Il mondo (e l’amore) visto e spiegato da Mr Beau

Lo splendido Beau insieme alla regista Claudia Tosi in sala a Cinemambiente 2024

Il mondo (e l’amore) visto e spiegato da Mr Beau

Rifugio sicuro o gabbia dorata? Quali sono i limiti del nostro amore per gli animali che popolano le nostre città? La regista Claudia Tosi cerca una risposta con un film che mette al centro la sua relazione con lo splendido golden retriever Beau. Presentato nella sezione Made in Italy di Cinemambiente 2024

Tra i 76 film provenienti da 27 Paesi nel programma del 27° festival Cinemambiente in corso a Torino, ce n’è uno che guarda a un raggio brevissimo, sia perché la città sabauda fa da sfondo a buona parte delle riprese, sia perché invita a fermare lo sguardo su uno dei rapporti più intimi esistenti: quello che unisce l’uomo al proprio animale domestico. Presentato nella sezione Made in Italy, Mr. Beau di Claudia Tosi mette al centro la relazione della regista con il suo splendido golden retriever Beau, fedele compagno da più di dieci anni.

 

Beau e Claudia Tosi in una scena del film
Beau e Claudia Tosi in una scena del film

Motore della vicenda la malattia del cane, che mette Claudia di fronte all’evidenza della sua fragilità. Sconfitto il tumore, Claudia riceve l’invito dal veterinario a lasciare che Beau torni a fare il cane: una esortazione che la spinge a ragionare sul «limite tra l’essere rifugio sicuro e una gabbia dorata».

Mr Beau e i suoi fratelli

Da questo dilemma d’amore scaturisce l’analisi del loro legame con l’intento di capire quanto i bisogni animali siano soddisfatti dal mondo umano.

Nel ruolo di «caregiver», come viene definita, Claudia si chiede come e quanto si prende cura del suo cane e cerca risposta nella scienza.

Lungo un percorso di ricerca etologica presso l’Università di Pisa fatto di pratiche di sport cinofili e avventure nella natura, sotto la guida di un esperto dei comportamenti umani e animali in relazione tra loro e con lo spazio abitato, Claudia scopre così che la percezione del cane trascende la specificità della specie, per andare verso l’individuazione di un carattere proprio.
Al Cinemambiente, in una sala piena dove sedeva nel pubblico anche il delizioso Mister Beau, gli spettatori si sono immersi per gli 83 minuti del film in un mondo dove a essere protagonisti sono i quattrozampe ma anche la galassia di animali che popola le città, dal gatto del vicino ai corvi agli scoiattoli.

 

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Noi, banali imitatori degli animali

Girato principalmente ad altezza dello sguardo del cane, per il suo docufilm Tosi ha preso come riferimento estetico i cartoon di Tom & Jerry e i Peanuts. La sua narrazione mette al centro Beau, facendo diventare la loro storia personale un modello nel quale tutti coloro che condividono la propria esistenza con un animale potranno facilmente ritrovarsi e identificarsi. Nel riflettere su quanto umano deve sottrare dalla loro equazione perché Beau possa essere cane, l’esplorazione di Tosi diventa quindi una riflessione profonda sul rapporto tra «animali umani» e «non umani».

E se come diceva Democrito «siamo banali imitatori degli animali», Beau ci ricorda l’importanza di vivere nel momento, perché come dice Claudia «mi hai portato lì dove sei tu, nell’attimo in cui accade la felicità».

 

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Con lo sguardo di Beau, per vivere nel momento

Questo documentario del 2024 verrà presentato in altri festival, in attesa di andare in sala e diventare, come amerebbe la sua autrice, «il film che avrei voluto vedere, a Natale, quando avevo dieci anni». Laureata in Filosofia all’Università di Bologna e con un master in Filosofia all’Università di Torino, Claudia Tosi dal 2003 lavora come autrice e regista di documentari e nel 2004 co-fonda la società di produzione Movimenta. Tra i suoi lavori, viaggi introspettivi sullo sfondo delle contraddizioni storiche, politiche e sociali del nostro tempo, ricordiamo i pluripremiati Private Fragment of Bosnia (2004), Mostar United (2009), The Perfect Circle (2014), I Had a Dream (2018).

 

 

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Marina Maffei
Marina Maffei
Giornalista e cacciatrice di storie, ho fatto delle mie passioni il mio mestiere. Scrivo da sempre, fin da quando, appena diciassettenne, un mattino telefonai alla redazione de Il Monferrato e chiesi di parlare con l'allora direttore Marco Giorcelli per propormi nelle vesti di apprendista reporter. Lì è nata una scintilla che mi ha accompagnato durante l'università, mentre frequentavo la facoltà di Giurisprudenza, e negli anni successivi, fino a quando ho deciso di farne un lavoro a tempo pieno. La curiosità è la mia bussola ed oggi punta sui nuovi processi di comunicazione. Responsabile dell'ufficio stampa di una prestigiosa orchestra torinese, l'OFT, scrivo come freelance per alcune testate, tra cui La Stampa.

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