David Bowie in concerto ai tempi di Ziggy Stardust (Foto: You Tube)

David Bowie in concerto ai tempi di Ziggy Stardust (Foto: You Tube)

David Bowie e Ziggy Stardust, l’uomo delle stelle proto ambientalista

Nel 1972, esce il disco che segna l’ascesa del rocker inglese, con protagonista il suo celebre alter ego. Capolavoro rivoluzionario, antesignano del punk, tra melodie strabilianti, distorsioni chitarristiche e pop. Al suo interno il brano “Five Years”, che racconta dell’imminente fine del mondo, a causa della scarsità di risorse rimaste

Tutti i dischi di David Bowie hanno la parvenza di itinerari immaginari il cui obiettivo principale è stato sempre quello di rappresentare l’emozione in forma simbolica, come indicava Bertolt Brecht. Fin dagli esordi, il musicista inglese è stato in grado di comunicare il disagio per la mancanza di risposte alle domande prime dell’esistenza, quel disorientamento che tutti abbiamo dentro e che, più o meno consapevolmente, ci troviamo ad affrontare, prima o poi. Basti pensare ad un album come The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars, considerato uno dei suoi capolavori, che qui trattiamo perché contiene un brano, Five Years, nel quale si racconta che il mondo sta per finire a causa della scarsità di risorse disponibili, tanto che non si può più suonare perché è venuta a mancare anche l’energia elettrica. Una canzone che racchiude al proprio interno un messaggio apocalittico e proto ambientalista

«Pushing thru the market square / So many mothers sighing / News had just come over / We had five years left to cry in / News guy wept and told us / Earth was really dying / Cried so much his face was wet / Then I knew he was not lying»

Guarda il video del live di Five Years 

Il 1972, l’anno di Ziggy

Uscito nel 1972, The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars è il disco che segna l’ascesa del rocker attore, figura inventata di fatto da Bowie, che nell’album metteva insieme Andy Warhol, la letteratura inglese, Marc Bolan, Stanley Kubrick, la rivoluzione sessuale, la fine dell’hippismo e il teatro. Nei pezzi del disco Bowie studiava un personaggio cresciuto nella celebrità (Ziggy Stardust, appunto) e per questo, poi, lo faceva morire. Infarcendo i testi di nozioni e suggestioni, il Nostro convogliava nel rock culture diverse.

«Ho superato – ha dichiarato in proposito – una fase eminentemente rock’n’roll rifacendomi al teatro brechtiano e a quello kabuki, e combinando tali elementi con la musica sono arrivato ad un terzo tipo di espressione che va al di là del semplice fatto teatrale, ma anche al di là del semplice fatto musicale»

Melodie rivoluzionarie

Bowie, se si vuole restare nell’ambito strettamente musicale, arrivava a dimostrare, in questo lavoro, un’assoluta fiducia nella canzone e nella sua capacità di comunicazione, che andava oltre ogni tentativo di complicarne l’impianto: il modo in cui sagomava i temi rivelava un sentimento melodico che raramente oltrepassava i confini del cantabile; le armonie riuscivano ad instaurare un clima pertinente al “tono” dei brani, rivelando, qua e là, anche qualche sottigliezza (in Soul Love, per esempio, Bowie dava dimostrazione di saper ravvivare l’abusata progressione armonica I-VI-IV-V con una soluzione conclusiva ingegnosa e l’inserimento di alcune battute in 3/4…); la ritmica sprigionava tutta la sua forza attrattiva (vedi due pezzi come Hang On To Yourself e Suffragette City, che anticipavano il punk). Canzoni nelle quali spiccavano gli archi, il pianoforte e gli interventi chitarristici di Mick Ronson.

Una voce pop per l’Apocalisse

Su tutto, la voce dell’artista londinese, che appariva carica di un proprio originale portato stilistico – una maniera di cantare, la sua, che soprattutto nei toni alti si avvaleva delle variazioni, dei glissando, degli smorzamenti repentini delle note, il continuo spostamento da note cantate con l’appoggio sul diaframma a note emesse con voce strozzata in gola.

The Rise and Fall of Ziggy Stardust and The Spiders From Mars e Five Years narravano, alla fine, di una razza umana sull’orlo dell’Apocalisse.

Attraverso il suo alter ego, Bowie esprimeva l’attrazione per i cambiamenti tecnologici in corso ma anche il timore per il futuro del nostro pianeta, mettendo già allora in guardia gli ascoltatori: «La Terra sta davvero morendo» e la fine del mondo è vicina.

 

 

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Andrea Bernardini
Andrea Bernardini
Giornalista e critico musicale e cinematografico, è stato caporedattore e critico musicale del mensile “Era 2000”. Ha lavorato per il settore comunicazione del CONAD e, nella’ambito delle relazioni esterne, ha collaborato con l’agenzia giornalistica televisiva “Rete News” e con l’agenzia di stampa radiofonica “Area”. Ha collaborato, come critico musicale e cinematografico e come giornalista, con le seguenti testate: “Avanti!”, “ Delta Focus”, “Tuttifrutti”, “Segnocinema”, “La Cooperazione Italiana”, “Nuovo Consumo”, “Musica” (supplemento de “La Repubblica”), “Umbria Sette Giorni”, “Il Giornale dell’Umbria”, “ La Pelle”, “Il Salvagente”, “ Comma”, “Beneinsieme”. Ha pubblicato, nel 2008, il libro “Pop, rock, jazz e…” (Bastogi editore) e, nel 2013, il libro “I Baustelle e la canzone” (Atmosphere libri). Attualmente collabora, nell’ambito dei rapporti con i media e come giornalista, con la Legacoop, con Coopfond (Fondo mutualistico di Legacoop) e con la Cfi (Cooperazione Finanza Impresa). Collabora, come critico musicale e cinematografico, con il “Corriere Romagna”.

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