Posso entrare? Lo spirito di comunità è l’oro di Napoli

Don Antonio Loffredo nel Rione Sanità, in un momento del docufilm "Posso entrare? An ode to Naples"

Raccontare Napoli senza la pizza e il mandolino? Nel suo bel documentario presentato in anteprima alla 18esima edizione della Festa del Cinema di Roma, Trudie Styler dimostra che si può. La regista britannica, trapiantata da anni negli Stati Uniti, in Posso entrare? An Ode to Naples si intrufola tra i vicoli, dal Rione Sanità a Posillipo, fin sulle pendici del Vesuvio, “la montagna”, senza timore di mostrarne pregi e difetti esenza mai cadere né nella retorica né nell’apologetico, per scoprire quella che Curzio Malaparte definisce “l’ultima delle città antiche”. Si legge nel romanzo di Malaparte La pelle: «Napoli è la più misteriosa città d’Europa, è la sola città del mondo antico che non sia perita come Ilio, come Ninive, come Babilonia. È la sola città del mondo che non è affondata nell’immane naufragio della civiltà antica. Napoli è una Pompei che non è stata mai sepolta. Non è una città: è un mondo. Il mondo antico, precristiano, rimasto intatto alla superficie del mondo moderno. Napoli è l’altra Europa».

Due anni di lavoro

Styler, seguendo l’esempio di tanti altri artisti e intellettuali europei prima di lei: come i conterranei Shelley (di cui cita la bellissima poesia Ode to Naples), Byron e Keats, e Goethe e Stendhal, si immerge nella luce del Mediterraneo e in un’umanità palpitante e piena di contrasti.

 

La regista Trudie Styler
La regista Trudie Styler

 

«Quando sono stata invitata a fare questo documentario, non sapevo nulla della città partenopea. Per me è stato un privilegio offerto da Rai Cinema. Di solito faccio film di finzione, seguendo una sceneggiatura. Per cui lavorare su questo documentario semplicemente incontrando persone è stata una sfida e una scoperta continua. Con il direttore della fotografia abbiamo fatto uno scouting di due anni tra i quartieri per trovare luoghi dove potessi raccontare storie», ha raccontato in conferenza stampa l’attrice, regista, produttrice, ambasciatrice Unicef, attivista inglese, nonché moglie da più di 30 anni di Gordon Matthew Thomas Sumner, più celebre come Sting. Che i due trascorrano molto del loro tempo in Italia è cosa nota: proprietari di una tenuta in Toscana, Il Palagio, nel cuore del “Chiantishire”, dove producono olio e vino biologico. Che si sia quindi spesso spinta in altre zone italiane non desta più di tanto meraviglia.

Il melting pot partenopeo

«Nei due anni di questo viaggio ho scoperto un grande senso di comunità della città, di umanità nelle contraddizioni e nelle ombre. Ho cominciato semplicemente entrando, entrando nelle strade, nei bassi, nelle case dicendo ai napoletani: “May I enter?, May I come into your life?” Un senso di comunità ancora più degno di essere celebrato perché io abito a New York e lì viviamo la vita come un treno espresso, non ci fermiamo per incontrare gli altri. Questa città, invece, è un melting pot, con uno spirito di comunità diffuso ovunque». Forte della fotografia di un maestro come Dante Spinotti (un BAFTA per L’ultimo dei Mohicani e due volte candidato agli Oscar, per L.A. Confidential e in Insider – Dietro la verità) e del montaggio di Walter Fasano, Styler confeziona un delizioso documentario. Ad aprire, una canzone di Clementino, talento della scena rap napoletana. «Volevo un pezzo che fosse provocante, divertente ed entusiasmante. L’idea era, prima di cominciare il film, di partire dai Greci, dagli antichi Romani, dagli Spagnoli, ai Francesi. Sono andata a cena con Clementino per chiedergli di racchiudere la storia di Napoli in due minuti e lui ha detto subito di sì. Nel film, poi, l’80% per cento della musica è napoletana, grazie soprattutto a Walter Fasano che non è solo il montatore migliore del mondo, ma anche un grande intenditore di musica», ha spiegato l’autrice.

 

 

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Voci della città

Napoli viene poi vista attraverso le interviste. A don Antonio Loffredo, parroco del Rione Sanità, famoso per aver aiutato tante ragazze e tanti ragazzi trasformando la splendida basilica barocca di Santa Maria della Sanità in un rifugio e in uno spazio di creatività. A Roberto Saviano, che ripercorre i 15 anni che hanno cambiato la sua vita, dalla pubblicazione di Gomorra a oggi, e insieme il profilo della città. A Jorit, il writer dei murales colossal tra cui quelli celeberrimi, a San Giovanni a Teduccio, dedicati a Maradona e a Che Guevara. A Vincenzo, un tassista, cresciuto alle Vele di Scampia. Alle Forti Guerriere, un gruppo di donne che dopo il femminicidio, nel 2019, di Fortuna Bellisario, uccisa dal marito nel Rione Sanità, hanno deciso di unirsi e fare squadra, dando sostegno a chi è in difficoltà. Ad Alessandra Clemente che ha visto morire la madre, Silvia Ruotolo, per una pallottola vagante della Camorra e ha deciso di dedicare la vita a Fare Lab. All’attore Francesco Di Leva, fondatore del Teatro NEST, collettivo di artisti di San Giovanni a Teduccio che ha dato un futuro a molti giovani.

 

Francesco Di Leva
L’attore Francesco Di Leva

 

Ha spiegato Di Leva, che in Nostalgia di Mario Martone ha vestito i panni di Don Antonio Loffredo: «Da 45 anni resisto in un quartiere che è il mio: voglio combattere, non andare via. Per questo sono molto contento che Trudie sia venuta spontaneamente a San Giovanni a Teduccio a conoscere Nest. Una realtà di formazione che nasce da un’occupazione di un sito abbandonato tredici anni fa, e oggi è un fiore all’occhiello per lo studio del teatro non solo a Napoli ma in Italia»,

Un cameo anche Sting che suona per i detenuti del carcere di Secondigliano la sua famosissima Fragile con una chitarra costruita dagli stessi detenuti con il legno dei barconi di migranti che arrivano a Lampedusa: il progetto di riabilitazione Metamorfosi

Insignito della Medaglia del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione del 79esimo Festival del Cinema di Venezia durante il quale è stato proiettato il cortometraggio che lo racconta, il progetto Metamorfosi è nato nel 2021 e ad oggi coinvolge le Case di Reclusione di Milano-Opera, Monza, Rebibbia e Secondigliano.

Musica e resistenza giovanile

La musica, dunque, è grande protagonista di Posso entrare? An Ode to Naples, che si conclude non a caso con il concerto tenuto dall’orchestra giovanile Sanitansemble, progetto nato nel 2008 e ispirato all’esperienza di El Sistema, un modello didattico con accesso gratuito per bambini e ragazzi ideato in Venezuela dal Maestro José Antonio Abreu che promuove la pratica collettiva musicale come mezzo di organizzazione e sviluppo della comunità in aree e contesti sociali difficili.

 

L’orchestra Sanitansemble nel documentario

«La cosa che più mi ha impressionata – ha sottolineato Styler – è che siano proprio le persone a difendere la città di Napoli, in particolare i giovani. Persone che hanno deciso di rimanere nonostante la Camorra, la difficoltà di trovare un lavoro e tutto il resto».

Posso entrare? An Ode to Naples è una produzione Big Sur, Mad Entertainment con Rai Cinema in coproduzione con Luce Cinecittà, prodotto da Luciano Stella, Maria Carolina Terzi, Lorenza Stella, Carlo Stella. Dopo il Rome Film Fest, tocca Firenze, nel Festival dei Popoli, il 7 novembre, ed è in sala il 6-7-8 novembre, distribuito da Luce Cinecittà.

 

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Francesca Romana Buffetti
Antropologa sedotta dal giornalismo, dirige dal 2015 la rivista “Scenografia&Costume”. Giornalista freelance, scrive di cinema, teatro, arte, moda, ambiente. Ha svolto lavoro redazionale in società di comunicazione per diversi anni, occupandosi soprattutto di spettacolo e cultura, dopo aver studiato a lungo, anche recandosi sui set, storia e tecniche del cinema.

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