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Gli Ustmamò eseguono I ribelli della montagna (Dalle belle città). Tratto da Materiale Resistente 1945-1995. Regia di Guido Chiesa e Davide Ferrario

Materiale resistente. Musica per ritrovare il coraggio

Nel 1995 il Consorzio Produttori Indipendenti decide di celebrare il cinquantesimo anniversario della Liberazione pubblicando un cd con diciotto canti partigiani reinterpretati da alcuni dei più importanti musicisti rock dell’epoca. Un disco da recuperare insieme al documentario omonimo di Davide Ferrario e Guido Chiesa

«Se la resistenza ha superato cinquant’anni di retorica vuol dire che c’era sotto del materiale resistente», dice Giovanni Lindo Ferretti in una delle prime immagini di Materiale Resistente, documentario di Guido Chiesa e Davide Ferrario del 1995. 

 

 

In quell’anno, in occasione del cinquantesimo anniversario della Liberazione, il Consorzio Produttori Indipendenti seleziona 18 musicisti e gruppi rock italiani dell’epoca, per incidere un cd di vecchi canti partigiani reinterpretati. Materiale resistente, si chiamerà. Per l’uscita del disco viene organizzato un concerto a Correggio (Re) il 25 aprile 1995, che Chiesa e Ferrario riprendono. Il risultato è l’omonimo documentario che alterna immagini del concerto (oltre seimila gli spettatori nella cittadina emiliana), spezzoni di film, interviste ai partigiani e ai musicisti.

 

Guarda il live dei CSI tratto dal documentario Materiale Resistente

 

 

Üstmamò, Yo Yo Mundi, Marlene Kuntz, Modena City Ramblers, Mau Mau, A.F.A., Gang, Officine Schwartz, Umberto Palazzo, Settore Out, Corman&Tuscadu, Disciplinatha, Lou Dalfin, Skiantos, Africa Unite, Rosso Maltese. E ovviamente C.S.I. Ci sono tutti, o quasi, i musicisti che in quel periodo gravitavano intorno al Consorzio Produttori Indipendenti.

 

Copertina del CD Materiale Resistente
Copertina del Cd Materiale Resistente

 

Non è un’operazione celebrativa, Materiale Resistente. È piuttosto il tentativo, riuscitissimo, di attualizzare canti e parole di un’epoca tutto sommato ancora vicina. Così Bella ciao riletta da Officine Schwartz si trasforma in un lento Ciao Bella, mentre gli Üstmamò di Mara Redeghieri ci raccontano I ribelli della montagna nel loro stile sperimentale, fatto di quel mix flessuoso di pop, rock e reggae, con accenni trip hop che convinse David Bowie a sceglierli per aprire le date del suo Outside Tour nel 1996. C’è tutta l’ironia degli Skiantos in Fischia il vento, mentre tra ululati da nativi americani e chitarre sixties, gli A.F.A. (sta per Acid Folk Alleanza, ma anche, come dichiaravano «L’afa è la situazione climatica che sarà signora della terra tra poco, vedi effetto serra e buco nell’ozono»ndr), stravolgono Con la guerriglia. Anche il testo è ricontestualizzato, diventa uno slogan di dissenso costruttivo.

La guerriglia, nell’Italia neo berlusconiana, non è più quella che si combatte con i fucili:«Lo vedi quante cose che ci sono da cambiare/ Lo vedi quante cose che ci sono da salvare/ Con la guerriglia culturale». 

C’è la rabbia post punk e il lirismo malinconico tipico dei Marlene Kuntz che mettono in musica Hanno crocifisso Giovanni, testo della poetessa marchigiana Lea Ferranti, contenuto in Spoon River partigiano del 1975: «In posizione verticale, e la vita, l’albero, il quartiere, la casa…». E poi, il reggae di Africa Unite con Il Partigiano Johnny, gli occitani Lou Pal, i magistrali “padroni di casa” C.S.I. con Guardali negli occhi. E il Coro “I Centouno” di Fabbrico che “ricambia” il favore con una cover di Spara Juri dei CCCP

 

Guarda i Marlene Kuntz che eseguono Hanno crocifisso Giovanni

 

 

Il cd e poi il documentario di Chiesa e Ferrario escono in un anno particolare. In Italia i post fascisti di Gianfranco Fini dopo la svolta di Fiuggi siedono al governo accanto a Silvio Berlusconi e alla Lega. Si parla  del potere sempre più pernicioso dei “mezzi di distrazione di massa”, sono gli anni post Muro, post guerra del golfo, e mezza Europa dell’Est è in fiamme. Una guerra appena fuori dalla porta di casa, che facciamo finta di ignorare: «Ci fottono i preti, i pope, i mullah/ L’Onu, la Nato, la civiltà…», è l’invocazione proprio dei CSI in Cupe Vampe.

 

Guarda la presentazione di Materiale Resistente

 

 

È un crocevia, il 1995. I ruggenti anni Novanta, con le loro chimere economiche e la tanta, troppa polvere nascosta maldestramente sotto al letto. Di lì a pochi anni avremmo scoperto i risvolti catastrofici della parola “globalizzazione”, il G8 di Genova e il terrorismo, la crisi economica, la nuova rabbia sociale e le disuguaglianze, disastri naturali e nuovi inutili muri. Fino alla cronaca di una pandemia annunciata.

E oggi, 25 aprile 2020, in piena quarantena, che significa “resistenza”? Che ne è di quel “materiale resistente”? In che condizioni è? 

Come nel 1945 e nel 1995 il  mondo è in fiamme, per dirla con Naomi Klein. Salvo essere degli estimatori dello “stile”di Jair Bolsonaro, non è più il caso di far finta di niente.

In fondo è il far finta di niente che ci ha portati fin qui. La scelta comoda di girarci dall’altra parte davanti al culto del profitto che diventa la nuova “etica” universale. Che ne è di “quei” valori, i valori della Resistenza? Che cos’è oggi il fascismo? Si nasconde dietro le logiche spietate di un mercato sempre più cannibale? E il coraggio dei partigiani, il vero “materiale resistente”: ne abbiamo ancora un po’ o lo abbiamo perso, pezzo per pezzo, senza nemmeno accorgercene? Ci siamo svegliati e non abbiamo trovato l’invasor, ma un’Europa non solidale, egoista. Che fa il gioco di quelle destre estreme che dice di voler contrastare.

Serve a qualcosa riscoprire un cd di canti partigiani rivisitati in chiave rock negli ormai lontani anni Novanta? Personalmente penso di sì. Mai come in questi giorni abbiamo capito il significato del verbo resistere. Recuperare la memoria, riattualizzandola, è l’unico modo per progredire e non limitarci ad andare avanti in modo insensato.

È un titolo bellissimo, Materiale resistente. Un monito. Un augurio. Non solo per il 25 aprile, ma per questi mesi. Per gli anni che verranno. “Ora e sempre”. Bisogna (ri)ascoltarlo, oggi, non per trovare risposte, ma finalmente le domande giuste. 

Saperenetwork è...

Valentina Gentile
Nata a Napoli, è cresciuta tra Campania, Sicilia e Roma, dove vive. Giornalista, si occupa di ambiente per La Stampa e di cinema e società per Libero Pensiero. Ha collaborato con Radio Popolare Roma, La Nuova Ecologia, Radio Vaticana, Al Jazeera English, Sentieri Selvaggi. Ha insegnato italiano agli stranieri, lingua, cultura e storia del cinema italiano alle università americane UIUC e HWS. È stata assistente di Storia del Cinema all’Università La Sapienza di Roma. Cinefila e cinofila, ama la musica rock, i suoi amici, le sfogliatelle e il caffè.

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