Maledetta primavera, gli uccelli migratori e l’impatto del cambiamento climatico
Da tempo ormai, l’arrivo anticipato della stagione sta creando molti problemi alle specie “viaggiatrici”. Meno cibo, meno pulcini. Un articolo su The Atlantic mette in luce vari aspetti del fenomeno, che colpisce soprattutto le Americhe
A prima vista sembra una piccola, seducente fiamma, con la testa color rubino che si fonde perfettamente con il resto del corpo, di un luminoso color limone. Il maschio del piranga occidentale (Piranga ludoviciana), ha un fascino indiscutibile. Sono meno appariscenti invece le femmine, di un discreto giallo polveroso. Questa variopinta specie trascorre gli inverni in America Centrale e possono essere trovati in una varietà di habitat, dal Costa Rica centrale ai deserti del sud-est di Sonora, nel Messico occidentale. In primavera si preparano a migrare per migliaia di chilometri verso le foreste di conifere delle montagne occidentali, sorvolando praterie, deserti e, occasionalmente, cortili suburbani.
Guarda il video sul piranga occidentale
Il green-up frettoloso
Durante il lungo viaggio si nutrono di bacche e di insetti, e come tutti gli uccelli migratori ne mangiano quantità enormi. Ma siccome il cambiamento climatico anticipa la primavera, i piranga, e con loro molte altre specie migratorie, arrivano a destinazione dopo il cosiddetto “green-up”, il momento in cui i fiori iniziano a sbocciare e gli insetti emergono. Delle conseguenze di questo sbalzo in avanti delle stagioni, di cui ci stiamo ormai accorgendo tutti, in ogni parte del globo, si è occupato un recente studio pubblicato sul giornale Pnas (Proceedings of the National Academy of Sciences), rivista scientifica statunitense, organo ufficiale della United States National Academy of Sciences.
Le stagioni stravolte
La discrepanza temporale che si crea tra le specie migratorie e le loro fonti di cibo è un problema che potrebbe avere conseguenze disastrose sulla sopravvivenza degli animali e sull’intero ecosistema. In Nord America il fenomeno sta diventando sempre più rilevante, sottolinea Scott Loss, professore alla Oklahoma State University e coautore dello studio. Intervistato da The Atlantic, Loss dichiara:
«Nel discutere di cambiamento climatico, spesso ci concentriamo sul riscaldamento. Ma la lunghezza e i tempi delle stagioni, come quando finisce l’inverno e inizia la primavera, sono alcuni degli effetti più drammatici».
Un’infinita (e precoce) primavera
Gli autori dello studio hanno preso in considerazione anche una raccolta di osservazioni di birdwatcher cittadini da eBird per monitorare la migrazione degli uccelli. L’analisi ha mostrato che, poiché la primavera è anticipata, circa 110 specie di uccelli su 150 non sono riuscite a tenere il passo migrando in tempo. «Lo studio – spiega Morgan Tingley, ornitologo e professore associato presso l’Ucla – delinea la portata e della pervasività del fenomeno, che porta a una ridotta capacità degli uccelli di seguire il cambiamento delle stagioni causato dai cambiamenti climatici».
Pulcini e demografia
Le discrepanze temporali tra gli uccelli e il loro cibo potrebbero influenzare la sopravvivenza degli uccelli alla migrazione e il numero di pulcini che hanno. Un recente studio realizzato proprio dal laboratorio di Tingley ha dimostrato che gli uccelli canori che raggiungono i loro luoghi di riproduzione primaverile prima o dopo la comparsa delle piante hanno meno piccoli rispetto, ad esempio, a quelli che arrivano in tempo con l’inizio della primavera.
Le emissioni di gas serra
Nel frattempo, in tutto il mondo, le popolazioni di uccelli sono in declino. Il numero di volatili nel Nord America è diminuito di circa il 30% dal 1970. Anche le specie più abbondanti, come i corvi, hanno subito un calo della popolazione. Scott Loss afferma che la ricerca sulla migrazione potrebbe orientare gli sforzi di conservazione in futuro, per arrivare a sapere quali specie sono vulnerabili alle varie minacce. Lo scienziato spera soprattutto che tutte le informazioni raccolte e divulgate servano a evidenziare l’urgente necessità di ridurre le emissioni di gas serra il più velocemente possibile:
«È davvero importante, se non possiamo affrontare immediatamente il cambiamento climatico, cercare di fermare il più possibile la perdita di habitat».
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Le migrazioni, maestoso mistero a rischio
Sono comunque molte le domande a cui gli scienziati ammettono di non saper ancora rispondere con certezza. Ad esempio, la differenza tra gli uccelli migratori erbivori e quelli che si nutrono di insetti. Quel che è certo è che la migrazione animale, con il suo maestoso mistero, è uno dei fenomeni naturali più affascinanti di sempre.
Tanti sono gli elementi che entrano in gioco; la temperatura, la durata del giorno, la conformazione del territorio, le stelle, persino il campo magnetico terrestre, nonché le “istruzioni” codificate nella genetica.
Le migrazioni sono legate non solo alla sopravvivenza delle specie e degli ecosistemi, ma alla loro salute e quindi al benessere di tutti, e gli stravolgimenti climatici le stanno mettendo a dura prova. Un po’ come accade con le migrazioni di Homo Sapiens, interessi politici a parte.
Saperenetwork è...
- Nata a Napoli, è cresciuta tra Campania, Sicilia e Roma, dove vive. Giornalista, si occupa di ambiente per La Stampa e di cinema e società per Libero Pensiero. Ha collaborato con Radio Popolare Roma, La Nuova Ecologia, Radio Vaticana, Al Jazeera English, Sentieri Selvaggi. Ha insegnato italiano agli stranieri, lingua, cultura e storia del cinema italiano alle università americane UIUC e HWS. È stata assistente di Storia del Cinema all’Università La Sapienza di Roma. Cinefila e cinofila, ama la musica rock, i suoi amici, le sfogliatelle e il caffè.
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