Il professor Rodolfo Guzzi, chair del "New space economy european expoforum"

Settore spaziale e sostenibilità al New Space Economy Expoforum. Intervista a Rodolfo Guzzi

Medicina, agricoltura, energie rinnovabili, controllo meteorologico. Il contributo della ricerca spaziale ai settori chiave per il benessere dell’umanità è in crescita. Il Chair dell’evento che parte oggi a Roma spiega come questo possa aprire la porta del progresso

Tra sviluppo sostenibile e settore spaziale c’è un legame che vale la pena approfondire. La ricerca al di là dei confini terrestri è infatti in grado di favorire il progresso delle società umane determinando in queste un impatto economico capace di spostare l’asticella verso un maggiore benessere. Un tema a volte sottovalutato che è ogni anno al centro del New space economy european expoforum, appuntamento dedicato agli impatti non solo economici del settore spaziale. L’evento, ideato e organizzato dalla Fondazione Edoardo Amaldi con la Fiera di Roma, tornerà in presenza dall’1 al 3 dicembre. Ha il patrocinio, tra gli altri, dell’Agenzia Spaziale Italiana e dell’Università di Tor Vergata, e il supporto dell’Agenzia Spaziale Europea.

 

 

 

In occasione della quarta edizione, per offrire una visione panoramica sul potenziale crescente del settore spaziale, il Forum metterà in rete grandi tutti gli attori in causa: dalle grandi realtà industriali, a centri di ricerca e università, passando per piccole e medie imprese, investitori, start-up, agenzie spaziali, istituzioni e organizzazioni internazionali.

«L’obiettivo – spiegano gli organizzatori – è fornire soluzioni che, attraverso il settore spaziale, diano risposta anche agli utenti non spaziali nell’ispirare le prossime generazioni e costruire una società sostenibile».

Quest’ultimo e focale aspetto lo abbiamo approfondito attraverso le parole del professor Rodolfo Guzzi, chair della conferenza, al quale nell’anno 2021 è stato assegnato il prestigioso Premio Antonio Feltrinelli all’Astronomia, Geodesia, Geofisica e Applicazioni.

 

L'edizione 2019 del New space economy european expoforum. Le ultime due edizioni si sono svolte in modalità digitale
L’edizione 2019 del New space economy european expoforum. Le ultime due edizioni si sono svolte in modalità digitale

 

Professor Guzzi, in cosa consiste il forum New Space Economy?
Il nome del Forum dà già un’importante indicazione. Si chiama New Space Economy poiché solo negli ultimi tempi, da circa cinque anni a questa parte, il settore spaziale ha riscosso interesse anche tra i privati, mentre fino a poco tempo fa tutte le attività spaziali erano promosse e coordinate esclusivamente dai governi nazionali. Si chiama quindi ‘New’ dal momento in cui, con il coinvolgimento del settore privato, è cambiato tutto il quadro di riferimento.

L’economia spaziale sta quindi evolvendo, non solo nel settore dell’osservazione della Terra ma anche e soprattutto in quello delle telecomunicazioni.

Quindi l’evento nasce poiché, ora, i nuovi utenti potrebbero essere ‘spaziali’ ma anche ‘non spaziali’. Bisogna tener conto, infatti, che c’è tutta una fetta del settore industriale che, sebbene non sia direttamente coinvolta nelle attività spaziali, da queste ricava una serie di informazioni e tecnologie essenziali. Informazioni che derivano dall’utilizzo dei dati satellitari e dalla vita nello spazio, le quali portano allo sviluppo di tecnologie che possono poi tramutarsi in un prodotto vero e proprio. La contaminazione e collaborazione sinergica tra più settori è quindi ciò che il Forum ha intenzione di favorire.

Quali settori potrebbero beneficiare da queste sinergie?
Sicuramente le nuove start-up, portate avanti da giovani imprenditori, che decideranno di usufruire delle tecnologie spaziali. I settori che dovrebbero poi svilupparsi di più sono quello delle telecomunicazioni e quello dell’osservazione delle Terra, ma anche settori prettamente ‘terrestri’ come quello della medicina. La ricerca spaziale permette infatti di studiare fenomeni biologici che, sulla Terra, avverrebbero in tempi troppo lunghi. È, ad esempio, il caso dell’osteoporosi, patologia che in orbita si sviluppa nel giro di pochi anni, a differenza dei decenni richiesti sulla Terra. Vien da sé il vantaggio di approfondire questi processi con modalità e tempi che permettono anche di favorire l’individuazione di una soluzione farmaceutica.

Al riguardo mi viene in mente un articolo che lessi sul rallentamento della crescita tumorale in assenza di gravità…
Sì, esatto. Nello spazio il comportamento delle cellule umane e, in generale, animali, è differente e questo vale anche per quelle tumorali. Studiare i diversi meccanismi di evoluzione e comunicazione cellulare è essenziale per lo sviluppo di nuovi farmaci, e questo è possibile farlo solo nello spazio.

Ma anche la transizione ecologica potrebbe beneficiare della ricerca spaziale, in che modo?
Uno dei primi ambiti su cui l’attività spaziale si è focalizzata fin dal principio è quello dell’osservazione della Terra e dei suoi fenomeni da una prospettiva differente. Già questo sarebbe sufficiente a dare un contributo notevole alla scienza climatica, dato che da satellite è possibile valutare con dettaglio le variazioni della temperatura terrestre nonché la concentrazione dei gas ad effetto serra. Informazioni preziose che derivano da misure accurate, le quali permettono di conoscere meglio il problema dei cambiamenti climatici e, di conseguenza, correre ai ripari in modo più efficace. I satelliti permettono di avere una visione d’insieme del sistema terrestre e quindi aiutano nell’individuare eventuali criticità, cosa che dalla Terra avverrebbe in modo frammentato e quindi più lento.

Alcuni aspetti del settore spaziale non sono però esenti dal rilascio di emissioni…
Se parliamo dei satelliti, il loro impatto sul clima è in un certo senso limitato. I problemi si hanno all’inizio e alla fine del loro ciclo di vita, ovvero, quando devono essere lanciati nello spazio e quando invece devono essere deorbitati. Il lancio, in particolare, sì, dal punto di vista climatico, è altamente inquinante. Tuttavia, parliamo di un rilascio di emissioni concentrato nel tempo, nulla a che vedere con altri settori cronicamente impattanti: basti pensare a quello del trasporto aereo.

E se parliamo di turismo spaziale?
Questo sì, è un problema che il settore rischia di correre. Ammesso e non concesso che i viaggi turistici nello spazio abbiano effettivamente luogo, allo stato attuale, la potenza necessaria per arrivare a determinate quote può essere garantita solo da motori altamente impattanti. Non si esclude però che, qualora il settore prendesse effettivamente piede, il progresso tecnologico potrà ovviare anche a questo.

Cosa risponde invece a chi, in fatto di transizione e tutela ambientale, ritiene che varrebbe la pena concentrare gli sforzi sulla Terra anziché – cito – “sprecare risorse nello spazio”?
Rispondo che il settore spaziale non toglie risorse in questo senso poiché, da sempre, l’attività spaziale è al massimo alternativa a quella ‘bellica’. Senza contare che quanto si ottiene in termini di sviluppo tecnologico dal settore spaziale, come abbiamo visto, apporta vantaggi a tutta una serie di settori ‘non spaziali’, tra cui quello della transizione ecologica. La ricerca spaziale dà ad esempio un contributo essenziale a tutti quei settori chiave per lo sviluppo sostenibile, come l’agricoltura. Le attività in orbita, infatti, promuovono le pratiche agricole di precisione, permettono di ottimizzare l’uso delle risorse e contribuiscono all’individuazione e alla risoluzione di diverse patologie delle colture. Tutte le tecnologie spaziali, inoltre, utilizzano sistemi che possono essere poi riprodotti a terra andando a migliorare il settore dell’energie rinnovabili, come nel caso delle celle fotovoltaiche di ultima generazione ad alta efficienza. Anche in un’ottica di mitigazione e adattamento alla crisi climatica, il monitoraggio dall’alto è invece poi essenziale per studiare la genesi e l’evoluzione di fenomeni meteorologici estremi quali le alluvioni, ma anche incendi o altre avversità. Molti di questi fenomeni sono oggi prevedibili, o comunque monitorabili, proprio grazie al lavoro dei satelliti.

Nel complesso, il ritorno è quindi elevato, nell’ordine di dieci volte maggiore rispetto a quanto viene investito, le attività spaziali permettono delle accelerazioni tecnologiche che non hanno eguali.

 

Saperenetwork è...

Simone Valeri
Simone Valeri
Laureato presso l'Università degli studi di Roma "La Sapienza" in Scienze Ambientali prima, e in Ecobiologia poi. Attualmente frequenta, presso la medesima università, il corso di Dottorato in Scienze Ecologiche. Divulgare, informare e sensibilizzare per creare consapevolezza ecologica: fermamente convinto che sia il modo migliore per intraprendere la via della sostenibilità. Per questo, e soprattutto per passione, inizia a collaborare con diverse testate giornalistiche del settore, senza rinunciare mai ai viaggi con lo zaino in spalla e alle escursioni tra mare e montagna

Sapereambiente

Vuoi ricevere altri aggiornamenti su questi temi?
Iscriviti alla newsletter!


Dopo aver inviato il modulo, controlla la tua casella di posta per confermare l'iscrizione

 Privacy policy


Parliamone ;-)