Perché vestire vintage o second-hand? La risposta nel libro “Il sogno nel cassetto”
Gli abiti di seconda mano vanno sempre più di moda. Acquistarli significa risparmiare, proteggere l’ambiente e sostenere progetti in paesi svantaggiati. Come racconta Karin Bolin, presidente di Humana People to People Italia, associazione impegnata nel recupero del tessile a fini di solidarietà sociale
Vestire vintage o second-hand ormai è diventato un fenomeno culturale anche in Italia. Una scelta di stile che crea un positivo impatto ambientale. Gli effetti, però, possono essere persino maggiori. Infatti, se l’acquisto è collegato ad azioni di sostegno e di sviluppo nei paesi più svantaggiati, il risvolto positivo è anche sociale. Un esempio, divenuto un caso di studio, è quello di Humana People to People Italia, un’organizzazione umanitaria, indipendente e laica, nata nel 1998 per realizzare progetti di cooperazione internazionale nel Sud del mondo e attività di sensibilizzazione in Italia.
Membro della Federazione internazionale Humana People to People, sin dalla sua nascita Humana Italia ha organizzato un sistema di raccolta di abiti usati virtuoso, trasparente e certificato. Organizzato in maniera tale da valorizzare circa il 65% degli abiti donati attraverso i contenitori presenti oggi in 43 province.
Con il contributo di numerosi donatori, dal 1998 al 2020 Humana ha raccolto 770 milioni di capi, togliendoli di fatto alla discarica. Grazie a ogni sacchetto di abiti donato e la successiva vendita, Humana riesce a finanziare interventi di sviluppo nel Sud del mondo e azioni sociali in Italia. Un piccolo gesto che crea enormi risparmi economici e ambientali: i comuni, infatti, non debbono preoccuparsi della raccolta e gestione dell’abbigliamento usato, mentre sul piano ambientale il riuso evita il consumo di acqua, suolo, pesticidi, coloranti, emissioni di CO2, estrazione di nuove materie prime e tutto quanto è necessario per produrre nuovi indumenti.
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Soprattutto, ogni sacchetto di abito donato crea nuove possibilità di vita a centinaia di persone in Malawi, Zambia, Zimbabwe, Angola e in molti altri paesi. Un piccolo gesto per regalare un sogno. E’ “Il sogno nel cassetto”, sottotitolo: Aspetti tecnici, etici ed estetici del vintage. Prefazione di Marina Spadafora. Il libro, uscito in questi giorni, scritto da Humana People to People Italia e Stefano Sacchi, edito da FrancoAngeli, può essere acquistato in tutte le librerie, anche on line, e presso i negozi di Humana Vintage e second-hand. Del libro e delle attività di Humana Italia parliamo con la presidente, Karin Bolin.
Karin, come nasce l’idea del libro “Il sogno nel cassetto”?
“Il sogno nel cassetto” nasce dal desiderio di creare consapevolezza rispetto al valore di un capo vintage e all’impatto sociale che si genera donando i propri abiti ad Humana. Il lettore, grazie ad un viaggio nella moda del passato, acquisisce competenze per valutare meglio i capi e scopre un finale da sogno: con un gesto apparentemente semplice come la donazione di un capo, può in realtà aiutarci a trasformare il mondo.
Donare gli abiti nei nostri contenitori e fare shopping da Humana Vintage sono infatti due modi per tutelare il pianeta e aiutarci a realizzare i sogni di moltissime persone in Africa, Asia e Sud America.
Insieme a Stefano Sacchi, fashion consultant e docente dell’Accademia del Lusso, e al fondamentale contributo di Luca Gilardi, responsabile Retail di Humana Italia, da cui è nata l’idea, abbiamo quindi deciso di creare un manuale semplice ma completo per chi si avvicina al mondo del vintage e della sostenibilità. Chi poi meglio di Marina Spadafora, coordinatrice di Fashion Revolution Italia e ambasciatrice di moda etica nel mondo, avrebbe potuto scrivere la prefazione di un libro che vuole unire il tema della moda con aspetti sociali e ambientali.
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Humana People to People in Italia è nata nel 1998, cosa è cambiato in questi anni nel modo di donare e di acquistare abiti usati?
Per dare un’idea: siamo partiti con un piccolo ufficio di quattro persone, oggi siamo quasi duecento e abbiamo circa 4.800 contenitori stradali per la raccolta degli abiti in 42 province d’Italia. Negli anni le persone hanno imparato a conoscere il servizio che offriamo e le nostre finalità, anche grazie all’importante collaborazione con i comuni e i territori nei quali siamo presenti. Riteniamo che i cittadini abbiano una crescente consapevolezza sull’importanza di utilizzare questo servizio e sull’impatto positivo che può avere.
Acquistare abiti usati è stata per molto tempo un’attività per una nicchia di appassionati del vintage. Ora non è più così e comprare vintage o second-hand è molto più diffuso ed è diventato cool.
Siamo estremamente orgogliosi di aver fatto la nostra parte nel diffondere la cultura di una moda sostenibile e alla portata di tutti.
Da chi è composta la vostra clientela?
La clientela dei nostri negozi è molto variegata, anche perché ormai il vintage è di tendenza. Il nostro target principale ha tra i 20 e i 35 anni: sono soprattutto i giovani, infatti, ad affermare sempre più il potenziale della sostenibilità dei prodotti nelle loro scelte d’acquisto.
Perché, secondo il vostro osservatorio, vestire vintage o usato sta diventando una tendenza?
Dall’esperienza maturata con i nostri negozi, ad oggi sono dieci gli Humana Vintage a Milano, Roma, Torino, Bologna e Verona e un negozio Humana Second-Hand a Torino, possiamo dire che le persone cercano sempre di più un’alternativa sostenibile, smart. I capi che si trovano nei nostri negozi sono di qualità e fatti per durare nel tempo, con un prezzo molto contenuto e che li differenzi. Basti pensare che nel pieno della pandemia, tra giugno e ottobre 2020, abbiamo aperto tre nuovi punti vendita e tutti e tre sono andati benissimo fin dall’inizio.
Come impatterà l’obbligo della raccolta differenziata dei rifiuti tessili, dall’1 gennaio 2022, sulle attività di Humana?
Il servizio di raccolta differenziata del tessile è già realtà per molti territori in Italia e collaboriamo da anni con oltre mille comuni. Non ci aspettiamo grandi cambiamenti nell’immediato, ma sicuramente nel tempo le quantità di materiale raccolto aumenteranno e si dovrà far fronte a volumi maggiori da gestire, con un probabile abbassamento della qualità. Anche alla luce di questo, sarà sempre più centrale l’apporto degli operatori e delle amministrazioni nello sviluppare nuovi modelli che continuino a garantire sostenibilità economica, sociale e ambientale al servizio.
Quali problematicità sta creando la moda fast fashion sulla raccolta, il riuso e il riciclo di abiti usati?
La difficoltà principale per noi è che la quantità di abiti usati raccolti cresce, ma la qualità dei capi è costantemente in calo. Così la quantità di materiale riutilizzabile si assottiglia sempre di più. Anche riciclare diventa sempre più difficile perché i capi sono spesso composti da un misto di fibre differenti che sono difficili da separare. È il caso delle fibre sintetiche, invece le fibre naturali sono più semplici da riciclare. Stiamo subendo le conseguenze del settore che non pensa all’eco-design e al fine vita dei prodotti che produce.
Vediamo però un’attenzione crescente su questi aspetti sia perché lo chiede il consumatore, sia perché la normativa si sta facendo più stringente.
Quali sono i vostri progetti futuri?
Stiamo lavorando a nuove aperture dei nostri negozi: tra poche settimane inaugureremo un nuovo Humana Vintage a Torino. Inoltre, abbiamo in programma di potenziare l’App Humana Vintage, lanciata lo scorso anno, per acquistare online e riceve i capi in tutta Italia, così da permettere a chiunque, ovunque si trovi, di fare un gesto green e solidale.
Saperenetwork è...
- Giornalista e blogger. Sulle scelte di consumo nel settore della moda cura il blog “Fattidistile.it”. Si occupa di sostenibilità ambientale e scelte di consumo per una migliore qualità della vita, degli effetti sul cambiamento climatico e dei diritti delle persone. Nata a Roma, ha collaborato con La Nuova Ecologia, Casa Naturale, Il salvagente e 50&Più.
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