Antonio Guterres, segretario generale dell'Onu

Antonio Guterres, segretario generale dell'Onu, alla conferenza d'apertura della Cop27 di Sharm El-Sheikh

Perdite e danni (finalmente) alla Cop27 sul clima. Ma sarà vera svolta?

Alla 27esima Conferenza delle parti promossa dall’Onu, la prima in Africa, i risarcimenti che i paesi ricchi e più inquinanti dovrebbero a quelli più poveri e inquinati, vale a dire i “loss and damage”, entrano dopo molte insistenze nel dibattito. Tra guerre, migrazioni forzate, carestie, si può sperare in qualche novità concreta?

È passata nemmeno una settimana dall’inizio della Cop27 di Sharm El-Sheikh, la prima conferenza delle parti su suolo africano. Si è aperta con le parole di Antonio Guterres, segretario dell’Onu, che ha parlato di “un suicidio collettivo” dell’umanità, data la situazione messa in luce anche dall’ultimo rapporto sullo stato del clima globale della Wmo;

«Gli ultimi otto anni sono stati i più caldi mai registrati, ogni ondata di calore è stata più intensa e più minacciosa, specialmente per le popolazioni vulnerabili. I livelli dei mari si stanno alzando al doppio della velocità degli anni Novanta, ponendo una minaccia esistenziale per gli stati insulari e minacciando miliardi di persone sulle regioni costiere».

 

 

La crisi climatica e l’Egitto di Al-Sisi

Il record di velocità e quantità dei ghiacciai che si sciolgono, ha sottolineato ancora Guterres, ha già pregiudicato e continuerà a pregiudicare la sicurezza idrica di interi continenti. Un monito che arriva in un mondo spaccato dalla guerra in Ucraina, con alcuni tra i paesi più inquinanti del mondo, attori fondamentali nel conflitto e nella geopolitica internazionale, come Russia, Cina, India che hanno dato forfait. Una Cop più problematica del solito, ospitata nell’Egitto autoritario di al-Sisi, tra le preoccupazioni per la vita dell’attivista Allaa Abdel Fattah che proprio lunedì ha iniziato lo sciopero della fame, e, soprattutto in Italia, le polemiche per il bilaterale tra il dittatore egiziano e la neo premier Giorgia Meloni, al suo primo appuntamento internazionale nel pieno della crisi per il blocco dei porti alle navi Ong che hanno soccorso i migranti nel Mediterraneo, all’ombra di Giulio Regeni e Patrik Zaki e soprattutto dei tanti (troppi) interessi petroliferi.

 

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni alla Cop27
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni alla Cop27

 

Le perdite e i danni

La novità però, al momento c’è, e se non ci piace usare l’espressione “positiva” (in generale, banalizzante e autoreferenziale, oltre che fuori luogo dato il contesto e le criticità appena elencate), è comunque il caso di sottolineare un passo avanti, seppur minimo e non si sa quanto destinato a risultare fruttuoso: i negoziatori dei paesi poveri (o in via di sviluppo, che dir si voglia…ma, appunto, quale “sviluppo”?) sono finalmente riusciti a fare inserire nell’ordine del giorno il dibattito sul loss and damage, le perdite e i danni, ovvero i risarcimenti che i paesi ricchi, che maggiormente inquinano e hanno inquinato e prodotto finora la maggior parte delle emissioni di gas serra sono, o sarebbero obbligati a pagare. Almeno questo è quanto promisero nel 2009, alla Cop di Copenaghen, quando si impegnarono a donare 100miliardi di dollari l’anno per interventi di adattamento alla crisi climatica. Il debito maggiore, ad oggi, è degli Stati Uniti, che in rapporto alle emissioni dovrebbero pagare 40miliardi di dollari e finora ne hanno versati appena 7,6, come rivela il Guardian.

 

Guarda il video della Cop27

 

L’Africa

Le perdite e i danni includono le morti, le perdite economiche, le migrazioni forzate o la scomparsa di beni culturali. Tutte cose che ormai non possono essere evitate, nemmeno con politiche di mitigazione climatica. Secondo i dati Oxfam, dal 1991 ad oggi, ogni anno in media 189 milioni di abitanti dei paesi poveri è colpita da eventi climatici estremi. Tra i continenti più colpiti, ovviamente, l’Africa, responsabile solo del 3,5% delle emissioni globali che però subisce l’impatto più forte. Secondo diverse Ong, tra cui African Shifts  e Christian Aid centotredici milioni di africani, l’1,5 per cento della popolazione continentale, dovrà spostarsi e cambiare casa entro il 2050, fino a perdere il 14% del Pil pro capite entro metà secolo e fino al 34% nel 2100.

La regione più colpita è il Corno d’Africa, oltretutto martoriato da guerre fratricide e da conflitti ultra decennali, che vedrà fino a 49 milioni di persone costrette a migrare.

Più di 2 milioni dovranno allontanarsi dalle aree costiere per l’innalzamento del livello dei mari.

 

 

 

Migrazioni, fame, carestia e diritti umani

Sono solo cinque i paesi (Giappone, Italia, Paesi Bassi, Norvegia e Svezia) che hanno aumentato i loro contributi per danni e perdite tra il 2021 e il 2022. L’Italia ha creato un fondo per il clima da 840 milioni di euro all’anno, per il periodo 2022-2026. . Dopo il braccio di ferro raccontato dal Guardian, con i rappresentanti dei paesi poveri andato avanti fino alla notte del sabato precedente l’apertura della Cop, quanto e come conterà questa “apertura”, che avrebbe già dovuto esserci nelle scorse edizioni della Cop? Ci saranno progressi a questa ventisettesima conferenza delle parti, o resterà un appuntamento da bla bla bla, per citare la grande assente Greta Thurnberg, a cui ci siamo abituati? Gli attivisti dei Fridays For Future, che in Italia torneranno in piazza il 12 novembre, hanno battuto molto sull’importanza di passare il megafono della protesta a chi viene proprio dai paesi del “loss and damage”. Una scelta che mette in risalto il ruolo, tra gli altri, dell’ugandese Vanessa Nakate. 

La prima Cop “africana”, la più blindata della storia con il divieto di proteste e di esporre striscioni, si preannunciava come un paradosso all’ennesima potenza, con costi di viaggi e alloggi alle stelle e surreali difficoltà di accreditarsi per gli attivisti africani, che hanno rischiato di rimanere, proprio loro, tagliati fuori.

L’inserimento di perdite e danni segnerà concretamente una svolta?Non ci resta che attendere un’altra settimana, con la consapevolezza che sono tanti i fattori in ballo, dalle risorse ai flussi migratori, passando immancabilmente per i diritti umani, come dimostrano le recenti diatribe tra Francia e Italia sulla pelle dei migranti. E questo a Sharm El-Sheikh lo sanno bene.

 

Saperenetwork è...

Valentina Gentile
Nata a Napoli, è cresciuta tra Campania, Sicilia e Roma, dove vive. Giornalista, si occupa di ambiente per La Stampa e di cinema e società per Libero Pensiero. Ha collaborato con Radio Popolare Roma, La Nuova Ecologia, Radio Vaticana, Al Jazeera English, Sentieri Selvaggi. Ha insegnato italiano agli stranieri, lingua, cultura e storia del cinema italiano alle università americane UIUC e HWS. È stata assistente di Storia del Cinema all’Università La Sapienza di Roma. Cinefila e cinofila, ama la musica rock, i suoi amici, le sfogliatelle e il caffè.

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