I manifesti del progetto "Come dopo una nevicata" (Foto: Silvia Gottardi)

Lo sappiamo, quando nevica tutto si ferma. Tutto si copre di un manto bianco, il tempo rallenta e sembra quasi sospendersi. Qualche giorno e poi si ricomincia. Come niente fosse. «La scuola ha riaperto come dopo una nevicata» ha detto una ragazza raccontando a Sara Leghissa il ritorno a scuola dopo il lockdown. Sara Leghissa è un’artista indipendente, performer e urban artist milanese. Nel 2019 ha dato vita a Fake Uniforms (per agire invisibilmente sotto gli occhi di tuttə). Il progetto si muove su una pratica di autoinchiesta e si interroga sulla visibilità e invisibilità dei corpi nello spazio pubblico, raccogliendo principalmente la voce di minoranze o comunità marginali. Dagli incontri dell’artista con le microcomunità individuate nascono manifesti contenenti le frasi più significative emerse dalle conversazioni, che vengono stampati su carta e attacchinati nel territorio.

L’aspetto è esattamente quello dei manifesti pubblicitari, ma invece di proporre oggetti di consumo o candidati alle elezioni, portano le voci del territorio.

foto

L’artista Sara Leghissa

Un approccio antropologico

Proveniente da una formazione umanistica con particolare attinenza alla storia contemporanea, Sara Leghissa si muove nel contesto urbano con un atteggiamento antropologico ricercando l’essenza dei territori nelle voci di chi li vive«Ogni volta che avvio un progetto ho un’idea che si va modificando in base alle persone che incontro, a cosa mi raccontano, a chi mi presentano. Dalle prime domande che inizio a fare nascono aperture su diverse tematiche in modo abbastanza spontaneo. Generalmente seguo le tracce che emergono negli incontri che faccio. La mia attenzione principale è sulle periferie e sulle voci meno ascoltate, ma anche sui quartieri che hanno vissuto o stanno vivendo processi di gentrificazione. Qui si incontrano sia le voci di minoranze che vorrebbero restare, nonostante l’aumento degli affitti, che quelle di nuove presenze di artisti, intelletuali o persone che possono permettersi affitti più alti che stanno trasformando il quartiere».

(Foto: Silvia Gottardi)

La scelta di Leghissa è legata dunque a un lavoro sullo spazio pubblico che si rifà a un principio di ecologia delle risorse: mettere in atto una sorta di mimetizzazione con il contesto urbano all’interno del quale inserisce i contenuti emersi dal contesto stesso.

Minoranze invisibili e adolescenti ignorati

Il progetto Fake Uniforms si è andato declinando negli anni rispondendo di volta in volta ai diversi aspetti su cui si muove l’indagine della Leghissa: dal quartiere Gallaratese di Milano, alle donne di Ramallah, da una casa di riposo per omosessuali, al movimento LGBTQIA+++ della Fundación 26 de Diciembre di Madrid… Uno degli ultimi e più emblematici lavori, sicuramente rappresentativo del nostro contemporaneo, è quello svolto con i ragazzi e le ragazze di diversi istituti scolasti sul territorio italiano per affrontare le tematiche del post pandemia.

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Sara Leghissa (@sara.leghissa)

«Mi sono avvicinata al movimento messo in atto dagli studenti dopo la pandemia per chiedere il ritorno a scuola e denunciare quanto la loro voce fosse silenziata rispetto a una narrazione monodirezionale data dai media», racconta l’artista. Si è trattato all’inizio di incontri con diversi collettivi di licei milanesi e degli studenti del movimento Priorità alla Scuola. Con loro sono nati i primi momenti di autoinchiesta che hanno dato vita al progetto “La scuola ha riaperto come dopo una nevicata”. Gli incontri, volti a raccogliere la voce di quella generazione che oggi sta incrementando in modo preoccupante le percentuali di affluenza nei reparti di psichiatria dell’età evolutiva, si sono incentrati sui temi della DAD e di come questa forma di diritto allo studio senza socialità, avesse influito a livello sia individuale che collettivo sulla vita di un’intera generazione.

Un’esplosione di temi

«Fake Uniforms fino a quel momento era principalmente legato a comunità e minoranze invisibilizzate. Poi è diventato un lavoro rivolto a studenti e studentesse dopo la pandemia». Pur non trattandosi di una minoranza, gli adolescenti hanno vissuto i mesi di lockdown e di didattica a distanza senza che le loro istanze venissero ascoltate. «Non sapevamo come sarebbe andata quando abbiamo avviato gli incontri. Semplicemente siamo partiti dalla domanda ‘come state?’ e da lì abbiamo capito che questa domanda non era stata fatta spesso. Così sono iniziati una serie di dialoghi e racconti che parlavano proprio di un’urgenza dell’essere ascoltati, perché effettivamente i ragazzi e le ragazze erano rientrati a scuola ‘come dopo una nevicata’». La frase, detta da una ragazza, è diventata nome del progetto e titolo di un libro scritto da Maddalena Fragnito in cui è riportato il lavoro fatto dalla Leghissa. Partendo dalle frasi che sono emerse dagli incontri di autoinchiesta il libro affronta, rispetto all’età evolutiva, le tematiche della salute mentale, del rapporto con le nuove tecnologie, del rapporto tra spazio pubblico e spazio privato. E poi i temi della socialità, dell’autodeterminazione, dell’abbandono scolastico, dell’alternanza scuola lavoro.

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Sara Leghissa (@sara.leghissa)

 

Dopo la prima esperienza milanese sono arrivate richieste da parte di scuole e istituzioni artistiche quali la fondazione Sandretto di Torino, il Museo Benci di Prato, o licei quali il Virgilio e l’Argan di Roma, o il progetto Logos Infinito a Recanati. Oggi sono due anni che Leghissa porta avanti questo lavoro con i giovani, ove emergono temi importanti di cui le istituzioni potrebbero e dovrebbero farsi carico.

 

Saperenetwork è...

Dafne Crocella
Dafne Crocella
Dafne Crocella è antropologa e curatrice di mostre d’arte contemporanea. Dal 2010 è rappresentante italiana del Movimento Internazionale di Slow Art con cui ha guidato percorsi di mindfulness in musei e gallerie, carceri e scuole collaborando in diversi progetti. Insegnante di yoga kundalini ha incentrato il suo lavoro sulle relazioni tra creatività e fisicità, arte e yoga.
Da sempre attiva su tematiche ambientali e diritti umani, convinta che il rispetto del proprio essere e del Pianeta passi anche dalla conoscenza, ha sviluppato il progetto di Critica d’Arte Popolare, come stimolo e strumento per una riflessione attiva e consapevole tra essere umano, contemporaneità e territorio. È ideatrice e curatrice di ArtPlatform.it, piattaforma d’incontro tra creativi randagi.

Sapereambiente

Vuoi ricevere altri aggiornamenti su questi temi?
Iscriviti alla newsletter!


Dopo aver inviato il modulo, controlla la tua casella di posta per confermare l'iscrizione

 Privacy policy


Parliamone ;-)