cinque economisti "green"

Cinque economisti green che dovete conoscere

Alcuni studiosi, già dalla prima metà del secolo scorso, mettono in discussione il “mito” della crescita infinita e considerano il benessere diffuso nel rispetto degli equilibri della natura il vero indice di sviluppo. Ecco una prima rassegna dei principali pensatori

Cambiare il paradigma economico per attuare società più giuste e rispettose degli equilibri naturali: negli ultimi decenni, numerosi pensatori si sono posti questo obiettivo, esplorando le connessioni tra pensiero ecologico ed economia. Oggi ve ne presentiamo cinque, in cammino tra decrescita, attenzione al bene comune, tutela della biodiversità e ricerca della felicità.

Nicholas Georgescu-Roegen

Fondatore della “bioeconomia”, Nicholas Georgescu-Roegen è stato tra i primi e più importanti pensatori nell’ambito dell’economia ecologica e della decrescita. Cresciuto nella Romania dei primi del ‘900, con un talento fuori dal comune per la matematica, dopo gli studi in statistica e filosofia della scienza all’Università di Bucarest, alla Sorbonne di Parigi e allo University College di Londra, entra ad Harvard come ricercatore e diviene in seguito docente alla Vanderbilt University di Nashville, dove insegnerà per tutta la vita.

 

 

Il fulcro delle sue ricerche è la critica al modello neoclassico di allocazione delle risorse, con particolare riguardo al mito della crescita senza limiti, che considererà un “non sense”, frutto di una visione meccanicistica dal potenziale distruttivo, incapace di guardare ai diritti delle generazioni future. Le risorse della Terra, osserverà nei suoi studi, sono limitate, e la loro disponibilità tramite riutilizzo, in linea con i princìpi della termodinamica, diminuisce nel tempo. Disegnare un’economia nuova, che tenga conto dei vincoli ecologici, è allora un imperativo quantomai necessario.

Sfruttando i modelli della fisica e della biologia, egli riaffermerà che la biosfera, di cui la comunità umana è parte, è un sistema complesso, i cui meccanismi possono essere compromessi da concezioni che si limitino a quantificarne l’utilità e il valore monetario.

La bioeconomia, invece, ridefinirà le aree del benessere e dell’integrità della natura come dotate di un valore “incommensurabile”Avverso sia al concetto di sviluppo sostenibile (in quanto legato alla crescita), che di “steady economy” (ovvero di rinuncia alla crescita futura, senza però decrescere), Georgescu-Roegen sosterrà sempre la necessità di avviare un percorso di decrescita, per il benessere delle generazioni presenti e future.

Herman Daly

Allievo di Georgescu-Roegen alla Vanderbilt University, Herman Daly, scomparso nel 2022, è stato tra i fondatori dell’economia ecologica e solidale. Nel suo pensiero è centrale la distinzione tra crescita (la cui misura è l’innalzamento del PIL) e sviluppo (dove la ricerca della felicità e del benessere ridisegna l’idea di successo). Sebbene Daly sia meno famoso di altri teorici del campo, le sue ricerche rappresentano un nodo fondamentale nel dibattito sulla costruzione di modelli economici alternativi a quello neoclassico. Egli si concentrerà sull’analisi delle conseguenze sociali e ambientali delle scelte economiche, con particolare attenzione alle capacità autorigenerative degli ambienti naturali, oltre ogni riduzionismo.

 

 

Daly sarà tra i primi a definire economia e ambiente come sistemi integrati e interdipendenti e a ribadire che, tra i due, è la natura a “contare davvero”, per la sua capacità di fornirci le risorse indispensabili alla nostra sopravvivenza.

Al mondo dell’ “homo oeconomicus”, fondato su individualismo, egoismo e massimizzazione dei profitti, egli contrapporrà l’aspetto di solidarietà tra territori, persone e ambiente. Anche nel pensiero di Daly, in un pianeta di risorse finite, la cresciuta infinita è da considerarsi una chimera. L’obiettivo da porsi, però, potrebbe non essere necessariamente una decrescita, bensì uno “stato stazionario” (“steady economy”) che rinunci, quantomeno, alla brama di crescere ancora.

Kate Raworth

Docente di economia all’Università di Oxford, Kate Raworth è celebre per aver elaborato la “teoria della ciambella” (“doughnut economics”), un modello di sviluppo sostenibile che tiene conto dei limiti sociali e ambientali nello sfruttamento delle risorse. Se infatti gli esseri umani hanno bisogno di soddisfare i propri bisogni di base, il pianeta è capace di garantire una risposta a queste esigenze solo a patto che non si oltrepassino determinate linee rosse, il cosiddetto “tetto ambientale”, che va dall’acidificazione degli oceani alla compromissione dei processi biogeochimici del pianeta, fino all’inquinamento delle acque.

 

 

Il punto di incontro tra disponibilità delle risorse e benessere della comunità umana genera un’area di sviluppo sostenibile, nella quale il potenziale dell’economia circolare è pienamente sfruttato, la giustizia sociale è diffusa, mentre sfruttamento indiscriminato, potere e interessi privati dei grandi attori multinazionali sono limitati da leggi efficaci e la distribuzione delle risorse è trasparente ed equa. Stare “all’interno del cerchio”, afferma Ratworth, è il modo migliore per garantire al pianeta un futuro di benessere e di pace.

Christian Felber

Christian Felber, la cui formazione spazia dalle scienze politiche a quelle storiche, dall’economia alla sociologia, merita di essere annoverato tra le più brillanti menti economiche “verdi” degli ultimi anni, per aver elaborato il concetto di “economia del bene comune”. Essa nasce come nuovo paradigma basato su sostenibilità e solidarietà, che si contrappone agli aspetti più rapaci e disumanizzanti del capitalismo e diviene un movimento capace di coinvolgere migliaia di persone in tutto il mondo.

 

 

Un modello basato sul commercio etico, nel quale il rispetto dei cicli della natura si unisce alla cura verso la “fioritura” dell’essere umano. Una “scienza economica olistica”, eclettica, che attinge a saperi diversi e li integra per costruire modelli inclusivi, chiamando tutti a impegnarsi per i valori della dignità umana e della giustizia sociale e ambientale.

La nuova “economia della solidarietà”, elabora, inoltre, nuovi modelli qualitativi di bilancio, basati sulla capacità di generare benessere diffuso senza intaccare gli equilibri del pianeta.

Felber è stato docente presso la facoltà di economia dell’Università di Vienna, a Graz e a Klagenfurt e, dal 2018, è Senior Fellow presso l’Institute for Transformative Sustainability Research (IASS) di Potsdam. I suoi testi sono tradotti in 15 lingue e l’edizione inglese del suo libro “Change Everything: Creating an Economy for the Common Good” si apre con un contributo a cura del premio Nobel per l’economia Eric Maskin.

Partha Sarathi Dasgupta

Matematico ed economista indiano contemporaneo, Dasgupta ha studiato all’Università di Delhi e si è specializzato nel Regno Unito, insegnando all’Università di Cambridge, alla London School of Economics e a Stanford. I suoi studi sullo sviluppo sostenibile mirano a “riscrivere l’economia per introdurvi la natura come ingrediente centrale”, per far sì che la sostenibilità diventi “il cuore” della materia economica, e non più il suo “angolo cieco”. Dasgupta traccia un sentiero basato su welfare efficace e abbandono del PIL come misura unica della crescita, lotta al “deprezzamento” del “bene natura”, attuazione di pratiche rigenerative.

 

 

Tra il 2019 e il 2021, su commissione del governo britannico, si occupa della stesura di un rapporto indipendente sul valore della biodiversità, un lavoro che diverrà celebre in tutto il mondo con il titolo di “The Economics of Biodiversity: The Dasgupta Rewiew” e che è possibile leggere nella versione integrale messa a disposizione sul sito del governo a questo link. La ricerca si pone l’obiettivo di certificare il valore della biodiversità attraverso la lente dei vantaggi economici, ma che non manca di ribadire la preziosità intrinseca degli ecosistemi e il loro valore sociale e spirituale, al quale sarà sempre impossibile “dare un prezzo”.

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Anna Stella Dolcetti
Anna Stella Dolcetti
Anna Stella Dolcetti, laureata in lingue e culture orientali presso l’Università La Sapienza di Roma, ha conseguito un master in International Management alla Luiss Business School, si è specializzata in Marketing all’Istituto Europeo di Design e in Green Marketing all’Imperial College di Londra. È vincitrice e finalista di competizioni dedicate alle nuove tecnologie (Big Data e Blockchain) e lavora nella comunicazione per aziende ad alto tasso di innovazione. È diplomata in "sommellerie" e appassionata di alimentazione naturale. Nel tempo libero passeggia nei boschi, scala montagne e legge avidamente di biologia, astronomia, fisica e filosofia. Crede fermamente nella sinergia tra metodo scientifico e cultura umanistica e nell’utilizzo delle nuove tecnologie al servizio di etica, rispetto e sostenibilità sociale e ambientale.

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