per fargli fare cose secondo le nostre intenzioni, e sperimentare le tecnologie oserei dire vere del presente e del futuro che i grandi stanno realizzando nelle fabbriche, nella produzione e distribuzione di quello che ci serve per vivere. Oggi, di fronte a sfide epocali che richiedono l’impegno di tutti (cambiamento climatico, guerre, un’economia impazzita che investe in clic, influencer e metaverso), mentre stiamo diventando tutti più poveri e un miliardo di persone non hanno nemmeno l’acqua da bere, bambini che programmano il percorso dei bee-bot, in modo che si incontrino proprio in quel punto, istruiscono un robot scalatore a superare gli ostacoli, progettano oggetti che le macchine stamperanno e che noi impareremo a fare e ad assemblare ogni volta meglio…

Formare questi bambini significa investire in un futuro che gli umani possono costruire in prima persona, con un’idea, un obiettivo.

Gli schermi non sono più i totem da cui ci arrivano le istruzioni per esternalizzare ogni giorno di più i pezzi della nostra vita, ma lo strumento con cui controlliamo visivamente il nostro lavoro, che è quello che conta, non l’aggeggio! E soprattutto i bambini non solo “imparano”, perché quando si impegnano in questo tipo di attività, facilmente subito pensano “più in là”.

Maestri di visione

Come quando si rendono conto che sono proprio loro gli autori e attori di quel video, o del “libro di scienza” che ottengono fotografando gli insetti nel giardino, o dell’espressione teatrale liberante che riscoprono inaspettata dentro sé. Altro che apprendimenti da certificare con un voto o un giudizio (sai la differenza!). Sono attività in cui tu, educatore, dai lo stimolo giusto al gruppo e poi quasi ti fermi a guardare, a imparare, perché i bambini e i ragazzi arrivano sempre un po’ oltre, a volte molto oltre! Rivivono, recuperano, utilizzano di nuovo la meraviglia dei loro primi anni, quando senza bisogno di maestri hanno imparato a camminare, a parlare, a conoscere il mondo. La rivivono nel gruppo dei pari, bello, collaborativo, produttivo, e vedi sulle loro facce un sorriso diverso, una soddisfazione vera, con il proprio corpo, la natura, la tecnologia, senza le assurde differenze o contraddizioni tra i diversi momenti del vivere che rendono insicuri gli adulti dall’esperienza divisa.

E a noi forse viene da dire, con Walter Benjamin, uno che della società dell’informazione aveva capito cose interessanti: “I bambini stanno in scena e istruiscono ed educano gli attenti educatori” *.

* Programma per un teatro proletario di bambini, 1928

 

Saperenetwork è...

Paolo Beneventi
Paolo Beneventi
Laureato al Dams di Bologna nel 1980, lavora sulle aree di conoscenza ed espressione attraverso cui soprattutto i bambini (ma non solo) possono partecipare da protagonisti alla società dell'informazione: Animazione teatrale, Video e audio, Fotografia, Libri e storie, Pubblicità, Ambiente, Computer, Web.
Cura laboratori e progetti in collaborazione con scuole, biblioteche, enti pubblici e privati, associazioni culturali e sociali, manifestazioni e festival, in Italia e all’estero. È autore di di video e multimediali, e di libri sia legati alla propria attività che di letteratura per bambini.
Alcuni libri: I bambini e l’ambiente, 2009; Nuova guida di animazione teatrale (con David Conati), 2010; Technology and the New Generation of Active Citizens, 2018; I Pianeti Raccontati, 2019; Il bambino che diceva le bugie, 2020. Video: La Cruzada Teatral, 2007, Costruiamo insieme il Museo Virtuale dei Piccoli Animali, 2014; I film in tasca, 2017; Continuavano a chiamarlo Don Santino, film e backstage, 2018.

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